Da masse di pellegrini a masse di visitatori, interni (indiani) ed esterni (stranieri). Un viaggio in India può essere fatto anche di mete iperturistiche, come Khajuraho e Agra, colme di torpedoni e venditori di souvenir per i templi adornati da sculture erotiche e il mausoleo all'amore eterno di un imperatore per la sua amata. Visitatori in cammino, disponibili alla stupefazione, come nelle parole di Gianni Guadalupi in Le vie delle Indie: «Lungo la via solevano incontrare elefanti turriti e imbandierati di taffetà giallo o di broccato, pagode stracariche di divinità lascive, alberi festonati di migliaia di pipistrelli, tetti inghirlandati da enormi serpenti usati come cacciatori di sorci, teorie di ladri impalati, carrozze inglesi dorate usate dai potentati locali e seguite da eunuchi recanti scacciamosche e borse colme di rubini, cammelli barcollanti sotto il peso di centinaia di teste di ribelli inviate al monarca a riprova dell'efficienza dei governatori; tribù di scimmie aggressive e bande di fachiri con una corda attorno alla vita per tutt'abito; ospedali per vacche ammalate e ricoveri per cimici, pulci e altre bestiole, satollate da un misero assoldato per passar la notte in loro compagnia lasciandosi salassare; prestigiatori capaci di tramutare un bastone in un albero di mango bagnandolo col loro sangue; insomma, l'India».
© Antonio Politano - Una turista cinese in posa per una foto ricordo all'interno del Taj Mahal, inserito nel 2007 fra le
sette meraviglie del mondo moderno dopo una selezione, mediante voti gratuiti e a pagamento, via telefono e internet.
Sesso, amore e fantasia
di Giulia Zanetti
Ad Agra la sveglia suona alle 5 del mattino, il momento migliore per vedere il Taj Mahal senza troppi turisti è la prima luce dell’alba. È ancora buio quando arriviamo al di là del fiume, in un punto di osservazione meno noto. Insieme a noi, solo un piccolo gruppo di turisti indiani che tra una foto e l’altra compie alcune sessioni di meditazione mattutina che consistono nell’emettere sonore e forzate risate! E così, in questa atmosfera destabilizzante, tra risa nel silenzio dell’alba, ci appostiamo per guardare e scattare le prime foto. Tra noi e l’edificio, che pare una quinta cinematografica, c’è una brulla distesa coperta da una nebbiolina, che con la luce rossa dell’alba rende il tutto molto surreale e romantico. Infatti, è proprio di amore che si parla, il Taj Mahal è stato costruito da Shah Jahal in memoria della sua seconda moglie Mumtaz Mahal che morì nel 1631 dando alla luce il quattordicesimo figlio.
© Giulia Zanetti - Alba al Taj Mahal. Una turista indiana cerca di guadagnare una buona postazione per godersi lo spettacolo.
L’edificio principale fu completato in appena otto anni e poco dopo la fine della costruzione l’imperatore fu detronizzato dal figlio e imprigionato per il resto dei suoi giorni in una stanza, dalla cui finestra poteva però ammirare la sua creazione pensando all’amore perduto. Nel 1953 questo incredibile edificio è stato dichiarato patrimonio dell’umanità e continua nei secoli a emozionare persone da ogni angolo della terra.
© Giulia Zanetti - Donne in luminosi sari contrastano con la penombra all'interno dei templi.
In fila indiana si apprestano a compiere una preghiera davanti alla rappresentazione della divinità.
Lungo il nostro percorso tra le bellezze e le contraddizioni dell’India, ci fermiamo nella sensuale Khajuraho. Famosa per i templi che ritraggono diversi personaggi mentre interpretano posizioni del Kamasutra, fanno sesso di gruppo o con animali, un luogo interessante e divertente. A parte l’argomento, l’architettura generale e il dettaglio con cui sono state scolpite centinaia di statue che ricoprono i templi millenari rendono Khajuraho davvero particolare tra la varietà dei templi indiani. Una guida illustra nel dettaglio alcune figure che ricoprono il Parsvanath Temple, il più grande dei templi giainisti del complesso recintato. Dalle espressioni incise nella pietra si può riconoscere sul viso dei vari personaggi una particolare sensazione, emozione o stato d’animo. C’è chi è felice perché ha appena fatto sesso, chi è triste perché è stato rifiutato, chi si toglie una spina dal piede, chi si trucca gli occhi, chi ha la veste bagnata ed è ricoperta da centinaia di gocce di pioggia. Il linguaggio del corpo rappresentato sulla pietra con maestria unica narra a distanza di millenni pratiche e atteggiamenti dei tempi andati con un’esattezza spiazzante. Un racconto dettagliato che aiuta a immedesimarsi nella vita di oltre mille anni fa come forse nessun’altra testimonianza, nemmeno scritta, riesce a fare.
Amore profano e amore sacro
di Guendalina Sabbatini
Il viaggio negli stati del nord, in cui scorrono il fiume Gange e il suo affluente Yamuna, non può essere completo se non si fa tappa a Khajuraho e Agra. Khajuraho è un villaggio di ventimila abitanti con poche macchine, poco rumore, molta natura. Dopo giorni spesi zigzagando tra la folla al ritmo di una miriade di clacson stupisce ritrovarsi in un luogo dall'aria quasi pulita. A parte le insistenze dei venditori ambulanti, che circondano appena arrivati, passeggiare all'ombra di banani e palme è un'ottima pausa in cui godersi la quiete. Se si dimenticano le esposizioni forzate di souvenir, le insegne scritte anche nella nostra lingua, gli autobus parcheggiati dietro di noi, si possono assaporare scene di vita quotidiana. Un gruppo di persone si immerge nelle acque di una grande vasca, alcuni uomini lavorano la strada dissestata, un uomo con il suo fagotto si riposa sul ciglio della stessa pregando, salta all'occhio una bicicletta solitaria. A Khajuraho si viene per visitare i templi fatti costruire dalla dinastia Chandela. Sparsi a pochi metri l'uno dall'altro si stagliano in un «immenso prato-giardino di gusto inglese, verde, d'una tenerezza struggente, con delle buganvillee sparse a grossi cespugli rotondi». Il panorama è ordinato, regolare, si perde a vista d'occhio.
© Guendalina Sabbatini - Una devota scende dalle gradinate di uno dei templi di Khajuraho dopo aver acceso incensi e offerto fiori.
Oltre agli animali della giungla, oltre ai soldati che combatterono per la dinastia, oltre alle più varie scene di vita quotidiana, oltre alle raffigurazioni di dei, a cominciare da Ganesh, il protagonista indiscusso dei decori dei templi in arenaria rossa è l'amore. Viene rappresentato un amore profano attraverso scene di amplessi, raffigurazioni di donne dalle curve sinuose e dai volti sereni per essere sessualmente appagate. Quello che potrebbe sembrare solo un “Kamasutra su pietra”, una mera guida di posizioni sessuali, in realtà è la sintesi di un concetto più elevato di amore. Amore inteso come esplosione attraverso i piaceri del corpo di un'energia che eleva al divino, come forza in grado di condurre verso l'illuminazione, come fusione degli opposti, donna e uomo, per raggiungere un Unico, l'Assoluto. Amore profano e amore sacro sono fusi a Khajuraho in una cornice di armonia, rilassatezza e perfezione. Tra un tempio e l'altro compaiono coppie di giovani innamorati che passeggiano con il naso all'insù, devote che accendono incensi e offrono fiori, una donna e una bambina che riposano all'ombra di un albero, un ragazzo che contempla seduto il paesaggio. Per gli induisti questo luogo non è un sito archeologico, ma di preghiera, ritrovo, comunione personale con il divino. Ci si dimentica così delle macchine fotografiche, delle guide con gruppi al seguito, dei venditori ambulanti. Tutto assume un sapore umano e sacro insieme.
© Guendalina Sabbatini - Il Taj Mahal svetta sulle rive dello Yamuna con i quattro minareti ai lati che lo incorniciano,
slanciandolo verso l'alto. Alle prime ore del mattino esprime tutta la sua imponenza, eleganza, imperturbabilità.
Non si può lasciare l'India, sembra, senza toccare Agra per vedere il Taj Mahal, per alcuni una delle sette meraviglie al mondo, il mausoleo voluto dall'imperatore Shan Jahan in onore della sua sposa Mumtaz Mahal. Svetta sulle rive dello Yamuna, con i quattro minareti ai lati che lo incorniciano, slanciandolo verso l'alto nel tentativo di rendere immortale, eterno, divino, un amore tanto grande. Di giorno esprime al massimo tutta la sua imponenza, l'eleganza, la simmetria tra le parti, la geometria delle linee. Si riesce a fatica a fotografarlo tante sono le persone che vi si recano ogni giorno. Alle prime luci dell'alba, lo si intravede ancora addormentato sotto una coperta di nebbia che sale dalle acque dello Yamuna. Ci si trova avvolti da un'atmosfera fiabesca, interrotta da un gruppo di indiani che meditano ridendo a crepapelle. Sono risate che risvegliano dal torpore di una visione e che richiamano alla vita che batte appena al di fuori del circuito turistico. Basta una strada, un anziano che poggia la sua bicicletta accanto a un cartellone pubblicitario, studenti che escono ridendo da scuola, donne che chiacchierano sedute sul marcapiede, per ricordare che tutto continua a fluire sotto l'occhio vigile del Taj Mahal.
Cartoline
di Davide Sciotti
Dopo aver lasciato il trambusto del Kumbh Mela con ricordi più o meno belli, una parentesi più turistica fa apprezzare, oltre alle persone, anche l'architettura del posto. A Khajuraho si possono visitare gli antichi templi induisti e jainisti dedicati all'arte dell'amore, il Kamasutra. Riuscendo a sopportare o a prendere sul ridere gli inevitabili doppi sensi della guida locale che si propone di accompagnarvi, ci si può lasciare andare ad ammirare la bellezza dei rilievi dal tema erotico che ornano il perimetro dei vari edifici (a oggi, ventidue) da dieci secoli. I dettagli si sprecano: amanti, posizioni, animali, guerra. Nel parco attorno, in disparte, un americano disegna tranquillo, carboncini su carta grigia. Hello, namaste.
© Davide Sciotti - Disegnatore riproduce uno dei templi di Khajuraho.
Cambio di scena. Per alcuni è una delle meraviglie del mondo, per altri è il più famoso dei simboli dell'India. Il Taj Mahal, tempio dell'amore e tomba della moglie (la preferita) dell'imperatore Shah Jahan, costruito ad Agra nel diciassettesimo secolo. Il monumento presenta la stessa facciata da tutti e quattro i lati, vale la pena cercare qualche prospettiva originale. Anche qui, qualcuno si propone. Con un modesto contributo in denaro, si può avere una consulenza sulle migliori posizioni dalle quali catturare il complesso da un fotografo del posto, molto serio e calato nel ruolo. Va riconosciuta una certa esperienza. Si segue per un po', tra pose da cartolina e cornici di vegetazione. Poi si riacquista libertà.
© Davide Sciotti - Turisti davanti al Taj Mahal, ad Agra.
L'interno del sepolcro non vale quanto l'esterno. La scarsa luminosità non rende giustizia agli intarsi e mosaici, incantevoli certo, e restituisce un senso di angustia. Il Taj Mahal intero non suscita emozioni se non quella di meraviglia per l'opera ingegneristica e architettonica. Gli manca un po' di cuore, ecco. Agra offre anche il Red Fort, che colpisce su tutto per il rosso della sua arenaria contrapposto al biancore delle cupole aggiunte da Shah Jahan, ancora lui, negli anni. Must per turisti, visita piuttosto lunga, le dimensioni non lasciano scampo. Il tour finisce, di nuovo voglia di andare in strada a sporcarsi le scarpe e le mani. Ma va bene così, è un lato dell'India impossibile da ignorare, splendore accanto a devozione, marmi a lamiere, sete a stracci.
Due petali dello stesso fiore
di Giacomo Fè
Agra e Khajuraho due città mete turistiche per i templi inneggianti all'amore. La prima per il Taj Mahal, il mausoleo mussulmano; la seconda per i 22 templi (degli 80 originari) che mettono in scena, in migliaia di bassorilievi, molte figure esplicite del Kamasutra. Due approcci diversi all'amore: quello musulmano, impassibile, statico, solido, enorme; quello induista, in una delle sue tante interpretazioni, materico e passionale.
© Giacomo Fè - Khajuraho, l'interno di un tempio.
Il Taj fu eretto nel 1630, i lavori durarono 22 anni, a memoria della moglie del sultano Shah Jahan morta nel dare alla luce il quattordicesimo figlio. I templi di Khajuraho costruiti in un centinaio di anni, quando la prevalente tradizione tantrica voleva che la soddisfazione dei desideri facesse parte del cammino verso il nirvana. Al tempo stesso per avvicinarsi alla divinità, che abita il tempio, bisogna lasciare all'esterno i sentimenti della carne. Le sculture erotiche adornano solo l'esterno delle strutture. Il filo che lega queste due città è portato per mano dai turisti, fin dall'ingresso al seguito di guide che indicano cose da vedere e cose da fotografare. Spesso con il naso al cielo, oppure a togliersi le scarpe quando l'arenaria e il marmo diventano sacri.
© Giacomo Fè - Veduta del Taj Mahal, all'alba, dal lato del fiume Yamuna.
Le due città hanno avuto un epilogo inconsueto. Agra, dopo che il costruttore del Taj fu deposto e si dice imprigionato nel Forte Rosso, fu abbandonata e la capitale dell'impero Moghul spostata a Delhi. Il Taj vide secoli di saccheggi, fino alla fine dell'Ottocento, quando gli inglesi iniziarono un'opera di restauro durata quasi dieci anni. Il Taj come l'amore, va tenuto sempre splendente. Si interviene almeno ogni tre anni, per pulirlo dello smog del vicino distretto industriale di Agra. Il governo adesso ha vietato ulteriori impianti industriali, per limitare i costi di pulitura dei marmi. Anche per Khajuraho i tempi moderni non sono stati buoni. Le arenarie, a differenza del marmo che si macchia, si sgretolano. Fenomeno amplificato dallo snaturamento biologico della zona. Khajuraho, in origine, era una zona semidesertica e rocciosa. Tutti i giardini e molti alberi sono stati costruiti e piantati dopo l'indipendenza dell'India, rendendo la zona molto più umida. Agra e Khajuraho, due petali dello stesso fiore, della stessa India, natura in contrasto ma legata.