Le riprese video con reflex digitali HD-SLR ad ottiche intercambiabili hanno occupato, grazie agli alti livelli qualitativi raggiunti e alle grandi dimensioni sensore, campi professionali un tempo riservati a strumentazione broadcast. La registrazione audio in presa diretta on-camera nasconde molte insidie ma può offrire risultati eccellenti utilizzando microfoni wireless o a cavo con impostazioni dedicate alle diverse situazioni.
Come ottenere il massimo dalla registrazione
Quello che vorremmo ottenere come segnale audio registrato è esattamente il segnale di interesse togliendo il più possibile tutti i segnali spuri come rumori ambientali, echi, riverberi, rumori dovuti ad apparecchiature e rumori attribuibili al sistema di registrazione. Per isolarsi il più possibile dai rumori o dai suoni non voluti, il metodo più semplice è avvicinare il microfono alla sorgente che vogliamo registrare. Semplice da dire ma non sempre semplice da fare. In questo ci viene in aiuto la scelta tra diversi tipi di microfoni o meglio i diversi diagrammi polari che possono avere i microfoni:
- Se dobbiamo registrare una discussione di persone attorno ad un tavolo, la cosa migliore da fare è quella di mettere un microfono omnidirezionale in centro al tavolo stesso. In questo modo cattureremo l’audio di fronte alla bocca di tutti gli interlocutori.
- Se dobbiamo invece registrare una conversazione tra due persone, la scelta migliore sarà un microfono bidirezionale o due microfoni unidirezionali, uno per ogni interlocutore.
- Se a parlare è una sola persona e da dietro la videocamera arrivano molti rumori, la scelta migliore sarà un microfono cardioide mentre se i rumori arrivano dai fianchi della macchina da ripresa si potrà optare per un microfono con diagramma polare tipo ipercardioide.
- Se dovremo registrare per esempio il canto degli uccelli sopra un albero o semplicemente una persona che parla da lontano, la scelta migliore sarà scegliere un microfono tipo shotgun, molto sensibile e direttivo.
Dopo aver fatto un po’ di esperienza, saremo in grado di scegliere il microfono col diagramma polare giusto a seconda della ripresa che dovremo fare, ma dobbiamo affrontare ancora parecchi argomenti.
Alcuni microfoni della gamma RØDE legati al mondo Video D-Movie reperibili presso i Rivenditori Nital
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Gamma dinamica del segnale audio da registrare
Primo argomento: che gamma dinamica e che livello sonoro avrà la scena che voglio registrare?
Diamo già un piccolo consiglio, se dobbiamo registrare segnali audio di voci umane, è buona norma lasciare dai 14dB ai 20dB di margine di segnale prima del clipping rispetto al valore medio in modo che, se ci si avvicina al microfono o se si alza la voce, la registrazione non sia completamente distorta. Per essere pratici, se dal microfono abbiamo un segnale medio di livello 50mV, regoleremo l’ingresso della videocamera per un livello massimo compreso tra i 250mV e 500mV. Usando come riferimento la tabella delle pressioni sonore tipiche analizzata precedentemente, possiamo vedere che un dialogo normale tra due persone produce un livello sonoro ad 1 metro di distanza di circa 60dBspl. Se la ripresa sarà fatta a 2 metri di distanza, la pressione sonora sul microfono sarà di 54dBspl; ricordiamo questa semplice regoletta: ogni volta che raddoppiamo la distanza dalla sorgente del segnale perdiamo 6dB di livello sonoro, se la dimezziamo aumentiamo di 6dB il livello sonoro stesso. Tornando alla conversazione ripresa a un metro di distanza, se il livello aspettato è di 60dBspl regoleremo la macchina da ripresa in modo che possa accettare fino a 80dBspl senza distorcere.
Nella nostra macchina da ripresa però non c’è nessun riferimento ai ‘dBspl’, allora come si fa?
Prima di tutto cerchiamo di capire che livello di tensione ci sarà in uscita dal microfono posto ad un metro di distanza dai nostri due personaggi. Formuliamo un’ipotesi supponendo di montare un microfono con caratteristica ‘cardioide’ sulla macchina e prendiamo per esempio un microfono con sensibilità medio-alta del valore di 10mV/Pa. Per calcolare il valore di tensione in uscita al microfono ci viene in aiuto la tabella che segue:
Nella barra arancione a sinistra troviamo vari livelli di pressione acustica mentre nella barra orizzontale in alto troviamo i valori tipici di sensibilità dei microfoni. Il punto d’incontro tra la riga della pressione sonora e la colonna della sensibilità del microfono ci darà il valore di tensione in uscita dal microfono in milliVolt. Continuando con l’esempio che stavamo facendo, il punto di incontro tra gli 80dBspl di pressione sonora e i 10mV/Pa della sensibilità del microfono ci restituisce un valore di tensione di 1,995mV cioè praticamente 2mV. Questo è il valore di sensibilità che dovremmo impostare nella nostra macchina. Il livello di 2mV però è un livello molto basso, abbiamo visto che una macchina di elevate prestazioni come la Nikon D750 ha un rapporto segnale rumore di circa 60dB con 2mV di tensione in ingresso, cioè con la sensibilità regolata a livello 16 e dobbiamo considerare che 60dB di rapporto segnale rumore il rumore di fondo si fa sentire parecchio (non dimentichiamo che ci siamo tenuti un margine di 20dB per i picchi del segnale audio. In queste condizioni la registrazione non sarà molto buona e il rumore di fondo sarà udibile distintamente. E quindi cosa fare?
Cosa mettere tra il microfono e la macchina da ripresa
Quindi dovremo fare in modo che il segnale in uscita dal microfono sia trattato in modo tale da adattarlo al livello necessario per utilizzare la macchina al massimo delle sue potenzialità. Per fare questo ci sono vari modi. I principali sono:
- Utilizzare un microfono più sensibile.
- Avvicinare il microfono alla sorgente audio.
- Utilizzare un amplificatore microfonico.
- Utilizzare un sistema con microfono wireless (radiomicrofono).
Vediamo le diversità tra queste possibili soluzioni:
Microfono più sensibile significherebbe trovare un microfono con una sensibilità, desunta dalla tabella, ben più alta di 40mV/Pa in quanto con 40mV/Pa avremmo un segnale dal microfono di circa 8mV in presenza di un segnale acustico di 80dBspl. Questo livello è ancora troppo basso per delle registrazioni di buona qualità direttamente dalla macchina. Si può pensare a microfoni più sensibili, collegati direttamente alla DSLR solo quando la potenza sonora che colpisce il microfono supera i 90dBspl.
Avvicinare il microfono alla sorgente, quando possibile, è sicuramente una buona soluzione anche perché più il segnale che vogliamo registrare è forte, più vengono attenuati gli altri segnali o i rumori dell’ambiente circostante o il riverbero quando ci si trova all’interno di un ambiente e quindi la registrazione sarà migliore. In genere però si presenta un problema logistico, il microfono deve essere collegato alla machina tramite un cavo e questo è sicuramente un bell’impiccio. Teniamo anche presente che tutte le macchine di questo tipo hanno un ingresso audio sbilanciato (massa + segnale) e quindi bassa reiezione ai disturbi dovuti ai campi elettromagnetici esterni che inducono sui cavi delle tensioni che si traducono in rumore. Generalmente collegamenti audio sbilanciati non si fanno per lunghezze che superano il metro di lunghezza ma la cosa migliore da fare è una prova pratica, se questa fosse l’unica soluzione possibile.
• Røde i-XY Lightning Nital 920583: è un microfono stereo di elevata qualità, composto da due capsule del tipo a condensatore allineate a 90 gradi.
L’iXY consente di registrare un audio stereofonico di qualità elevata a 24bit/96Khz con iPhone 5/5s/5c/6 e serie iPad con connettore Lightning. • Røde PinMic Nital 920530: microfono a spilla con capsula removibile per facilitare l'inserimento sui tessuti. In base allo spinotto abbinato può essere usato per registrare con Smartphone ma può anche essere usato per la registrazione on-camera su Nikon DSLR (sono disponibili anche specifiche prolunghe Røde). • Røde smartLav + Nital 920584: microfono Lavalier per iPhone ®, iPod ® Touch, iPad ®, gestibile con l'app "RØDE Rec". • Røde NT-USB Nital 920567: si collega alla presa computer ed offre controlli per gestire i livelli della traccia musicale rispetto alla voce da registrare, oltre a permettere il monitoraggio in cuffia con l’apposita regolazione del volume. |
L’utilizzo di un amplificatore microfonico è sicuramente una soluzione di buon livello. Vediamo, però, quali sono le caratteristiche necessarie. Prima di tutto che guadagno deve avere o quanto deve amplificare che dir si voglia. Nell’esempio che stavamo analizzando abbiamo visto che il segnale audio in uscita dal microfono era di circa 2mV (0,002V). L’utilizzo di un amplificatore dovrebbe permetterci almeno di utilizzare tutta la dinamica dell’ingresso audio della macchina e quindi, nel caso della Nikon D750, circa 0,5V. L’amplificazione richiesta si calcola quindi facendo il rapporto tra segnale necessario in uscita e quello in ingresso all’amplificatore e cioè:
L’amplificazione richiesta è quindi abbastanza elevata.
È sicuramente necessario che l’amplificatore abbia un controllo di guadagno regolabile dall’esterno in modo continuo o a scatti calibrati (cioè una manopola su cui agire), magari a due canali se vogliamo fare registrazioni stereofoniche, con una regolazione tra 0dB e 60dB di guadagno come condizione ottimale. Oltre al guadagno regolabile dovremo scegliere un amplificatore che possa fornire l’alimentazione ‘phantom’ al microfono, questo renderà l’uso dell’amplificatore più flessibile e facilmente utilizzabile con diversi tipi microfoni. Altro parametro importante è il rumore di fondo dell’amplificatore. Questo dovrebbe essere ovviamente il più basso possibile. In genere il rumore di fondo viene specificato con rapporti di amplificazione superiori a 40dB, per avere buoni risultati assicuratevi che non sia superiore ad 1 microvolt (pesato A) equivalenti a circa -118dBu con ingresso terminato su un’impedenza di 200 Ohms. Si faccia anche attenzione alle dimensioni fisiche dell’amplificatore in quanto dovrebbe stare meccanicamente vicino alla macchina, al tipo di connettori di ingresso/uscita e all’autonomia con le batterie in dotazione. Accertatevi anche che abbia l’ingresso microfonico adatto a segnali bilanciati mentre l’uscita per la macchina dovrà essere per forza sbilanciata in quanto la macchina ha un connettore jack 3,5mm con massa, canale destro e canale sinistro.
L’utilizzo di radiomicrofoni ovvero di microfoni con il trasporto dell’informazione audio dal microfono alla macchina di ripresa fatto via radio è la soluzione più semplice e più efficiente per fare delle registrazioni a livello professionale. Questa soluzione permette di scegliere liberamente il microfono più adatto, permette di regolare il guadagno dell’amplificatore microfonico per adattarlo al livello audio da registrare e permette di collocare il microfono nel punto più opportuno per la ripresa senza avere nessun collegamento fisico con la videocamera. La qualità di un sistema radio semiprofessionale o professionale è superiore alle caratteristiche delle macchine da ripresa che stiamo trattando ed è comparabile al livello qualitativo dei banchi regia degli studi di registrazione per cui non dovrebbero esserci dubbi sul sistema da scegliere per registrare l’audio ma poi si devono fare i conti anche con i costi. E come si può immaginare tra i sistemi proposti questo non è il meno caro. Attenzione però perché un sistema radio lo si può trovare anche a costi bassi ma generalmente tutti i sistemi radio di qualità bassa o media finiscono per restare dentro un cassetto in quanto non danno i risultati sperati. Quindi se pensate di rivolgere la vostra attenzione verso queste tecnologie fatelo solo con prodotti presi dal mercato professionale o semiprofessionale.
Un sistema radio si compone di un microfono, un trasmettitore radio, un ricevitore da collegare alla videocamera. Molto semplice. Ci sono anche microfoni che incorporano il trasmettitore per cui abbiamo solamente un microfono senza filo da posizionare sul luogo di ripresa ed un ricevitore da collegare alla videocamera.
L’utilizzo di radiomicrofoni ovvero di microfoni con il trasporto dell’informazione audio dal microfono alla macchina di ripresa fatto via radio è la soluzione più semplice e più efficiente per fare delle registrazioni a livello professionale. Questa soluzione permette di scegliere liberamente il microfono più adatto, permette di regolare il guadagno dell’amplificatore microfonico per adattarlo al livello audio da registrare e permette di collocare il microfono nel punto più opportuno per la ripresa senza avere nessun collegamento fisico con la videocamera.
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Nella scelta di un sistema radio si devono tener presente alcune caratteristiche che potrebbero renderci la vita facile o far diventare il nostro acquisto quasi inutile. Tralasceremo per il momento di parlare esclusivamente delle caratteristiche audio dei prodotti ed ci occuperemo soprattutto delle prestazioni radioelettriche. Ci sono all’incirca una decina di punti o ‘caratteristiche’ che ci permettono di valutare oggettivamente il prodotto che stiamo analizzando.
La prima caratteristica da controllare è la gamma della frequenza di lavoro. Ci sono prodotti che lavorano nella gamma VHF (da 30MHz a 300MHz) e nella gamma UHF (da 300MHz a 3GHz). All’interno di queste gamme, le bande utilizzabili sono principalmente quelle dei canali televisivi. Normalmente si usa la banda UHF tra 470MHz e 798MHz. I radiomicrofoni però utilizzano solo una piccola parte di questa banda. Alcuni modelli hanno pochi MHz in cui lavorare, altri possono lavorare su 24MHz di banda, altri arrivano a 70MHz, qualcuno arriva addirittura a coprire una banda di 230MHz. Evidentemente più la banda di lavoro è ampia e più sarà facile trovare frequenze libere anche nel proliferare di canali televisivi che abbiamo in Italia. Questo è già un primo parametro importante da considerare. Ci sono anche radiomicrofoni sulle bande wifi ma non sono considerati in genere per usi semiprofessionali o professionali perché non coprono buone distanze e non è detto che trovino sempre la banda libera, ormai qualsiasi dispositivo si connette in wifi.
Seconda caratteristica da considerare è la sensibilità del ricevitore, più il ricevitore è capace di ricevere segnali deboli e più sarà l’area di copertura del nostro sistema radio. Un buon ricevitore dovrebbe garantire rapporti di S/N superiori a 85dB già con qualche microvolt di segnale RF.
Terza caratteristica da considerare è il tipo di ricevitore: singolo, diversity, true diversity. Per capire la differenza tra questi tipi di ricevitore dobbiamo sapere che un segnale radio, quando colpisce un ostacolo, viene in parte riflesso. Quindi il segnale emesso dal trasmettitore arriverà all’antenna del ricevitore sia in linea diretta sia per esempio dopo una riflessione dal pavimento. Questa riflessione arriverà con un po’ di ritardo perché avrà fatto un percorso più lungo rispetto al segnale diretto e, se la differenza in tempo è pari a mezzo periodo del segnale, il risultato potrebbe essere un annullamento del segnale stesso. Un po’ quello che succede quando ci fermiamo al semaforo con la radio accesa e mentre proseguiamo lentamente sentiamo che in qualche punto della strada perdiamo la stazione radio. Un ricevitore singolo farà proprio questo, in presenza di riflessioni, accentuate se siamo dentro un edificio, potremmo facilmente perdere il segnale e creare dei ‘buchi’ nella registrazione. I modelli ’diversity’ invece utilizzano due antenne distanti una dall’altra. Questo perché statisticamente è molto improbabile che si creino delle riflessioni tali da azzerare il segnale in due antenne contemporaneamente. Ma la differenza tra un sistema diversity e uno true-diversity consiste nel fatto che il ricevitore diversity prova in continuazione o quasi a scambiare le antenne per trovare quella che ha il segnale migliore mentre i true-diversity hanno all’interno due ricevitori completi sempre in funzione e l’audio viene prelevato da quello con caratteristiche migliori ma quando è possibile i due audio vengono anche messi assieme migliorando le caratteristiche di rumore e di distorsione. È quindi opportuno dirigere la propria scelta verso un sistema ‘true-diversity’.
Quarta caratteristica da considerare è la regolazione dello squelch cioè la capacità del ricevitore di interrompere l’audio in uscita quando il segnale in arrivo dal trasmettitore è troppo debole. È opportuno che il ricevitore dia la possibilità di regolarlo manualmente ma anche di autoregolarlo se viene richiesto dall’operatore. Più ampio è il campo di regolazione dello squelch e più possibilità abbiamo di poterlo utilizzare anche per proteggerci dai disturbi generati ad esempio dalle trasmissioni tv digitali se per necessità dobbiamo utilizzare il radiomicrofono sulla stessa frequenza di un canale televisivo attivo. È poi importante che lo squelch possa essere abbassato di livello fino a essere escluso perché possono esserci delle situazioni nelle quali vogliamo essere certi che l’audio non venga interrotto anche a costo di registrare solo rumore; questo può accadere per esempio se il segnale di ricezione risulta molto basso perché abbiamo piazzato il trasmettitore molto lontano.
Quinta caratteristica, che può essere utile in qualche caso, è il tone squelch. Il tone squelch è un segnale che viene trasmesso dal trasmettitore, fuori dalla banda audio e normalmente ad una frequenza compresa tra 25KHz e 35KHz. Questo segnale permette al ricevitore di verificare se il segnale ricevuto è quello del proprio trasmettitore o di interrompere l’audio in caso contrario. I sistemi più sofisticati trasportano con questo segnale anche dei dati tra cui lo stato della batteria del trasmettitore, stato che viene poi visualizzato sul display del ricevitore. Quando la batteria del trasmettitore è vicina alla fine della carica, il ricevitore visualizza un segnale di allarme.
Sesta caratteristica molto utile per l’operatore è la scansione e ricerca dei canali migliori cioè la capacità del ricevitore di fare una misura dei segnali che sono nell’etere per trovare a quale frequenza sia più opportuno mettersi a lavorare. Questo è molto utile, fa risparmiare molto tempo e soprattutto mette l’operatore in condizione di trovare facilmente le frequenze meno disturbate nella zona dove sta operando. È chiaro che più larga sarà la banda di lavoro del trasmettitore e del ricevitore e più facile sarà trovare delle frequenze libere. I prodotti più performanti permettono al ricevitore, dopo fatta la scansione frequenze e dopo aver scelto la migliore, di comunicarla al trasmettitore generalmente tramite un collegamento ad infrarossi.
Settima caratteristica da considerare è la potenza del trasmettitore. È evidente che più alta è la potenza e più grande sarà la distanza che si potrà coprire col sistema radio; tuttavia ci sono dei limiti di legge per il libero utilizzo di questi sistemi. In Europa occidentale, quasi ovunque gli operatori professionali possono lavorare con potenze fino a 50 mW mentre per gli operatori non professionali la potenza è limitata a 10mW massimi. Comunque anche 10 mW vi permetteranno di coprire distanze considerevoli almeno per l’utilizzo che ne stiamo facendo. Con questa potenza e frequenza libera si dovrebbero superare tranquillamente i 50 m di distanza.
Ottava caratteristica importantissima è la regolazione di guadagno audio e presenza di filtri nel trasmettitore e linearità in frequenza. La regolazione del guadagno ricalca esattamente il discorso sull’amplificatore per microfono fatto in precedenza. Un buon trasmettitore deve avere un ingresso audio a basso rumore e deve avere una ampia regolazione del guadagno per permetterci di utilizzare il microfono nelle più disparate condizioni. La regolazione richiesta è di almeno 50dB e deve essere fatta possibilmente in modo continuo o a piccoli passi (3dB o meno). I migliori sistemi arrivano a 80dB e oltre. Se a questo si aggiunge la possibilità di poter inserire dei filtri passa alto, ben venga. Verifichiamo magari dalle specifiche che la risposta in frequenza del trasmettitore sia piatta (entro 1dB) da 50Hz ad almeno 15KHz in modo da permetterci di registrare qualsiasi cosa ci capiti.
Nona caratteristica compatibilità con microfoni o teste microfoniche differenti