2017, tempo di anniversari e grandi numeri. Nikon ha festeggiato i suoi 100 anni. E 100 sono le fotografie con cui Laterza ripercorre gli oltre 150 anni della storia del nostro paese: la Storia d’Italia in 100 foto, appena pubblicata, riunisceinfatti100 fotografie scelte dalla photo editor Manuela Fugenzi e commentate da storici di prestigio, che diventano lo strumento per comprendere grandi e piccole storie, pubbliche e private, eventi di portata nazionale.
Tornando alla storia del nostro paese, per una casualità del destino, l’Unità d’Italia corrisponde cronologicamente all’affermarsi della fotografia. Questa coincidenza temporale ha fatto sì che le fotografie abbiano registrato fin dalle origini eventi e umori di una società in divenire e abbiano contribuito alla costruzione dell’identità nazionale. La particolarità dello svilupparsi di questo racconto è che, qui, lo sguardo del fotografo incontra quello dello storico. Ciascuna immagine, selezionata dalla photo editor Manuela Fugenzi, è accompagnata dalle interpretazioni, dai commenti e dagli approfondimenti della penna di quattro grandi storici: Vittorio Vidotto, Emilio Gentile, Simona Colarizi, Giovanni De Luna. Nasce così il circuito virtuoso tra il lavoro dello storico, con i suoi strumenti di analisi capaci di scavare nel profondo di un’epoca, e lo sguardo di chi era dentro un evento e lo ha immortalato per sempre in un’immagine.
Di seguito, riproduciamo la prima parte dell'interessatissima postfazione di Manuela Fugenzi, «Cento fotografie, e solo cento, rappresentano una bella sfida per costruire un affresco della storia del nostro paese in cui occasioni pubbliche e private intrecciano e riflettono avvenimenti, emergenze, questioni di portata nazionale. Dal Risorgimento in poi la fotografia, nata nel 1839, ha avuto un ruolo di primo piano nella costruzione dell'identità italiana e un immenso patrimonio ci permette oggi di ripercorrere la storia d'Italia nei modi di indagine e di documentazione propri della fotografia e della sua potente tecnica, in continua evoluzione: dagli album di vedute e di ritratti dei primi ateliers alla propaganda del regime, dalla produzione delle agenzie fotografiche per i rotocalchi al lavoro artistico di grandi maestri, sino a quello digitale delle ultime generazioni.
La sfida sul numero 100 comporta quindi necessariamente una selezione drastica e rigorosa, sia nei temi e negli avvenimenti privilegiati, sia nella proposta, che non si pretende certo esaustiva, delle immagini più rappresentative o evocative del periodo. Ma a ben vedere la sfida riguarda ancor più la relazione non scontata tra due discipline, la storia e la fotografia, che in questo progetto hanno sperimentato limiti e possibilità di dialogo.
Negli ultimi 150 anni la fotografia è intervenuta significativamente nel modo in cui la storia contemporanea è stata documentata e rielaborata, diventando a sua volta una fonte imprescindibile della ricerca e della divulgazione storica: è documento, testimonianza, icona. E niente come la fotografia documentaria e fotogiornalistica in particolare, assume il ruolo privilegiato di testimone della storia e della società civile e ci coinvolge per le sue potenzialità narrative. La sua forza e il suo limite risiedono nell'essere considerata dal sentire comune un mezzo di comunicazione universale, che tutti siamo in grado di comprendere, non uno strumento di rappresentazione visiva influenzata dalle tendenze estetiche, dal mercato e dalle politiche del momento e altresì impregnata di significati che cambiano nel tempo e che per essere compresi richiedono conoscenza di codici e di contesti.
La fotografia è un prodotto culturale, perché selezioniamo solo ciò che siamo in grado di riconoscere. Per questo motivo gli stilemi propri della pittura sono stati ereditati dalla fotografia sin dalla sua nascita e solo in seguito, sperimentando la propria specificità, essa ha elaborato le peculiarità del proprio linguaggio. E difatti una fotografia viene a tutt'oggi maggiormente apprezzata quando il fotografo ha riconosciuto nella sua composizione della realtà una relazione con altre immagini universalmente note e condivise. Nel caso specifico della fotografia di guerra ad esempio, il riferimento all'iconografia religiosa è una costante utilizzata per restituire quel sentimento di compassione verso i sofferenti e nel quale, sin della seconda metà del Novecento, si è spesso identificato il fotogiornalismo più impegnato.
La fotografia è di per sé un mezzo ambiguo, e per questo affascinante, dove riconoscere realtà e verità può essere molto complesso. La nostra sensibilità contemporanea, nel guardare una fotografia del passato ad esempio, prossimo o remoto che sia, interviene sulla memoria attivando un processo creativo e insieme interpretativo. Un processo che è plausibile nella misura in cui tiene presente la natura manipolatoria occultata dietro il sempre discusso paradigma di oggettività meccanica del documento fotografico. Lo specchio della realtà è piuttosto uno strumento d'interpretazione sin dal semplice gesto di inquadrare e scattare, ossia scegliere una porzione di spazio e di tempo di una realtà in movimento. Anche leggere e proporre una fotografia è a sua volta interpretazione. Abbiamo a che fare con un mezzo dalla natura polisemica, con diversi piani di lettura e significati, al punto che di una stessa fotografia sarebbe possibile con facilità scrivere più didascalie. Inoltre, nel guardare fotografie prodotte in altri contesti e in altre epoche, la nostra lettura contemporanea influenza inevitabilmente il loro valore documentario e comunicativo.
Si tratta quindi una fonte visiva pericolosa perché fortemente manipolabile, come gli storici ma anche i politici sanno bene. Lo sguardo dello storico può rivelarsi vivace, in certi casi sorprendente e non banale, quando genera una sorta di cortocircuito virtuoso, dove la fotografia diventa un luogo ricco di suggestioni e possibili letture. Uno scambio reciproco non può in effetti che arricchire due discipline che nel corso del Novecento hanno invece sovente instaurato un rapporto e a dir poco svantaggioso per il documento fotografico, ricercato e proposto esclusivamente quale conferma visiva o prova inconfutabile di una tesi sovente precostituita.
Stesso approccio ha dominato il sistema dell'informazione e il giornalismo, in particolare quello italiano, che vedeva la fotografia prevalentemente come riempitivo e supporto illustrato della ben più autorevole notizia scritta. Per fortuna all'utilizzo didascalico dell'immagine fotografica si va sostituendo una collaborazione meno conflittuale e diffidente tra storia e fotografia (lo stesso studio della fotografia, come storia e linguaggio, si è strutturato legittimandosi nel mondo accademico) ed è sempre più evidente quanto la conoscenza dei reciprochi contesti giovi contemporaneamente alla valorizzazione del patrimonio fotografico e all'indagine storica.
Nel contesto di questo libro leggere la storia attraverso l'immagine fotografica vuole essere anche un omaggio alla storia della fotografia nel nostro paese e ai suoi protagonisti, sia attraverso alcune icone condivise delle nostre vicende nazionali sia attraverso scatti inediti, significativi proprio in quanto tali. Così come la presenza di generi diversi: dal paesaggio al ritratto, ai grandi esempi del fotogiornalismo italiano, alla fotografia contemporanea più concettuale. Questa panoramica restituisce anche i cambiamenti operati dall'evoluzione tecnologica sulla pratica fotografica, sia nel nostro quotidiano che nel sistema dell'informazione.
La data d'inizio prescelta è il 1860, a circa vent'anni dalla divulgazione del brevetto fotografico, quando la fotografia è una tecnica lenta, esercitata da professionisti e facoltosi fotoamatori, fatta di macchine di grande formato e di scatti singoli su lastre di vetro che impongono l'uso di cavalletti e pose lunghe. Il racconto affronta quindi il Novecento, quando la produzione di massa e l'immagine istantanea alimenteranno gli album di famiglia e i giornali, per arrivare a oggi, dove la competizione di mercato degli smartphones si gioca proprio sulla resa fotografica in pixels, rendendoci tutti fotoreporters se non altro delle nostre esistenze. Ragione per cui le ultime frontiere dell'informazione vedono i protagonisti o le vittime stesse degli eventi del nostro presente fornire di prima mano immagini e notizie che saltano il filtro del professionismo, con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso. Imponendo di conseguenza la ricerca di nuove metodiche di lettura e d'interpretazione di un materiale prodotto e utilizzato quasi esclusivamente nel web».