Le potenzialità di uso di una fotocamera DSLR possono essere estese a numerosi campi applicativi di interesse come quelli scientifico, artistico medico, fisico, della sicurezza od astronomico. La modifica della fotocamera è solo il primo passo. Un uso rigoroso di queste tecniche richiede la conoscenza del comportamento spettrale della fotocamera. A questo si può arrivare attraverso la misura delle sensibilità spettrali della fotocamera come mostrato in questo eXperience.

 

» Introduzione » Il sensore di una reflex
» Filtro blocca IR, o IRcut » Matrice di Bayer
» Trasmittanza spettrale dei filtri della matrice di Bayer » Ripresa nell'infrarosso
» Confronto delle riprese nel visibile e nell'infrarosso » Conclusioni

 

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Introduzione
Dopo il precedente eXperience “Dagli Spettri di Luce al Tristimolo”, entriamo in un territorio più di nicchia, in genere poco esplorato dalla fotografia tradizionale: la fotografia agli infrarossi. Su questo tema si è già scritto molto, e sono stati prodotti molti esempi di scene fotografate sfruttando questa banda di radiazioni alla quale i nostri occhi non sono sensibili. Ne è un esempio anche l’eXperience Riflettografia nell'Infrarosso con Reflex Nikon.
Il taglio di questo eXperience sebbene accomunabile alle possibilità tecniche dell’intero parco Reflex Digitali, è orientato a dare una descrizione di dettaglio del comportamento di fotocamere reflex digitali della classe delle Nikon D700 in risposta a stimolo su queste lunghezze d'onda. Per fare questo affrontiamo il nostro viaggio con due esemplari di Nikon D700, uno standard ed uno modificato per essere maggiormente sensibile agli infrarossi.

Questa classe di fotocamere mostra caratteristiche di notevole interesse in numerosi campi applicativi che fanno uso degli infrarossi. Un ottimo esempio è quello del restauro di dipinti, come descritto nell'eXperience Infrarosso IR ed Ultravioletti UV con Nikon D700 nel restauro di antichi dipinti Tibetani.


Il sensore di una reflex
La prima cosa evidente è che le lunghezze d'onda nella banda del visibile stimolano i nostri sensori (coni e bastoncelli) mentre le lunghezze d'onda dell'infrarosso non producono alcun effetto sul nostro organo della vista.
È una cosa analoga a quanto avviene con l'udito: siamo sensibili ad una banda di frequenze acustiche che va da circa 16Hz a 16-20KHz, ma nulla percepiamo al di fuori di questo intervallo.
L'acustica e la musica, così come la colorimetria e le arti visive, si basano quindi sui confini intrinseci dettati dalle nostre capacità sensoriali.
Ma c'è un intero mondo di “suoni” e di “immagini”, normalmente inaccessibile, cui si può arrivare utilizzando opportuni sensori e sistemi che riportano nel nostro campo sensoriale quanto altrimenti a noi invisibile.

Il cuore di una fotocamera reflex digitale è il sensore, cioè quel dispositivo composto da milioni di elementi sensibili (in cui viene scomposta l'immagine) ciascuno dei quali converte la quantità di luce ad esso corrispondente, prima in un segnale elettrico e poi in un valore numerico direttamente proporzionale alla intensità di luce stessa.

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Singolo modulo sensore CMOS in
formato FX (24x36) di una Nikon D3s
con contatti socket inferiori.
Sensore d’immagine CMOS nella configurazione utilizzata sulle reflex. Sopra il sensore sono posizionati i
diversi “strati” di filtri e le tecnologie ottico/elettroniche di pulizia sensore.
Otturatore elettro/meccanico montato sulle reflex digitali DSLR davanti al sensore per operare in combinata con l’otturazione elettronica.

I sensori sono basati su tecnologia a semiconduttori di silicio e presentano una sensibilità naturale che include la banda di lunghezze d'onda del visibile, ma si estende anche verso gli ultravioletti e verso gli infrarossi. Questo aspetto è molto spesso fonte di implicazione nella fotografia classica “complicando” in estremizzate situazioni, il delicato argomento di costruzione e gestione colore talvolta non coerente con quanto visto dalla percezione visiva.

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Sopra, le curve di sensibilità allo spettro misurate e prodotte in esclusiva web dal team www.profilocolore.it
relative alla Nikon D700 di serie e ad un esemplare modificato rimuovendo i filtri di taglio IR/UV come
di seguito meglio descritto.

Nel grafico che segue (Fig 1) è tracciata l'efficienza quantica spettrale di un tipico sensore al silicio. L'efficienza quantica spettrale indica il tasso di fotoni (luce) che ad una certa lunghezza d'onda viene convertito dal silicio in elettroni (carica elettrica). Dall'efficienza quantica deriva in modo diretto la sensibilità spettrale.

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Fig 1:
Efficienza quantica

Come si vede dal grafico, l'efficienza spettrale rimane costante fino alla parte iniziale della banda degli infrarossi (700-800nm) e poi scende gradualmente sino ad estinguersi verso i 1.100nm. L'effettiva sensibilità spettrale di una fotocamera comunque non dipende solo dall'efficienza quantica. Esistono altri elementi costruttivi e funzionali che ne influenzano l'andamento, come ora mostreremo. Va precisato che tra efficienza quantica e sensibilità vi è una differenza concettuale: l'efficienza quantica rappresenta il tasso di elettroni prodotto per fotone, mentre la sensibilità è proporzionale al rapporto tra energia incidente ed elettroni generati. L'energia associata ad un fotone non è costante ma varia a seconda della frequenza dell'onda elettromagnetica secondo la formula E=h*f, dove h è la costante di Plank ed f è la frequenza.


 

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