Abbiamo percorso tre strade, quella classica con una Nikon FM3A e pellicola 35mm; quella a 24 milioni di pixel in area 24x36 FX di Nikon D600 via plotter Epson; e ancora da negativo, questa volta 6x8cm usando i file di una Nikon D600 “trasportati“ su pellicola. Vedremo sul campo quali sono le possibilità tecniche e i medium disponibili per continuare a fotografare in bianco e nero nel terzo millennio
Fotografare e stampare da file
Della stampa da file a colori abbiamo già accennato e valgono gli stessi concetti espressi per la stampa da negativo colore, anche se in effetti la stampa di un file immagine colore attraverso una stampante ink jet opportunamente calibrata, dopo uno sviluppo del RAW eseguito attraverso un monitor a sua volta correttamente calibrato e ancora con una stampante calibrata portano a un risultato da un lato più consapevole, dall’altro – e questo dipende dalla propria cultura tecnica e dalle proprie capacità – sovrapponibile all’immagine che avete visto durante l’inquadratura o che volete interpretare con i vostri parametri e non con quelli automatizzati della filiera del digitale.
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La Nikon D600 usata per il test comparato: monta la medesima ottica degli scatti eseguiti con pellicola su Nikon FM3A, quindi un Micro Nikkor AF 60mm F/2.8 D. Nuovamente e naturalmente treppiedi, sollevamento anticipato dello specchio settato su 3 secondi prima dell’apertura della tendina, e scatto a distanza a mezzo radiocomando WR-T10 accoppiato a ricevitore WR-R10.
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Il plotter Epson Stylus Pro 9890 usato per stampare alcune delle immagini di questa prova.
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I risultati saranno sempre e comunque superiori, sotto diversi parametri, di quelli che otterreste attraverso una stampa diretta da negativo colore o, peggio, da una stampa ottenuta scansionando il vostro negativo o la vostra diapositiva. Questa differenza a vantaggio del digitale era già evidente alcuni anni fa. Oggi, con i nuovi sensori come quello montato su D600 o anche con quelli senza filtro anti aliasing, come quello montato sulla Nikon D800E piuttosto che D7100 o COOLPIX A parlando di compatte, la differenza, in termini di risoluzione e gamma tonale rispetto a un negativo o alla sua scansione è incolmabile. La perdita di risoluzione e di gamma tonale poi, durante il processo di stampa ink jet è nuovamente quasi trascurabile rispetto alla perdita attraverso la stampa su supporto chimico. Questo vale anche ed eccome con la stampa di immagini in bianco e nero: il progresso non si è limitato alle grandi migliorie sui sensori e sugli obiettivi di ultima generazione, che hanno una qualità immensamente superiore agli obiettivi progettati e fabbricati diversi anni fa e che sono cuciti intorno alle necessità dei sensori che sono ben differenti rispetto alle necessità della pellicola, ben più tollerante di un sensore. Il progresso è continuato anche nella progettazione delle stampanti, delle testine, degli inchiostri e delle carte: vedrete in questo capitolo come una stampa da file digitale eseguita con un plotter Epson dell’ultima generazione – e qui state vedendo la scansione della stampa che qualcosa ha tolto alla stampa originale – è quasi sovrapponibile al file originale. Tutto a posto quindi e finalmente? Ce l’abbiamo fatta? Possiamo buttare nella raccolta differenziata del vetro le nostre lampadine rosse da camera oscura. Mi spiace, no, nient’affatto. Rimangono, e rimarranno sempre, delle differenze tra la stampa in bianco e nero ink jet piuttosto che a sublimazione, rispetto alla stampa su cartoncino baritato. Rimarranno innanzitutto delle differenze di supporto e di superficie, oltre che delle differenze definite dall’uso della pellicola, rimarranno degli apparenti svantaggi a sfavore del processo pellicola/cartoncino baritato ma che poi diventano a favore, così come la mosaicizzazione di un mosaico è proprio il suo distinguo da altri metodi iconografici; nel processo pellicola/cartoncino la grana e non solo sono proprio il distinguo innanzitutto di linguaggio, ma soprattutto di percorso: completamente manuale questo, completamente meccanizzato quello digitale. Ricordo anni fa al Segantini Museum in Engadina era esposta la tavolozza che l’artista ancora stringeva nella mano prima di morire repentinamente per una polmonite fulminante nel bel mezzo della realizzazione di suo lavoro: la tavolozza era ancora stracarica di colore ad olio – pur disseccato – molto spesso, e da sinistra a destra era possibile visualizzare il suo intero “spettro“ cromatico, cioè a dire tutti i colori usati per le sue tele. Bene, rimasi più affascinato nel contemplare la sua tavolozza che i suoi quadri, come dire: quella era proprio la tavolozza che lui impugnava direttamente, quasi una estensione del suo braccio, che sanciva infine la manualità e la sapiente artigianalità del suo lavoro. Ecco, il vantaggio della mancanza del negativo nel processo digitale si traduce in un vantaggio nei percorsi a colori, in un oggettivo svantaggio nel percorso bianco e nero. Ma a tutto c’è rimedio…
Da sinistra: Gianni Romano e Felix Bielser.
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Dal file al negativo in bianco e nero
Nonostante le possibilità di simulare in stampa lo scatto su pellicola aggiungendo grana al file digitale e utilizzando medium che assomigliano al cartoncino baritato, il risultato è sempre lontano dall’originale, da un lato appunto perché simile e quindi differente, dall’altro perché manca la parte prettamente manuale dell’esposizione sotto l’ingranditore e della stampa a bacinella. E alla fine, non secondario, manca il negativo vero e proprio ma, come abbiamo detto più sopra, a tutto c’è rimedio. Vi presento qui, anche se in modo virtuale Felix Bielser e Gianni Romano.
La preparazione del file per la trasposizione su pellicola attraverso il Film Recorder.
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Felix Bielser è il titolare della PuntoFotoGroup un’azienda che da oltre mezzo secolo opera in Italia nel campo dei prodotti per la fotografia in bianco e nero, quella vera. Gianni Romano è il titolare del laboratorio Fahrenheit a Milano che si occupa tanto dello sviluppo e della stampa del bianco e nero argentico che della stampa da file su medium ink jet. Insieme hanno messo a punto un Film Recorder, basato su tecnologia Agfa e in questo caso sviluppato poi negli Stati Uniti.
Il Film Recorder permette di trasferire su pellicola i file digitali. Può lavorare su tre differenti formati: 24x36mm, 6x8cm e 10x12cm, il formato si sceglie in base al massimo ingrandimento che si vorrà poi fare del singolo file trasferito su pellicola. Il file deve essere naturalmente preparato per il trasferimento così come va scelto opportunamente il tipo di pellicola da utilizzare, oltre che il formato.
Per valutare il risultato, abbiamo scattato la stessa immagine su pellicola 35mm con la Nikon FM3A e obiettivo Micro Nikkor 60mm D – come abbiamo visto nello specifico capitolo - ; abbiamo poi scattato con lo stesso obiettivo utilizzando una Nikon D600 e stampando poi attraverso il plotter Epson, come abbiamo illustrato nel capitolo dedicato. Abbiamo poi fatto trasferire un file NEF opportunamente preparato su pellicola negativa che è poi stata stampata a diversi ingrandimenti, come potete vedere in questo capitolo.
I risultati adesso sono sotto i vostri occhi. Da un punto di vista di risoluzione indubbiamente troviamo al primo posto la stampa da file con plotter Epson, ma avremmo potuto utilizzare anche una stampante A3 di pari tecnologia. A seguire il risultato ottenuto dalla Nikon FM3A su pellicola. È stata utilizzata in ripresa una pellicola molto valida, la Rollei 80S ma al contempo che richiede uno sviluppo molto preciso; non c’è stata la possibilità di realizzare due distinti negativi, da uno dei quali far eseguire un primo sviluppo in strip con cui tarare alla perfezione lo sviluppo che è stato quindi effettuato direttamente sul rullino contenente le immagini con il risultato di un valore di sovrasviluppo non trascurabile che indubbiamente ha anche aumentato la granulosità della pellicola.
Proseguiamo poi con il risultato delle stampe eseguite da negativo Kodak TMAX100 in formato 6x8cm da Film Recorder: qui la valenza del risultato, amplificato dall’ingrandimento molto elevato – siamo al livello di una stampa in formato 60x80cm – sta nell’abbinata tra il formato e il tipo di pellicola. A parità di ingrandimento, il risultato ottenuto da Film Recorder usando negativo Rollei 80S in formato 24x36mm è all’ultimo posto sul podio, questo è dovuto da un lato all’ingrandimento decisamente fuori scala rispetto al fotogramma ottenuto, dall’altro dal fatto che la Rollei 80S non è la pellicola ottimale per questo tipo di procedura; qui l’abbiamo voluto dimostrare per far meglio comprendere quanto sia determinante sul risultato finale non solo la scelta del formato di pellicola ma anche e soprattutto il tipo di pellicola.
Decine e decine di prove prima di arrivare al risultato finale.
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Possiamo senz’altro affermare, innanzitutto, che il linguaggio fotografico bianco e nero è ancora assolutamente attuale. E non è un caso che la maggior parte delle fotocamere digitali e dei software a corredo o opzionali permettano sia di impostare la fotocamera su bianco e nero che elaborare file a colori per trasformarli in bianco e nero in post produzione, tanto On-Camera che sul computer. E non può passare sotto silenzio la Leica M Monochrom, presentata nel 2012, che oltre a non avere il filtro anti aliasing è addirittura priva della matrice di Bayer, quindi registra esclusivamente immagini in bianco e nero.
In linea generale, le strade che si possono percorrere sono diverse, qui aggiungiamo anche la possibilità di riversare i file digitali su pellicola in bianco nero. Se parliamo solo di condivisione delle immagini, senza nessuna necessità di stampare, è ovvio che la strada ottimale è lo scatto con una fotocamera digitale.
Se parliamo di stampa delle immagini e non necessitiamo della stampa manuale su cartoncino baritato, la strada aperta rimane ancora quello dello scatto con fotocamera digitale e stampa via ink jet o pigmenti: in termini di risoluzione la qualità è superlativa e anche sul fronte della gamma tonale e della profondità dei neri il risultato è ottimo, siamo a mille chilometri dalle stampe bianco e nero ink jet solo di qualche anno fa che soffrivano di metamerismo e di atroci dominanti verdastre o magenta. Se parliamo di stampa su cartoncino baritato, indubbiamente la strada più coerente è quella dello scatto su pellicola bianco e nero e relativo sviluppo, indi stampa manuale. Non aggiungo altro sulla magia, sulla alchimia di questo percorso per chi in passato l’ha già intrapreso. Per chi invece non abbia mai provato garantisco che è un modo di fotografare – e anche di vivere, in un certo senso – che non ha nulla a che vedere con il digital imaging, senza per questo togliere nulla al digitale, ma suggerendo senz’altro di tenere presente anche questo percorso, che può tranquillamente viaggiare in parallelo con quello digitale. Se parliamo invece di stampa su cartoncino baritato da file, anziché da negativo, oggi- come già in passato – ci si offre questa opportuni