Vetrina

La rilettura del paesaggio

Sergio Carlesso e Nazzareno Berton

La vetrina di questo numero presenta la rilettura singolare del paesaggio proposta in tre progetti – Reset, Res(p)e(c)t, cinquantaquattromiladuecentoottantanove - da Sergio Carlesso e Nazzareno Berton, nata dalla volontà di riscoprire un rapporto con la natura, riprenderne possesso, modificarla attraverso interventi lievi – fatti come in una camera di posa – per provare a immedesimarsi di nuovo nei luoghi.
 


Reset, Flash © Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

Ecco come gli autori presentano i progetti RESET-RES(P)E(C)T: «Mai come oggi viviamo nell’ambigua dimensione della realtà virtuale, con una percezione di quanto ci circonda che può risultare alquanto superficiale ed affrettata; anche nelle nostre fotografie i luoghi vengono spesso solo “ripresi”, senza essere prima visti e soprattutto capiti. RESET nasce dalla volontà di liberarsi di questo modo di essere, per ritrovare la magia del quotidiano e riscoprire un rapporto “rilassato” con la natura, riprendendo possesso dei luoghi, interrogandoli alla ricerca di una percezione o di uno stato d’animo. Il risultato è la scoperta di piccoli “colpi di scena”, di rivelazioni che si evidenziano a seguito di intuizioni rapide o di riflessioni prolungate, trasformando la normalità in un ambiente magico.
 


Reset, Impronte © Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

Indagare questa realtà, rileggerla e modificarla diventa un modo di immedesimarsi in essa, fissando stati d’animo a fronte delle infinite metamorfosi del mondo che ci circonda.  Ogni luogo ha vita propria, ha un’essenza da scoprire: intervenirvi fisicamente, interferendo sui normali equilibri, permette di appartarsi ulteriormente dal mondo esteriore esaltando il coinvolgimento in storie silenziosamente presenti, anche se non immediatamente percepibili. Cerchiamo di capirle, non di cambiarle tentando di diventarne i protagonisti: RES(P)E(C)T».
 


Reset, Riordino dei tronchi, carta © Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

Ecco il commento al progetto di Luigi Erba: «È immediatamente percepibile che Reset di Carlesso e Berton è iconicamente riconducibile alla Land Art e ad una fotografia contemporanea che, in un contesto di naturalismo, concettualismo, oggi porta verso interventi minimali, anche lirici, in equilibrio tra fenomenologia, accadimento e una vera e propria scrittura sull’ambiente, individuale al limite dell’artificiale. L’intervento in questo lavoro sulla terra (earthworks) può diventare film, testimonianza visiva e, come nel caso di Carlesso e Berton, documento di un intervento che ha sue precise valenze visive nell’equilibrio tra il luogo e un suo riassetto, consapevolmente “finto”.
 


Res(p)e(c)t, Filo rosso © Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

Come in una camera di posa il referente è stato assemblato, ma ciò che è accaduto è lieve, leggero, quasi “etimologicamente” originario. Il quadrato, il bianco su bianco, specialmente il cerchio, sono una scrittura che hanno un loro background nei maestri della Land art quali Smithson (la sua spirale nel Grande Lago Salato dell’Utah), Heizer (Masso Isolato Circonflesso). Gli interventi avevano però una assoluta valenza sociologica nel bonificare o trasformare gli ambienti, riassettarli globalmente appunto o addirittura impacchettarli alla Cristo. Qui ad anni di distanza, come detto, siamo spesso nell’impercettibilità, nel sottolineare una diversa premessa dialettica tra contaminato e incontaminato che genera una profonda poesia visiva.
 


Reset, Neve, pulizia del sottobosco © Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

L’immagine è nell’operazione, anche perché essa è solidamente costruita con una prevalenza di prospettiva centrale, sempre onirica, ambigua, lirica. La fotografia quindi non è solo documento e sarebbe sbagliato unicamente considerarla tale; non è una semplice messa in posa della natura, nemmeno un suo make up, ma un make over, un riassemblaggio, la costruzione complessiva di una scenografia per lo scatto finale. Una cornice in cui gli autori sono stati fisicamente dentro, un passaggio, sottolineato magari dalle loro orme, ora paesaggio. Entrare e uscire dal set.  Pensare, camminare, quasi scrivere sulla terra. E infatti questa è un’arte della terra!».
 


Res(p)e(c)t, Pulizia del sottobosco © Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

Infine, la presentazione della ricerca fotografica “cinquantaquattromiladuecentoottantanove”, il cui titolo ricorda semplicemente il numero delle salme, molte delle quali ignote, sepolte nel Sacrario militare di Asiago. «L’Altopiano di Asiago è stato importante teatro dei cruenti eventi bellici della Prima guerra mondiale: il suo territorio risulta ancora “marcato” dai segni rimasti di quell’avvenimento svoltosi quasi cento anni fa. L’intento originario di questa ricerca fotografica è la rilettura di quanto il paesaggio ancora “racconti” di quei giorni e delle trasformazioni che questi hanno comportato. La persistenza di quel passato è presente con tracce leggere ed interagisce ormai con l’ambiente naturale: focalizzando l’attenzione su dettagli che altrimenti sfuggirebbero si è scelto di realizzare un lavoro di messa in memoria, di archiviazione.
 


cinquantaquattromiladuecentoottantanove, Monte Interotto.
L'inizio della guerra coincide con la "guerra dei forti", battaglia a distanza fra fortezze posizionate nei pressi dei confini.
Anche successivamente però la distruzione sarebbe continuata con l'utilizzo massiccio della artiglierieria che doveva "identificare"
i bersagli (Monte Interrotto), colpirli (Forte Campolongo), "spezzare" le difese (Monte Interrotto, Forte Verle).
Interventi: Illuminazione artificiale, allineamento di pietre.
© Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

Allo stesso tempo, però, la frequentazione continua e costante, per oltre due anni, di quell’ambiente e l’approfondimento degli avvenimenti e delle situazioni vissute hanno “segnato” indelebilmente lo sviluppo del racconto, sovrapponendo all’iniziale interesse per dei luoghi “trasformati” che la natura sta tentando di riconquistare, la percezione forte della tragedia che in realtà lì si è svolta. Di fronte alla comprensione dei drammi dei cinquantaquattromiladuecentoottantanove del Sacrario e di tutti gli altri che hanno sacrificato la vita per questo assurdo evento, si è affermata l’impossibilità di limitarsi ad un semplice “prelievo fotografico”: i segni introdotti (tutti fisicamente realizzati sul posto) diventano così allusivi, e vogliono raccontare le sensazioni e le percezioni che ancora colpiscono “chi cammina su quelle pietre frante”.
 


cinquantaquattromiladuecentoottantanove, Monte Fior. La guerra di trincea è il simbolo di questa tragedia di inizio '900.
Le ferite inferte nei popoli si riflettono ancora sul territorio (Monte Castelgomberto, Monte Spill, Monte Fior).
Interventi: riempimento cratere da bomba con carta.
© Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

In tutte le immagini sono ripresi luoghi situati sull’Altopiano di Asiago nei quali si sono succedute fasi diverse del primo conflitto mondiale, caratterizzate da comportamenti e modalità di confronto fra gli avversari estremamente diversificati: alla “guerra dei forti” iniziale si sono succeduti lunghi momenti di attesa e preparazione, in condizioni di grande difficoltà ambientale, ad improvvisi sanguinosi combattimenti. La ricerca fotografica è stata caratterizzata da una lunga permanenza sui luoghi, una voluta lentezza nella lettura/interpretazione del territorio ed influenzata dall’approfondimento delle vicende storiche, al fine di percepire in profondità le situazioni vissute da chi lì ha sofferto: gli interventi sul territorio, presenti in tutte le immagini, son stati un mezzo per obbligarsi a capire, o meglio, a “sentire”.
 

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cinquantaquattromiladuecentoottantanove, Monte Basson.
I bombardamenti hanno lasciato innumerevoli crateri ancora visibili (Monte Fior, Monte Basson).
Interventi: illuminazione artificiale © Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

Per questo, ad una nostra visione, questi non si riducono a un’operazione di “Land Art” con l’intento di rappresentare un territorio, ma assumono valenza di testimonianza del vissuto delle persone: la linea orizzontale rossa rappresenta la divisione, il fronte, e con questo fisicamente coincide; il cerchio e la linea verticale ricordano i primi periodi in cui la distruzione veniva dall’artiglieria situata nei forti secondo i dettami della guerra dell’800, e così via, fino ad arrivare ai segni molto limitati nei pressi delle trincee (un telo nero, una macchia bianca, la semplice pulizia dalla neve) per non oberare di significati quanto di per sé già estremamente significativo o il quadrato rosso per rappresentare la memoria».
 


cinquantaquattromiladuecentoottantanove, Sacrario Laiten.
Il territorio dellAltopiano di Asiago è disseminato di simboli che ricordano la tragedia avvenuta: alcuni monumentali,
a memoria di un popolo e per la collettività (Sacrario del Leiten), altri più "intimi", dispersi nel bosco, (Località Ospedaletti).
Intervento: realizzazione di una cornice con filo rosso, sostenuto con filo in nylon
© Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

Chi sono

Sergio Carlesso e Nazareno Berton
Siamo fotografi dilettanti, accumunati dalla passione della fotografia e dall’amicizia, oltre che dalla frequentazione dell’Associazione Culturale Ezzelino Fotoclub da oltre trenta anni. Dal 2009, oltre a continuare la propria personale ricerca, sviluppiamo progetti comuni su temi relativi la rilettura del paesaggio e del territorio, operando con voluta lentezza e lunga frequentazione dei luoghi al fine di percepirne le peculiarità. Gli interventi sul territorio, presenti in tutte le immagini, sono un mezzo per obbligarci a capire, o meglio, a “sentire”, e una modalità per testimoniare la nostra percezione o l’essenza del luogo. Con i lavori “Reset” (2° classificato al “Portfolio dell’Ariosto 2009”, 3° a RoveretoImmagini 2009,  vincitore del premio “L’immagine sospesa/ Tre Oci Venezia” nel 2013), “Cinquantaquattromiladuecentoottantanove” (1° a RoveretoImmagini 2012) e “Res(p)e(c)t” (1°classificato al Portfolio dell’Ariosto 2014) siamo risultati finalisti del Premio “Portfolio Italia” nel 2009, 2012 e 2014.
 


cinquantaquattromiladuecentoottantanove, Forte di Busa Verle.
L'inizio della guerra coincide con la "guerra dei forti", battaglia a distanza fra fortezze posizionate nei pressi dei confini.
Anche successivamente però la distruzione sarebbe continuata con l'utilizzo massiccio della artiglierieria che doveva
"identificare" i bersagli (Monte Interrotto), colpirli (Forte Campolongo), "spezzare" le difese (Monte Interrotto, Forte Verle).
© Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

Sergio Carlesso
Sono nato a Bassano del Grappa nel 1959; svolgo la professione di architetto e risiedo a Romano d’Ezzelino. L’interesse per il mezzo fotografico nasce negli anni ‘80: da quel momento ho indirizzato la mia ricerca prevalentemente verso il paesaggio, interpretato spesso con l’utilizzo di tecniche espressive sperimentali; sono particolarmente interessato alle relazioni fra la fotografia e gli altri settori dell’arte. Ho pubblicato “Il Grappa – Dall’ Olimpo Veneto” (Biblos Edizioni, 2002) e “Istint-anee” (Edizioni Fiaf, 2003). Dal 2003 una selezione di mie immagini fa parte della collezione del Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma (CSAC).
 


Reset, Ritaglio su ghiaccio © Sergio Carlesso e Nazzareno Berton
 

Nazzareno Berton  
Sono nato ad Asolo in provincia di Treviso nel 1957 e risiedo a Riese Pio X. Fotografo da oltre trent’anni. L’ambiente e il territorio sono il primo “naturale” soggetto verso cui rivolgo l’interesse e l’obiettivo, ponendo un’attenzione particolare per aspetti che necessitano di una “lettura” non immediata. Più recentemente mi sono inoltre dedicato  a ricerche sull’uso di tecniche ”non tradizionali” nella rappresentazione di soggetti naturali di piccola dimensione.

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