Corso di fotografia subacquea

A cura di: Gennaro Ciavarella

Stiamo vivendo una piccola grande rivoluzione che sta coinvolgendo questo particolare argomento. Fino a qualche tempo fa, tutti avrebbero pensato ad una sola risposta per il caso del materiale sensibile, la pellicola, ora la componente di base della fotografia sta diventando sempre più prepotentemente il sensore.
Questo capitolo, passa in rassegna le modalità operative proprie di una pellicola che, per tanti aspetti, si rispecchiano in modalità analoghe (non uguali, quindi) del sensore.
Rispetteremo le nomenclature della fotografia classica (ora qualcuno la chiama anche analogica) e ne vedremo i riscontri nella fotografia digitale.


Schema di un CCD BAYER (da Wikipedia)

Caratteri
L'immagine fotografica nasce nel momento in cui una sostanza (o un sensore) sensibile alla luce è capace di fissare le informazioni luminose che passano attraverso le lenti di un obiettivo.
Lo strato sensibile nella pellicola è costituita da un supporto trasparente, in genere triacetato di cellulosa, su cui viene steso uno strato di gelatina composta dal 40% di aleogenuri d'argento che, sotto l'azione della luce, si trasformano da argento metallico bianco in minuscoli granuli di argento metallico di colore nero che determinano l'immagine visibile.
Il supporto di triacetato viene rivestito sul lato opposto all'emulsione sensibile da una laccatura anti-alone, rimossa durante lo sviluppo, che ha la funzione di impedire riflessioni di luce dal dorso pellicola che formerebbero aloni attorno ai toni più chiari.

Nel caso del sensore possiamo dire che si tratta, in grande approssimazione, ma sicuramente saremo perdonati dagli espertissimi amici che leggono, di una scheda di silicio a più strati che quando viene colpita dalla luce, produce un flusso di elettroni in quantità proporzionale all'intensità della luce stessa.

Immagine latente
Sull'emulsione verrà impressionata un'immagine latente, invisibile, che non rivela nessun mutamento nello strato di gelatina sensibilizzata; successivamente lo sviluppo permetterà il formarsi di un'immagine negativa che verrà stampata su un foglio di carta sensibile e, quindi un'immagine positiva.
Lo stesso accadrà sul sensore, dove la quantità di luce e la sua qualità andrà interpretata e assimilata. In questo caso sentiremo spesso parlare di file RAW.
Chiariamo che raw non è una sigla ma significa letteralmente grezzo, quindi i raw data sono dei dati grezzi che, come tali, vanno elaborati (cito testualmente dal Webster: of a material or substance in its natural state; not yet processed or purified).

Rapidità o sensibilità luminosa
Esistono diverse scale studiate a livello internazionale per esprimere la sensibilità luminosa delle pellicole o il potere di amplificazione da andare ad utilizzare, nel caso del sensore. In entrambi i casi viene adottato il sistema ISO (International Standard Organization) che unifica le scale di rapidità più importanti: ASA (American Standard Association, divenuta American National Standard Institute) e DIN (Deutshe Industrie Normen), in cui al raddoppio della sensibilità si ottiene il raddoppio del valore numerico che le corrisponde.

Trascriviamo un esempio dei valori di rapidità standard delle scale citate (ISO):

 

ASA/DIN Tipologia
25/15  
32/16  
40/17  
50/18 sensibilità lente
64/19  
80/20  
100/21  
125/22  
160/23 sensibilità medie
200/24  
400/27  
800/30 sensibilità rapide
1600/33  
3200/36  
6400/39 sensibilità speciali o ultrarapide

I tipi di pellicola si possono, quindi, dividere a seconda della sensibilità in lenta, media, rapida e ultrarapida.
Nel mondo della pellicola si può dire che, ad una maggiore sensibilità corrispondono maggiori dimensioni dei granuli di alogenuro d'argento con conseguente maggiore grana, minore risoluzione e viceversa.
Nel mondo digitale la sensibilità dipende dalla amplificazione del segnale che viene apportata. Conseguente a questo discorso si parla di rumore di fondo, perchè sempre di circuiti elettrici si parla e della loro capacità di caricarsi elettricamente variando i connotati di lettura.

Nel digitale, inoltre lo stesso aumento di densità dei sensori provoca un aumento del possibile rumore di fondo (le cariche si influenzano tra loro). Uno dei problemi che i progettisti di sensori e quelli di fotocamere digitali devono risolvere. Il Problema è ben più complesso e le varianti sono ben altre ma il discorso è mediamente questo.

Latitudine di posa
Per esporre correttamente occorre consentire ad una giusta quantità di luce di impressionare una pellicola o di eccitare un sensore in modo che si possa riscontrare sull'immagine una ben estesa gamma di valori tonali.
Spesso sentiamo parlare o leggiamo un termine criptico: latitudine di posa.
Ora, quest'ultima esprime il livello al di sopra e al di sotto dell'esposizione corretta entro il quale è possibile ottenere una qualità dell'immagine accettabile.
In particolari situazioni sarà possibile tirare la pellicola ovvero sottoesporre l'emulsione per sovra-svilupparla al fine di aumentarne la sensibilità.
Come pure, nel caso di foto digitali, qualora si effettui una registrazione pura dei dati (il famoso formato raw, nef per nikon) sarà possibile effettuare delle elaborazioni che andranno a variare i dati da porre in evidenza ricercando tra le ombre e le alte luci.
Ovviamente una corretta esposizione minimizza i problemi derivanti dal recupero che dà sempre accentuazione del rumore di fondo e/o della grana.

Pellicole in bianco e nero
Come possiamo immaginare dal loro stesso nome le pellicole in bianco e nero riproducono un'immagine secondo una scala di toni di grigi con diversi gradi di risposta alla luce. Tralasciando quelle per usi speciali, queste pellicole si dividono in due categorie:
- emulsioni pancromatiche sensibili a tutta la gamma delle radiazioni luminose appena sovrasensibili al blu ed al rosso;
- emulsioni ortocromatiche sovrasensibili al verde ed all'UV, sensibili a tutti gli altri colori tranne che il rosso.
In prima approssimazione possiamo dire che un buon negativo ha un contrasto molto basso ricco di dettagli ed è completo di tutte le sfumature di grigio.

Legate alle pellicole le carte da stampa hanno un'emulsione simile a quelle delle pellicole ma con una rapidità notevolmente inferiore, questo consente l'impiego di una luce di sicurezza che agevola le operazioni di ingrandimento. Il procedimento di sviluppo è analogo a quello del negativo: sviluppo, bagno di arresto, fissaggio, risciacquo ed essiccamento.

Pellicole a colori
La fotografia con pellicola a colori si basa sui tre meccanismi di ricezione della visione umana sensibile alle tre bande fondamentali dello spettro elettromagnetico: il rosso, il verde, il blu.
Ricordiamo che l'occhio distingue i colori grazie ai coni che sono di tre tipi: il primo sensibile soprattutto alla luce rossa, il secondo alla luce verde, il terzo alla luce blu. Per questo motivo i tre colori rosso, verde, blu sono detti fondamentali, ed è divenuta di uso comune la sigla RGB (dall'inglese Red-Green-Blue). Per inciso i coni presenti in ogni occhio sono circa 6 milioni a cui si aggiungono 120 milioni di bastoncelli. I coni sono responsabili della visione diurna (detta fotopica), hanno la massima concentrazione, arrivano a 160.000 per millimetro quadrato, in una zona della retina detta fovea, permettono la percezione del colore e la nitidezza dei contrasti. Ciascun cono è collegato ad una cellula nervosa.
I bastoncelli sono molto più sensibili alle stimolazioni luminose ma sono collegati alle cellule nervose solo a gruppi. Questo provoca la trasmissione di un immagine più confusa. La loro forte sensibilità permette di vedere in condizioni di scarsa luminosità, quando i coni non forniscono informazioni utili al cervello. La visione resa possibile dai bastoncelli è una visione acromatica ed è detta scotopica.

La sensazione della maggior parte dei colori si può ottenere mescolando in proporzioni convenienti questi tre colori primari. Abbiamo due tipologie di mescolamento: additiva e sottrativa.
Nella sintesi additiva dei colori, proiettando fasci di luce rossa, verde e blu su uno schermo, si ottengono, nelle zone di sovrapposizione, i colori antitetici o complementari, chiamati anche primari sottrattivi: giallo, magenta, ciano.
Sulla superficie dove si sovrappongono i tre colori primari additivi lo schermo appare bianco.
Nella sintesi sottrattiva dei colori anteponendo alla luce bianca i filtri giallo, magenta e ciano otteniamo delle combinazioni sottrattive di due filtri che danno il rosso, il verde e il blu, la zona dove si sovrappongono tutti e tre i filtri appare nera non essendoci una trasmissione di luce.

I processi delle pellicole a colori dipendono dal principio della sintesi sottrattiva con la quale è possibile ottenere una gamma di colori molto ampia. I primari sottrattivi hanno la funzione di regolare la luce rossa, verde e blu a cui sono sensibili i tre sistemi ricettori della vista. Così il giallo, che consente il passaggio del verde e del rosso dalla luce bianca viene usato in quantità variabili per regolare la qualità di luce che raggiunge l'occhio. Lo stesso discorso vale per il verde che si controlla utilizzando il magenta (rosso-blu) ed il rosso mediante il ciano (verde-blu).

Mentre questi discorsi non riguardano il fotosub digitale, che su questo argomento ha ben altri problemi, vedi la sensibilità al blu di tanti dei sensori delle macchine che usa o la destrutturazione dei dati colori per la costruzione di immagini in bianco e nero, altrettanto non può dirsi di un argomento fondamentale per ogni buon fotografo che si rispetti: la Temperatura colore.

Temperatura di colore
Possiamo dire che l'occhio si adatta alle variazioni cromatiche date da differenti fonti di illuminazione (diurna ed artificiale) mentre ciò non avviene ne con la pellicola a colori, ne' con i sensori. Questi strumenti sensibili non hanno questa capacità di adattamento, essa è limitata ad un equilibrio cromatico prefissato al momento della fabbricazione, nel caso della pellicola o da gradi di regolazione che vanno cambiati di volta in volta per permettere la variazione del sistema di modulazione dei dati provenienti dal sensore stesso. Tale sistema rispetta una tipologia a gradi di temperatura espressa in gradi Kelvin.
Cosa lega la temperatura con il colore? La definizione recita che: temperatura di colore della luce, è la temperatura alla quale deve essere portato un corpo nero perchè emetta luce con gli stessi effetti sull'occhio della luce in esame.
Il corpo nero è un'astrazione fisica relativa ad un elemento che assorbe completamente le radiazioni che lo colpiscono ma che, se riscaldato, emette in tutte le zone dello spettro luminoso il massimo della radiazione.
D'altra parte è noto che scaldando una barra d'acciaio mano a mano che aumenta la temperatura vediamo il metallo diventare rosso scuro, poi rosso, poi giallo, quindi bianco e bianco-blu, continuando il metallo fonderebbe.

Con questo parametro si rappresenta la qualità della luce bianca ovvero se presenta dominanti calde, nei settore dei rossi o dominanti più fredde nei settori del blu.
Questo è importante nella resa dei colori perchè luci con bassa temperatura colore (calda) esalteranno i colori caldi nella banda dei rossi, mortificando quelli nella banda dei blu.
Luce con alta temperatura colore (fredda) enfatizzeranno i colori nella banda dei blu mortificando gli altri.

Da quanto esposto deriva il fatto che con basse temperature di colore si intende luce con dominanza di toni caldi mentre con alte temperature di colore si intende luce con dominanza di toni freddi.

Questo concetto della temperatura colore è molto importante lavorando con luce artificiale, per la scelta dei sistemi d'illuminazione e per una corretta resa cromatica.

Nella tabella qui sotto sono riportate le temperature colore di alcuni tipi di lampade e di alcuni momenti temporali.

SORGENTE TEMPERATURA in °K
Candela 1930
Alba/Tramonto 2000-3000
Lampada al tungsteno 3000
Lampada alogena 3200-3400
Lampada fluorescente (NEON) 3200-5000
Sole a mezzogiorno 5000-5600
Lampada ad arco (HMI) 5600-6000
Cielo Nuvoloso 6800-7500

Per i sensori delle nostre macchine digitali il discorso è solo apparentemente diverso. Il sensore, infatti, percepisce le diversità nel colore della luce proveniente da sorgenti diverse ma non ha la capacità di convertirle in luce bianca, se non con l'intervento di comandi di bilanciamento della lettura che effettua e della sua traduzione (quello che noi chiamiamo Bilanciamento del Bianco o WB). Queste variazioni alle modalità di lettura dei dati possono essere sia manuali che automatiche.

Ora se ci riportiamo alle modalità di ripresa ricordiamo che seppure le situazioni fondamentali di luce siano in asciutto legate a riprese indoor o outdoor, in acqua la luce subisce delle variazioni di comportamento per cui il bilanciamento del bianco diventa fattore fondamentale oltre che estremamente variabile al variare stesso delle condizioni fisico-chimiche dell'acqua stessa.

Ovviamente per contrastare tali problemi dobbiamo ricordare che oltre alla luce diurna si possono utilizzare altri "tipi di luce":
- luce mista: si utilizzano contemporaneamente la luce diurna e quella proveniente da torce sub con lampade ad incandescenza;
- luce mista-flash: si utilizzano contemporaneamente la luce diurna e quella proveniente da flash;
- luce flash: si utilizza la luce prodotta dal flash;
- luce mista-continua: si utilizzano sia la luce diurna che lampade a luce continua abbinata o meno al flash.

Ritornando al mondo delle pellicole, completiamo il discorso ricordando che le pellicole a colori si distinguono in:
- negative a colori da ingrandire successivamente per riprodurle su carta,
- invertibile in fotogrammi (diapositive) adatti alla visione diretta.
Entrambi presentano come caratteristica una sensibilità inferiore rispetto alle pellicole in bianco e nero ed una latitudine di posa più ridotta.

Pellicole consigliabili per la foto-sub
Le pellicole classicamente usate per la fotosub sono generalmente a bassa sensibilità e invertibili.
Il mondo della fotosub è invaso da diapositive con sensibilità che raramente si discostano da 50-100 asa. Molto raro l'utilizzo del bianco e nero.

 

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