Nell'era dell'autofocus dotarsi di uno schermo di messa a fuoco vecchio stile, con tanto di stigmometro ad immagine spezzata e corona di microprismi, può sembrare quanto meno folcloristico, ma proprio per la possibilità dei corpi Nikon di utilizzare le classiche ottiche Nikkor manual focus, può trasformarsi in un prezioso ed insostituibile aiuto per il fotografo esigente


Introduzione L'era moderna
Arriva il Katzeye Cosa cambia
Come funziona Il montaggio
Campi d'utilizzo Davvero indispensabile?

 

Introduzione

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Nikon ha sempre aiutato i fotografi con sistemi di messa a fuoco precisi ed affidabili, essenziali per poter raggiungere i risultati voluti con facilità e precisione. Già dalla prima reflex prodotta nel lontano 1959, Nikon ha reso disponibili una serie di vetrini di messa a fuoco studiati appositamente per offrire le migliori prestazioni in questo senso. Ai tempi, ovviamente, non esistevano ancor sistemi automatici di messa a fuoco e tutto veniva fatto scrupolosamente a mano, seguendo le indicazioni che l'occhio del fotografo poteva percepire traguardando attraverso l'oculare della fotocamera. Era quindi essenziale poter contare su un vetro di messa a fuoco quanto più specifico possibile per la situazione di ripresa in cui ci si trovava.

La Nikon F, al momento del lancio sul mercato, disponeva già di 15 diversi schermi di messa a fuoco, ognuno studiato per offrire le migliori prestazioni in determinate circostanze. C'erano i modelli A, J e B indicati un po' per tutte le circostanze di ripresa, una sorta di schermo universale, poi c'erano quelli studiati per l'utilizzo con i teleobiettivi come i modelli D e C ed infine quelli ottimizzati per gli obiettivi luminosi e per le scene meno illuminate come la gamma dei modelli H (H1, H2, H3 e H4). Ogni schermo di messa a fuoco aveva specifiche tecniche che lo rendeva più o meno idoneo per certi impieghi.

In pratica erano comunque sempre tre gli aspetti principali che potevano variare da modello a modello: il tipo di smerigliatura, la presenza di uno stigmometro ad immagine spezzata e una serie di microprismi. La combinazione mirata di questi tre elementi permetteva di specializzare uno schermo di messa a fuoco per uno specifico campo d'impiego.

Le reflex successive ampliarono ancor di più il numero di schermi di messa a fuoco che rimasero disponibili anche per le reflex non strettamente professionali, come ad esempio, la serie FM e FE anche se in numero minore (da 2 a 3 modelli). A fine anni ‘80 arrivò l'autofocus, e le cose iniziarono a cambiare.

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Nikon ha sempre fornito un valido aiuto ai fotografi per quanto concerne la messa a fuoco.
Già dalla prima reflex, la celebre Nikon F del 1959, l'azienda giapponese oltre a consentire l'intercambiabilità dei mirini,
consentiva anche la sostituzione dello schermo di messa a fuoco tra 15 modelli diversi


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La tabella presente nelle istruzioni originali della Nikon F permetteva di scegliere lo schermo di messa
a fuoco più adatto per ogni obiettivo.

 

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