Large High Resolution “LHR”: finalmente uno standard
La tecnologia LHR, Large High Resolution, elaborata da Haltadefinizione®, permette di acquisire immagini con una risoluzione minima di 300ppi sulla misura reale dell'opera senza fare ricorso ad algoritmi di interpolazione software. Questa straordinaria tecnologia trova la sua naturale applicazione nella ripresa di affreschi e dipinti di grandi dimensioni ed è stata applicata, oltre che a Padova, anche durante le riprese dell'Ultima Cena di Leonardo Da Vinci, degli affreschi giotteschi della Basilica Superiore di Assisi, dei capolavori del Beato Angelico al Museo di San Marco a Firenze.
HALTADEFINIZIONE® ha poi stabilito un altro standard denominato Real High Definition (RHD). È una tecnologia che consente di produrre immagini di qualità straordinaria dove è possibile osservare dettagli dell'ordine di un centesimo di millimetro senza perdita di nitidezza e con assoluta fedeltà cromatica. Le immagini RHD sono acquisite digitalmente ad una risoluzione ottica minima di 1.500ppi (pixel per pollice) sulla misura reale dell'opera, senza fare ricorso ad algoritmi di interpolazione software. Questa recente tecnologia, indicata per dipinti di medie e piccole dimensioni, permette ingrandimenti di gran lunga superiori a quanto l'occhio umano può percepire anche con un'osservazione ravvicinata dell'opera.
Grazie alla straordinaria risoluzione, che può arrivare anche a 4.000ppi, HALTADEFINIZIONE® è in grado di realizzare con la stessa qualità, riproduzioni anche cinque volte più grandi dell'opera originale. La tecnologia RHD è stata già utilizzata, con risultati eccezionali, per la produzione delle immagini di alcuni grandi capolavori della Galleria degli Uffizi di Firenze e della Pinacoteca Ambrosiana di Milano. In alcune situazioni si sono sfiorati i 2.500ppi.
La Cappella degli Scrovegni di Padova: niente di più difficile
Il ciclo di affreschi all'interno della Cappella degli Scrovegni di Padova viene portato a termine da Giotto durante i primi mesi del 1306. La Cappella intitolata a Santa Maria della Carità, affrescata tra il 1303 e il 1305 da Giotto su incarico di Enrico degli Scrovegni costituisce uno dei massimi capolavori dell'arte occidentale. La narrazione ricopre interamente le pareti con le storie della Vergine e di Cristo, mentre nella controfacciata è dipinto il grandioso Giudizio Universale, con il quale si conclude la vicenda della salvazione umana. L'edificio era originariamente collegato al palazzo di famiglia, fatto erigere dopo il 1300, nella zona dell'Arena Romana.
Questa la storia, ma vediamo adesso il ciclo di affreschi dal punto di vista della squadra di HALTADEFINIZIONE®.
Prima di tutto, non va dimenticata una certa estremizzazione di alcune situazioni, per esempio proprio nel caso degli Scrovegni: è un ciclo di affreschi che non ha una forma definita bidimensionale come un quadro ma ricopre l'interno di una struttura con volta a botte.
Giotto è senza dubbio partito da cartoni preparatori bidimensionali e possiamo immaginare che li abbia fisicamente appoggiati al muro, anche nei punti curvati della volta, per poi eseguire la trasposizione del disegno sulla volta curva e passare alla fase di affresco vero e proprio. Immaginate la difficoltà di fare il percorso a ritroso: fotografare la volta e in un certo senso, proiettare le immagini fino ad avere nuovamente i cartoni preparatori originali! Tutto questo usando modelli matematici appositamente realizzati.
Non va dimenticato inoltre che non sempre è possibile riprendere da punti ottimali: tra la parte dell'affresco da fotografare e il punto ottimale possono frapporsi colonne, o elementi aggiuntivi come catene che obbligano a cercare un diverso e spesso meno ottimale punto di ripresa, perché è evidente che l'intero affresco deve essere riprodotto punto per punto.
Illuminazione: l'illuminazione frontale utilizzata in questa ripresa ha la caratteristica di ridurre la percezione dei segni del tempo, le crepe e la maggiore rugosità della superficie odierna rispetto alla iniziale stesura del colore, offrendo una visione di maggiore gradevolezza rispetto ad una illuminazione radente che invece mette in chiara evidenza la rugosità superficiale a svantaggio dell'immagine pittorica.
Questa tecnica di illuminazione implica comunque l'affrontare la difficoltà dell'inevitabile e significativo decadimento dell'illuminazione col variare della distanza; HALTADEFINIZIONE® ha poi accuratamente operato l'esatta correzione di esposizione di ogni pixel ricalcolata in base ai modelli matematici tridimensionali delle superfici fotografate.
Nella semioscurità della chiesa, riscaldata da una debole luce artificiale, il lampo dello scatto,
mascherato e filtrato, per pochi millesimi di secondo illumina con perfetta temperatura di colore l'affresco,
rivelando i colori nella sua veridicità.
I flash monotorcia impiegati erano solidali alla fotocamera, come dei giganteschi lampeggiatori Nikon SB, e si muovevano insieme ad essa. Uno dei motivi per cui è stato necessario ricorrere a delle potenti e pesanti monotorce rispetto ai più agili Nikon SB è ovviamente per la necessità di poter disporre di un NG, meglio ancora, di un numero di Joule che riuscissero a raggiungere con la stessa coerenza anche gli angoli dell'affresco più distanti dalla fotocamera.
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