Che notte quella notte!
Aperte contemporaneamente sul monitor le finestre del software di puntamento Clauss/HALTADEFINIZIONE®
e di Nikon Camera Control Pro 2.
È una notte del lontano novembre 2008 quando entriamo nella Cappella degli Scrovegni. La possibilità di potersi immergere quasi senza fine nella contemplazione del meraviglioso lavoro di Giotto è impagabile. La Cappella è deserta, naturalmente, eccezion fatta per i tecnici di HALTADEFINIZIONE®.
Ci rendiamo conto che lo shooting di backstage ci ha dato due occasioni irripetibili: quella dello shooting, naturalmente, ma anche e soprattutto quella di poter rimanere per ore e ore circondati dagli affreschi di Giotto. Dopo un po' l'incredibile cielo stellato affrescato lungo la volta da Giotto si trasforma nel nostro personale cielo di quella notte, una sorta di planetario dove certamente sia il colore del cielo che la disposizione delle stelle sono la pura interpretazione artistica di Giotto, ma a un certo punto pare quasi che la navata della Cappella si apra a far entrare la notte, e che quello diventi il vero Cielo.
Uno scatto estremamente complesso che va ad inquadrare il punto di contatto tra una parete
verticale e il soffitto. Particolari algoritmi matematici ideati da HALTADEFINIZIONE® si occuperanno poi di
appianare ogni differenza nel lavoro finale.
L'attenzione dei tecnici di HALTADEFINIZIONE® è massima: non è la prima notte che stanno passando nella Cappella, non sarà l'ultima; sono giorni che vanno avanti in questo all'apparenza folle lavoro di “clonazione” cercando di riposare di giorno, un riposo leggero, perché fino a che non sarà stato eseguito l'ultimo scatto, e tutti gli scatti non saranno stati controllati uno a uno sia nella messa a fuoco, sia nell'esposizione e nella sovrapposizione, il lavoro non potrà dirsi finito.
Giotto aveva a disposizione, ragionevolmente, un tempo molto lungo per portare a termine il ciclo di affreschi, qui a Padova gli sono occorsi comunque ben due anni. HALTADEFINIZIONE® non ha invece a disposizione un tempo infinito, ma un preciso numero di notti, durante le quali DEVE necessariamente portare a termine il lavoro e in modo inappuntabile.
Un lavoro simile a quello di un immenso puzzle: finché l'ultimo pezzo non è al suo posto, il lavoro non può considerarsi finito, anzi, è come se non fosse neppure stato iniziato.
Sopra al trabattello HALTADEFINIZIONE® ha istallato il suo “terzo” occhio: una fotocamera Nikon D3x su cui verranno innestate diverse ottiche, il tutto in batteria con una coppia di flash monotorcia di Elinchrom opportunamente filtrati per rendere ogni lampo, anzi ogni doppio lampo di flash a totale impatto zero sui colori dell'affresco. Anche per la scelta delle motorce HALTADEFINIZIONE® ha compiuto un'intensa ricerca, affidandosi poi alla consulenza della italianissima Aproma, proprio sulla scelta, la personalizzazione e la messa a punto delle monotorce; l'intera batteria è sostenuta da un sistema di puntamento: “Clauss Giant Rodeon”, appositamente realizzato per HALTADEFINIZIONE®. Questa sorta di immensa testa fotografica è controllata passo passo da un computer e da un apposito software che dovrà generare il controllo dei movimenti di brandeggiamento mentre la fotocamera scatterà, nel corso di queste lunghe notti, 14.000 immagini definitive, perché tante ne servono per la riproduzione fotografica dell'intero ciclo di affreschi, a cui si aggiungeranno “parecchi” scatti – centinaia e centinaia… - che per qualche motivo verranno scartati e rifatti.
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Il controllo di ogni singola inquadratura è stato effettuato con un sistema a microcamera inserito sull'oculare stesso della fotocamera; la funzione Live View della Nikon D3x è stata invece utilizzata solo in casi estremi, quando non era possibile “agganciare” perfettamente il punto di fuoco, questo per evitare di surriscaldare inutilmente il sensore col rischio potenziale di variare, anche in misura infinitesimale, la risposta cromatica e noise tra uno scatto e l'altro. Sia con il 500mm che con il 600mm si è sempre utilizzato il diaframma f/22, che dava il giusto compromesso tra un'estesa profondità di campo e uno spazio di lavoro ancora lontano da possibili fenomeni di diffrazione causati da diaframmi ancora più chiusi; proprio per il fatto che molte delle inquadrature abbracciavano parti tridimensionali dell'affresco e che il sensore in quasi nessuna situazione era comunque parallelo alla parete fotografata, sia la scelta del punto di messa a fuoco che della copertura della nitidezza su tutti i punti ottenuti dalla profondità di campo, sono stati fondamentali e variati quasi in ogni scatto effettuato. |
Prima di ogni sequenza di shooting il direttore tecnico, Mauro Gavinelli, imbragato come un alpinista sulla Nord dell'Eiger, deve arrampicarsi in cima al trabattello per gli ultimi controlli alla fotocamera, alle monotorce e al sistema di puntamento, controlli che vanno fatti on stage e non possono essere remotati, come poi invece sarà per tutta le sequenze di shooting
Il sistema di puntamento ricorda le teste equatoriali usate in fotografia astronomica; quando puntano verso questo unico e irripetibile cielo turchino trapunto di stelle immaginato da Giotto sembra quasi di assistere a uno shooting di fotografia astronomica del profondo cielo, solo che qui il cielo è dipinto, e le stelle anziché illuminare, sono illuminate dai flash.
Un momento del controllo di sovrapposizione di una coppia di immagini.
Ogni immagine arriva a un'altra coppia di computer attraverso Nikon Camera Control Pro 2 e Nikon WT-4 utilizzato in connessione Ethernet, in quanto la banda è maggiore e ovviamente più affidabile, dove due tecnici di HALTADEFINIZIONE® controllano ciascuna immagine per verificare la bontà del fuoco e simulano una prima sovrapposizione per avere la certezza matematica non solo di aver fotografato ogni singolo centimetro dell'intero ciclo di affreschi, ma anche che ogni parte vada a sormontarsi prima e fondersi poi con quelle adiacenti. Controllare il fuoco osservando dettagli di un affresco vecchio di 700 anni non è certo come controllare la risoluzione di un obiettivo attraverso una mira ottica; e ugualmente il sistema AF della fotocamera deve cercare di aggrapparsi ad ogni dettaglio, ad ogni piccola crepa, non diversamente da un alpinista impegnato in qualche direttissima di una parete Nord - per permettere al sistema a contrasto di fase di focheggiare perfettamente.
Per ragioni di “delicatezza” nei confronti dell'affresco la messa a fuoco in AF della D3x non è stata supportata da nessuna luce pilota; nei punti dove l'affresco non presentava trame di rilievo a cui si potesse agganciare l'AF della D3x, è stato utilizzato il Live View unitamente alla scelta del punto di fuoco che cadesse nella sezione inquadrata dell'affresco che avesse anche il seppur più piccolo dettaglio che aiutasse la macchina a focheggiare.
Ben tre persone dello staff, ciascuna su un monitor differente, verifica la bontà della messa a fuoco non solo al centro, ma anche ai bordi di ogni immagine e simula poi una prima sovrapposizione delle immagini adiacenti per verificare la bontà della copertura di ogni singola “scansione”.
Quando un'immagine non risulta correttamente a fuoco o non si sovrappone adeguatamente alla precedente, lo shooting si blocca, viene cancellata l'ultima sequenza di scansione, il sistema di puntamento viene riportato a zero, e si ricomincia daccapo.
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Una sequenza di immagini che mostra la progressione della
scansione dell'affresco. Si nota facilmente il fatto che la scansione
non viene effettuata come si potrebbe ipotizzare dall'alto verso il basso, o destra verso sinistra, effettuando comunque dei panning
che seguano in qualche modo la geometria della costruzione interna della Cappella, ma attraverso altri percorsi, tra l'altro neppure in
bolla con la base stessa dell'affresco.
Questo per ore e ore consecutive, senza sosta, osservando immagini che nella maggior parte dei casi rappresentano parti dell'affresco animate da figure o dettagli architettonici, ma in altri casi rappresentano parti dell'affresco monocrome, senza alcun dettaglio a cui l'occhio inesperto possa aggrapparsi per giudicare la qualità dell'immagine.
Dopo ogni ciclo di immagini il trabattello viene spostato per effettuare la sequenza successiva; per le diverse zone dell'affresco il punto di posizionamento del trabattello deve essere calcolato a vista in base ai possibili elementi architettonici di disturbo che potrebbero inficiare la visibilità dell'intero affresco. Un astronauta che camminasse a occhi chiusi sulla superficie lunare avrebbe meno probabilità di inciampare in un qualche cratere!
Sì, perché dato per scontato che la fotocamera sia perfettamente funzionante e con lei l'obiettivo, e la coppia di monotorce, e la testa di puntamento, e il sistema di puntamento e di comando e trasferimento delle immagini, e il controllo manuale di tutti i parametri, durante quella notte più di una volta il lavoro si blocca davanti a qualche difficoltà che sarebbe stato impossibile prevedere a tavolino, ma che solo durante l'intera sequenza di scatti, fino all'ultimo scatto, quindi fino all'ultimo centimetro dell'affresco, sarebbe saltata fuori, per un problema nelle linee di fuga, nel punto nodale, in un elemento architettonico che impedisce la completa visuale di un particolare, elementi che non possono essere rimossi, né direttamente né in postproduzione, ma che semplicemente, come per magia, non devono apparire in nessuno scatto.
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A malincuore, finito lo shooting di backstage, abbandoniamo la Cappella cercando un po' di sonno ristoratore in albergo, sapendo che lasciamo l'intero team al freddo e ai loro apparentemente insolubili e continuamente rinnovati problemi.
E ci rendiamo conto, dopo averne viste tante di situazioni fotografiche nella nostra vita, che l'idea di fotografare ad altissima risoluzione un soggetto complesso come un affresco dipinto su un'immensa superficie tridimensionale e al contempo diversa in ogni punto è semplicemente un'idea all'apparenza folle, e che la sua riuscita sa di miracolo, miracolo tecnico, o miracolo vero e proprio, fate voi…
Durante il backstage eseguito una notte dello scorso novembre 2008, non riuscimmo
neppure a dare un’occhiata esterna alla Cappella, complice il buio e il fatto che la vera
“attrazione” era ovviamente all’interno! Ecco invece una veduta esterna della la Cappella degli Scrovegni
di Padova con a destra l’ingresso a doppie porte stagne per minimizzare l’entrata nella cappella sia dei
possibili inquinanti gassosi che del materiale particellato.
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