PC-E Nikkor 24mm f/3.5D ED tilt and shift nella fotografia di architettura

A cura di: Eugenio Tursi con la collaborazione di Saverio Lombardi Vallauri

Il nuovo obiettivo decentrabile e basculante Nikkor PC-E 24mm f/3.5 viene valorizzato dal pieno formato del sensore FX che consente di sfruttare a pieno la focale grandangolare. L'abbiamo provato in un lavoro di architettura urbana.


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Le impressioni di utilizzo

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Immagine ottenuta montando insieme una serie di scatti ‘decentrati’, con fotocamera su treppiede
(in questo caso è d’obbligo). Il risultato è una panoramica di elevatissima risoluzione, considerando che gli scatti sono stati eseguiti con una Nikon D3.

 

Come anticipato, per la prova abbiamo chiesto la collaborazione di Saverio Lombardi Vallari, fotografo noto nell’ambiente dell’architettura e del design, oltre che autore di un testo sull’apparecchio fotografico a banco ottico.

“Ho provato questo nuovo Nikkor PC-E 24mm decentrabile e basculante montandolo sulla D3 ed usandolo come dovessi eseguire un lavoro per un cliente. Quindi una prova pratica che permette di rilevare i pregi e i difetti nel momento in cui si esegue un lavoro professionale.
Questo approccio riduce ovviamente il numero degli scatti di prova perché non prende in considerazione tutte le variabili possibili, ma solo le esigenze del mio stile di ripresa, uno stile in cui c'è poco posto per le messe a fuoco selettive; per me il sistema migliore (cioè il più rapido) per avere il soggetto nitido è lavorare sulla profondità di campo, più che sui piani di messa a fuoco.
Ovviamente sono valutazioni personali ed altri fotografi potranno avere esigenze diverse.

Ho trovato l'obiettivo entusiasmante nelle sue normali condizioni d'uso, cioè con il diaframma abbastanza chiuso (tra f/11 e f/16) e la messa a fuoco dall'iperfocale all'infinito: la nitidezza è ottima, così come la resa del dettaglio, il contrasto, l'ampiezza del cerchio di copertura, il controllo della distorsione.

Questo vuol dire che nelle riprese d'architettura questo 24mm dà grandi soddisfazioni, perché la precisione dei dettagli, l’ampiezza del campo inquadrato e il decentramento sono di altissimo livello.

Impostazioni diverse, ovvero diaframmi molto aperti o molto chiusi, producono un livello di nitidezza decisamente inferiore e, a tutta apertura, si nota una morbida ma visibile vignettatura. Questo accade praticamente con tutti gli obiettivi grandangolari, quindi a maggior ragione nel caso di un obiettivo decentrabile ai limiti del suo cerchio di copertura.

Ho molto apprezzato che il diaframma possa essere controllato direttamente dalla macchina, come accade con gli obiettivi non decentrabili: il mirino è sempre luminoso perché il diaframma è sempre tutto aperto, salvo chiudersi automaticamente al diaframma impostato nel momento dello scatto; si evita così quello che poteva accadere con il vecchio 28mm, ovvero una pericolosa dimenticanza che finiva per causare scatti sovraesposti.

E veniamo ai difetti che ho riscontrato.
Il decentramento massimo disponibile (11,5 mm) raggiunge il bordo del cerchio di copertura, con una conseguente vignettatura; finché si tratta di cielo il problema degli angoli dell'immagine scuri è modesto, ma nelle altre situazioni di ripresa conviene non superare i 9-10mm di decentramento.
Quando si eseguono decentramenti e basculaggi spinti contemporaneamente si rende molto visibile il bordo del cerchio di copertura; quanto più si va verso i limiti del cerchio di copertura, tanto più diventa visibile l’aberrazione cromatica, con le caratteristiche frange rosso/ciano.

Per il mio modo di fotografare una parte di questi difetti non sono significativi; abituato alla ripresa grandangolare con l'apparecchio a banco ottico, so che devo controllare i limiti del cerchio di copertura e mi aspetto una certa vignettatura; per compensarla, in base alle caratteristiche dello scatto e al mio stile di ripresa, posso decidere di usare un filtro digradante.
Ma non è strettamente necessario; ad esempio, i cieli drammatizzati da una sfumatura progressiva scura non mi infastidiscono e usare in interni il filtro digradante può portare, specialmente se accoppiato ad un polarizzatore, a delle pose talmente lunghe da far passare la voglia di scattare.
Per contro, siccome qui si parla di scatti in digitale, l'ampiezza della gamma dinamica dei sensori rende la vignettatura morbidissima, che nel caso del cielo si può correggere in post-produzione.

Un discorso a parte è opportuno per quel che riguarda la struttura di un obiettivo dotato dei movimenti di decentramento e basculaggio, considerazioni che valgono per tutti gli obiettivi di questo tipo. Pur avendo lavorato tanto con l'apparecchio a banco ottico, come fotografo di architettura mi sono trovato molto raramente nella condizione di dover utilizzare il basculaggio per estendere la profondità di campo in direzioni ‘insolite’.

Sul formato 24x36mm, questo Nikkor 24mm chiuso a f/11 o f/16 e messo a fuoco sull'iperfocale garantisce una estesissima profondità di campo, sufficiente per quasi ogni necessità espressiva.
Per contro, la messa a fuoco selettiva di una parte del soggetto rischia di richiamare facilmente lo stile di Olivo Barbieri, e questo mi porta ad escludere tale tecnica dalle mie riprese.
Ovviamente si tratta di una mia scelta stilistica, e non vuole essere una critica all’obiettivo. Infatti dalle prove fatte il Nikkor 24mm conferma le sue potenzialità sia quando occorre avere tutto a fuoco, che per eseguire la sfuocatura selettiva (ricordo comunque che la somma dei due movimenti di decentramento e basculaggio porta, ai valori estremi, ad uscire dal cerchio di copertura dell'obiettivo, e quindi è da evitare).

Una domanda che vorrei rivolgere ai progettisti Nikon (ma anche a quelli di Canon) riguarda le ragioni del limite di rotazione dell'ottica a 90° e quelle per cui i movimenti di decentramento e basculaggio devono essere perpendicolari tra loro. Immagino che siano ragioni di tipo ottico-meccanico, ma nella pratica è un peccato. La verità è che io vorrei un banco ottico racchiuso nelle dimensioni di una reflex, un desiderio impossibile!”

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Il confronto tra
il decentramento con l’obiettivo
PC-E e la correzione
della prospettiva operata
tramite Photoshop.

 



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La ripresa con l’obiettivo PC-E garantisce un maggiore dettaglio, ma è maggiore anche l’aberrazione cromatica
perché si arrivano a sfruttare anche i bordi del cerchio d’immagine dell’obiettivo.


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