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La visione a colori di Alex Webb

Alex Webb

Trenta anni di fotografia a colori, di osservazione partecipata, di fotogiornalismo vissuti e raccontati da un protagonista di eccezione, Alex Webb. fotografo dell'agenzia Magnum Photos. La sofferenza della luce. Trenta anni di fotografia (Contrasto, 150 foto ca. a colori, formato 33,5x30 cm, pp.204, euro 49) è un libro che, con il suo ordine cronologico, riflette il processo creativo a volte caotico, a volte misterioso, i progetti e le ossessioni, i temi e le passioni, le tensioni culturali e le parentesi che si sono intrecciate negli anni della vita di Webb, delineando una cronaca di strada che procede ininterrotta dal 1979 ad oggi. «L'unico modo che conosco per affrontare un posto nuovo è camminare», scrive Alex Webb, «perché un fotografo di strada deve camminare e guardare e aspettare e parlare, e poi guardare ancora, cercando di mantenere la fiducia che l'incognito, l'inaspettato o il cuore segreto di ciò che già conosce, lo aspetti dietro l'angolo». Californiano di San Francisco, California, laureato a Harward in Storia e Letteratura, Webb ha iniziato la sua carriera di fotoreporter professionista nel 1974, a ventidue anni, e nel 1976 era già un associato dell'agenzia fotografica Magnum, pubblicando - su testate come Life, Geo, Stern e National Geographic - i suoi lunghi e accurati reportage, prima dal Sud degli Stati Uniti e poi dai Caraibi, dal Messico, dall'America Latina e Africa.

Alex Webb
© Alex Webb
Alex Webb
© Alex Webb

 


Michel Comte, Crescendo Fotografico

La Triennale di Milano dal 10 maggio al 3 luglio, presenta Michel Comte. Crescendo fotografico, una grande mostra a cura di Walter Keller che ripercorre la carriera di uno dei più grandi fotografi di moda e ritrattisti contemporanei. Il percorso della mostra si snoda attraverso 87 immagini e 20 collage, ognuno composto da provini fotografici di vari rullini che permettono una visione estesa della complessità del lavoro di Comte, prima di arrivare allo scatto finale. La scelta delle immagini in mostra fornisce una dimensione più ampia del lavoro del fotografo: non solo le famose campagne pubblicitarie o i famosi nudi ma un Comte ritrattista in bianco e nero.  Immagini come quelle che immortalano Jeremy Irons, Frank Zappa, Penelope Cruz, Giorgio Armani, per citarne alcune, rivelano una sensibilità e una capacità di introspezione meno conosciuta. A partire dagli anni '80 sono tantissime le campagne pubblicitarie che Michel Comte realizza per i più grandi marchi internazionali: Dolce & Gabbana, Armani, Nike, Versace, Revlon, Lancôme, Hennessy, Swatch, BMW, Mercedes Benz, Ferrari, Jaguar. Grazie ai numerosi lavori commissionati ben presto il fotografo sviluppa un suo alfabeto visuale: «oscillando – dice Walter Keller – tra scene altamente elaborate in stile cinematografico e momenti di grande intimità, di inaspettata penetrazione nelle anime degli esseri umani davanti alle sue lenti». Comte, nato a Zurigo nel 1954, è entrato da autodidatta nel mondo della fotografia. Nel 1978, Karl Lagerfeld ne aveva intuito il talento e gli aveva affidato le campagne pubblicitarie per le case di abbigliamento di Ungaro e Chloé, l'inizio del succeso che lo ha portato a spostarsi a Parigi, poi a New York e a Los Angeles.

© Michel Comte
© Michel Comte

 


Il corpo come linguaggio

Fino all'11 settembre, il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo presenta Il corpo come linguaggio. Anni Sessanta e Settanta, una mostra dedicata al tema del corpo attraverso fotografie di importanti autori italiani e stranieri scelte dalle proprie collezioni: Gabriele Basilico, David Bailey, Günter Brus, Maurizio Buscarino, Eugenio Carmi, Carla Cerati, Paolo Gioli, Guido Guidi, Les Krims, Paola Mattioli, Floris Neusüss, Christian Vogt.  Tra anni Sessanta e Settanta il corpo diventa un tema assolutamente centrale nell'ambito della società, del costume, della comunicazione, dell'arte. Anche nel campo della fotografia le ricerche sul corpo si intensificano, dando il via a una vasta produzione di immagini spesso inedite dal punto di vista linguistico. Il corpo, diventato vero e proprio linguaggio per gli artisti (secondo l'espressione utilizzata da Lea Vergine nel noto libro Body Art e storie simili. Il corpo come linguaggio), per la fotografia funziona da punto di partenza per la nascita di nuovi soluzioni espressive e narrative. La presa di coscienza sul corpo coincide spesso con la presa di coscienza sulle potenzialità della fotografia stessa. La mostra propone dodici artisti italiani e stranieri che utilizzano modalità diverse per indagare il tema della soggettività, della fisicità, degli immaginari del corpo sia femminile che maschile. Le opere in mostra compongono un universo complesso, molto ricco dal punto di vista delle narrazioni e dei linguaggi. La fotografia si mette alla prova a più livelli, che toccano la dimensione teatrale, letteraria, psicologica, anche sociale, e che rivelano una volta di più quanto la ricerca fotografica tra anni Sessanta e Settanta si colleghi strettamente alle istanze vivacemente portate avanti dalle neoavanguardie, prima fra tutte la Body Art.

CORPO COME LINGUAGGIO
CORPO COME LINGUAGGIO
Les Krims Nude holding weather baloon, 1968

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