Wildlife Photographer of The Year e Unterthiner/D’Amicis
Il prestigioso concorso di fotografia naturalistica Wildlife Photographer of the Year - nato nel 1965 e indetto dal Natural History Museum di Londra - arriva in Italia con le foto premiate nel 2015, in mostra fino al 4 dicembre alla Fondazione Luciana Matalon di Milano. L'esposizione, organizzata dall'associazione culturale Radicediunopercento, presenta le immagini premiate nelle 20 categorie in gara: Mammiferi, Uccelli, Anfibi e rettili, Invertebrati, Piante, Sott'acqua, Terra, Dal cielo, Città, Dettagli, Impressioni, Bianco e Nero, Premi Fotogiornalista di natura singola foto e reportage, Premio Portfolio talento emergente (età 18-25 anni), Premio Portfolio (oltre i 26 anni), Premio TimeLapse, Giovani fotografi (fino a 10 anni, da 11 a 14 anni e da 15 a 17 anni). Il massimo riconoscimento, il Wildlife Photographer of the Year, è stato assegnato a Don Gutoski (Canada) nella categoria Mammiferi con uno scatto che ritrae una volpe rossa mentre trascina la carcassa di una volpe artica nel Wapusk National Park in Canada. Un’immagine di Ondřej Pelánek (Repubblica Ceca, sezione junior 11-14 anni) che mostra la lotta fra due uccelli maschi per l’accoppiamento e in difesa del territorio, è invece vincitrice assoluta del Young Wildlife Photographer of the Year.
Don Gutoski, Canada, Un racconto su due volpi (Categoria Mammiferi, vincitore assoluto). Da lontano Don poté osservare che una volpe rossa stava inseguendo qualcosa nella neve. Quando si avvicinò capì che la preda, ormai morta, era una volpe artica. Per tre ore Don rimase lì di fronte a quella scena, con temperature di -30 °C, finché la volpe rossa, finalmente sazia, prese la carcassa ormai priva dei visceri e la trascinò via, conservandola per dopo. Nella tundra canadese il riscaldamento globale sta facendo espandere l’area di diffusione delle volpi rosse verso nord, dove sempre di più si sovrappone a quello delle loro parenti più piccole, le volpi artiche. Per le volpi artiche le volpi rosse non rappresentano solo il loro principale concorrente, entrambi cacciano infatti animali come i lemming, ma anche il loro da principale predatore. Al momento sono state viste solo alcune uccisioni di volpi artiche da parte delle volpi rosse, ma probabilmente il conflitto tra questi due animali diverrà più frequente. «Questa scena è ricca di forza simbolica: la volpe rossa caccia sempre di più la volpe artica, come risultato dell'aumento del riscaldamento globale. È la natura, allo stesso tempo brutale e misteriosamente bella. La grande fotografia naturalistica combina la didattica all'esplorazione, insieme alla capacità di cogliere l'attimo, e in questo scatto tutto si combina perfettamente» (Lewis Blackwell, presidente della giuria). Cresciuto nella campagna canadese, Don fin da adolescente ha avuto una passione per la natura e la fotografia. Per quanto lavori come medico in un pronto soccorso, trascorre tutto il suo tempo libero a fotografare la natura, in particolare il comportamento animale, sia nelle regioni incontaminate del Canada sia in altri Paesi oltreoceano. Vive nella regione meridionale dell'Ontario, circondato da una riserva naturalistica di 40 ettari da lui creata.
Brent Stirton, Sud Africa, Il bottino di guerra (Categoria The Wildlife Photojournalist Award Story, vincitore). Michael Oryem tiene delle zanne prese da un lotto di avorio a cui ha condotto le forze armate ugandesi. Michael fu rapito da un gruppo armato all’età di 9 anni e gli fu intimato di cacciare di frodo gli elefanti per ottenerne l’avorio, nel Garamba National Park (Repubblica Democratica del Congo), da scambiare poi con le forze armate sudanesi in cambio di rifornimenti e di armi. Diciassette anni dopo è riuscito a disertare e ha condotto le forze armate dell'Uganda nel luogo dove erano state accumulate. La sua testimonianza è una prova del ruolo che ha il bracconaggio nel finanziamento di gruppi armati in Uganda. La caccia illegale agli elefanti rappresenta uno dei più lucrativi mercati neri al mondo. Ogni anno fino a 154 tonnellate di avorio vengono esportate illegalmente dall'Africa orientale e vengono uccisi da 25.000 a 35.000 elefanti. Il traffico illegale di avorio rappresenta un'importante risorsa di finanziamento per i gruppi armati criminali che regolarmente si scontrano con i funzionari che si occupano di conservazione della natura in varie zone dell’Africa. Brent si è attivato per attirare l'attenzione internazionale su coloro che ne stanno traendo i maggiori profitti e su coloro che sono gli ultimi baluardi nella guerra dell’avorio, i ranger, che rischiano la loro vita per fermare questo massacro.
Audun Rikardsen, Norvegia, Gli ultimi raggi (Categoria The Wildlife Photographer of the Year Portfolio Award, vincitore). Il sole basso sull’orizzonte sfiorava le onde, in un’esplosione di luce frastagliata. Questo spettacolo luminoso era accompagnato da una sinfonia di fischi e suoni di orche, quando ad un certo punto un esemplare del gruppo emerse in superficie per respirare. Il giorno dopo che Audun ebbe scattato questa foto, sopraggiunse l’inverno polare e il sole scomparve del tutto per più di due mesi. Cresciuto in una comunità di pescatori della Norvegia settentrionale, Audun è stato da sempre interessato agli animali e alla natura presenti sulla costa, che vivono sopra e sotto l’acqua. Ha iniziato a scattare fotografie nel 2009, concentrandosi sulla regione di Tromso, dove ora vive. È professore di biologia all'Università di Tromso e riesce a portare nelle sue fotografie la sua esperienza di ricercatore. È stato diverse volte Norwegian and Nordic Nature Photography Champion, poi anche Arctic Photographer of the Year e Nature’s Best Grand Champion. Per Audun la fotografia consiste nell’immortalare momenti indimenticabili e nel mostrare agli altri il fascino del mondo della natura, nella speranza di ispirarli a prendersene cura.
Connor Stefanison, Canada, Un buffet aereo (Categoria The Rising Star Portfolio Award, vincitore). Tutte le immagini del portfolio di Connor, tranne una, sono state scattate nella sua provincia natale, la British Columbia, sulla costa occidentale del Canada, la maggior parte con un grandangolo per inquadrare il soggetto all'interno del contesto paesaggistico in cui vive. Connor ama i luoghi incontaminati e il rivelare attraverso la fotografia momenti intimi e nuovi punti di vista su eventi correlati alla natura. Incoraggiato dall’aver vinto questo premio nel 2013, mentre era ancora all’Università e studiava ecologia e conservazione, Connor lavora oggi come fotografo professionista e desidera specializzarsi in fotogiornalismo. Nonostante indossasse una maschera che gli copriva interamente il viso e i guanti, Connor continuava ad essere punto dalle zanzare. Era in una palude di acqua dolce a fotografare i mignattini. Ha utilizzato un grandangolo e un flash, per illustrare il legame tra la palude, gli insetti e gli uccelli, creando un etereo ritratto di una sterna che stava andando a caccia di cibo subito dopo il calare del sole.
Ondrej Pelánek, Repubblica Ceca, Combattenti in mostra (Categoria Primi Scatti 11-14 anni, vincitore). Ondrej e suo padre hanno viaggiato nella Norvegia settentrionale durante l'estate, quando ci sono 24 ore di luce, per osservare il comportamento “simile ad una guerra” dei maschi di combattente quando sono nel periodo del corteggiamento. «Ero così emozionato che non potevo dormire», ricorda Ondrej; così una notte, mentre suo padre russava nella tenda affianco, è sgattaiolato fuori per immortalare questo scontro alla luce di mezzanotte. Riunitisi in aree denominate arene nuziali, i maschi di combattente si fronteggiano per le femmine e per difendere i loro territori, lanciandosi addosso uno contro l'altro, pavoneggiandosi e gonfiando le loro caratteristiche piume del collo. Il loro prestigio è rivelato dal colore del piumaggio. Quelli con i ciuffi auricolari di colore scuro possiedono aree precise nell’arena nuziale, mentre quelli con ciuffi più chiari non le hanno e, al contrario, gironzolano lì intorno sperando di avere una chance per accoppiarsi. «Questa fotografia di maschi di combattente (Philomachus pugnax) assomiglia ad una rissa scoppiata in una discoteca, con i suoi personaggi caratteristici. È un’istantanea di un momento piacevolissimo, anche se non esattamente un momento di tenerezza. I giudici hanno avuto la sensazione che il riuscire a catturare tanta intensità e grazia fosse un raro risultato» (Lewis Blackwell, presidente della giuria). A Ondrej fu regalata una macchina fotografica compatta all’età di 8 anni e in breve è divenuto un abile fotografo naturalista, che fotografa insetti e altri animali vicino alla sua casa nella Repubblica Ceca. Ora, all’età di 14 anni, è un abile naturalista e ha vinto per tre anni di seguito le Olimpiadi di biologia nella regione in cui vive. È anche un artista ed esperto disegnatore di uccelli.
Andrey Gudkov, Russia, Il judo dei Komodo (Categoria Anfibi e rettili, finalista). Due formidabili draghi di Komodo lottano nei pressi dell’imponente costa del Komodo National Park. Andrey lo ha visitato più volte, sperando di catturare gli spettacolari combattimenti tra maschi durante la stagione dell’accoppiamento, in estate. Dopo diversi tentativi infruttuosi, ritornò a dicembre e poté osservare questa inaspettata battaglia sulla collina. «È stato uno spettacolo indimenticabile», racconta. Con un peso che può raggiungere i 150 kg, con i loro enormi unghioni e i denti seghettati, i draghi di Komodo si alzano sulle loro gambe posteriori per lottare. In questo caso si tratta probabilmente di una disputa per il territorio. Questi formidabili avversari hanno uno strato esterno protettivo, costituito dalle loro squame rinforzate da piccole ossa, che agiscono come una maglia metallica naturale. Sono le più grandi lucertole del mondo.
Ugo Mellone, Italia, Una farfalla nel cristallo (Categoria Invertebrati, vincitore). Ugo stava scattando alcune immagini di paesaggio dell’area in cui è cresciuto, lungo la costa selvaggia del Salento, quando, mentre guardava in basso alla ricerca di un interessante primo piano, vide una macchia di un tenue arancione tra i bianchi cristalli di sale in una piccola pozza tra le rocce. Era una farfalla titonia, mummificata dall’alta concentrazione salina e sepolta in una bara di sale. Questi depositi di sale si formano in fessure rocciose lungo la costa. Le pozze di acqua marina si riempiono quando il mare è agitato, per poi evaporare sotto il forte sole estivo, lasciando strati di sale cristallizzato. Questa femmina di farfalla probabilmente è caduta, esausta, ed è rimasta intrappolata dalla tensione superficiale dell’acqua.
Francisco Mingorance, Spagna, L’arte e la cicogna (Categoria Città, finalista). Questa scultura torreggiante dell'artista tedesco Wolf Vostell è costituita da un aereo russo MiG-21, due auto, pianoforti, monitor dei computer e adesso anche da tre enormi nidi fatti di rami ed erba. Francisco ha utilizzato un’esposizione lunga per immortalare queste coppie di cicogne mentre dormivano sotto un cielo stellato, trovando silenziosamente un posto nel mondo moderno che Vostell ha descritto. Le cicogne bianche si trovano a loro agio sulle strutture artificiali come fossero sugli alberi, nidificando su ogni superficie piana in grado di sopportare il peso del nido. Per quanto formino coppie monogame durante la stagione della riproduzione, migreranno separatamente per trascorrere l’inverno nell'Africa meridionale, ritornando poi in Europa in primavera per riunirsi nel luogo dove nidificano.
Morkel Erasmus, Sudafrica, Una cornice naturale (Categoria Bianco e nero, finalista). Mentre sbirciava da un bunker situato nei pressi di una remota pozza d’acqua, Morkel poteva sentire ogni brontolio e persino l’odore degli elefanti. «Vai alla ricerca di quell'esatto istante in cui il caos diventa ordine», racconta. Quel momento per Morkel è arrivato quando un’elefantessa ha incorniciato lo scatto con le sue zampe, proprio mentre il suo piccolo si è inserito nell'inquadratura a sua volta incorniciando una giraffa. Per quanto le siccità siano comuni in Africa, delle prolungate mancanze di acqua costituiscono un serio problema. In quei momenti i branchi di elefanti seguono la loro matriarca. I branchi guidati dalle femmine più anziane tendono a sopravvivere meglio ai periodi di siccità, per il fatto che le femmine probabilmente hanno avuto esperienza di vari periodi di siccità nella loro vita e sanno dove trovare le pozze d’acqua necessarie al loro sostentamento.
Marcus Westberg, Svezia, Prendersi cura del gorilla (Categoria The Wildlife Photojournalist Award single image, finalista). Ndeze, una gorilla di montagna orfana di 9 anni, osserva la sua compagna di 12 anni, Masha, mentre sta ricevendo il suo check-up annuale da parte di Eddy Kambale, uno dei veterinari che curano i gorilla e membro del gruppo denominato gorilla doctors. «I profondi vincoli che ci sono tra questi orfani, le persone che si occupano di loro e Eddy è una delle cose più toccanti a cui ho mai avuto il privilegio di assistere», dice Marcus. Tutti e quattro i gorilla di montagna del Senkwekwe Centre sono stati salvati da bracconieri e trafficanti e hanno sofferto esperienze traumatiche. Questo centro, che prende il nome dal padre di Ndeze, che fu assassinato insieme alla madre e ad altri membri della famiglia di gorilla nel 2007, è solo uno dei tanti sforzi del parco per proteggere i rimanenti gorilla di montagna, a forte rischio di estinzione.
Mentre a Milano va in scena la mostra sulle foto vincitrici nel 2015, sono stati assegnati i premi Wildlife Photographer of the Year per il 2016 e un'immagine di Stefano Unterthiner - Lo spirito delle montagne - è tra le vincitrici. «È stata scattata in quella che considero la mia casa, la Valsavarenche, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso», racconta il fotografo valdostano. «Nessun lungo viaggio dunque, ma una fotografia cercata e sentita tra quelle montagne che così bene conosco e tanto amo. Ho realizzato quest’immagine durante il mio lungo incarico per il National Geographic. Un lavoro di due anni che è stato raccolto nel volume Il sentiero perduto (Ylaios, 2015). Lo spirito delle montagne incarna quella natura che sono fiero di rappresentare e promuovere, quelle montagne che continuerò a difendere e per le quali continuerò a battermi: le montagne selvagge».
È un omaggio al lupo la mostra - ospitata fino al 13 novembre a Roma nella Sala della Balena del Museo Civico di Zoologia - dal titolo Tempo da lupi, con foto di Bruno D’Amicis (fotografo-biologo vincitore di World Press Photo e Wildlife Photographer of the Year) che immortalano il lupo nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, nel suo ambiente naturale. La mostra è anche un percorso personale che Bruno D’Amicis racconta così: «Freddo. Vento e pioggia, magari con nebbia o neve. “Tempo da lupi” suggerirebbe la saggezza popolare, sottolineando come miserabili condizioni atmosferiche siano le più favorevoli per i branchi a intraprendere la caccia o, “scendendo dalle montagne”, ad avvicinarsi alle greggi e alle abitazioni, seminando paura e distruzione. Questo è il tempo in cui è meglio starsene a casa, al caldo e al sicuro. Io invece ho scoperto che il tempo da lupi è ben altra cosa. E la differenza sta tutta in quel da. Per me il tempo da lupi è quella preziosa porzione di esistenza che uno fatica a ritagliare nella frenetica vita moderna e da dedicare tutta alla ricerca di un’esperienza diretta con la selvaticità. Questo tempo da lupi è il tempo del sudore sulla schiena sotto il sole di montagna e dei crampi alle gambe durante lunghe marce nella neve profonda. È il tempo delle notti passate all'addiaccio e della sveglia che squilla a orari impossibili; della noia nelle lunghe attese e dell’incontenibile gioia della scoperta. È il tempo della solitudine e delle avventure in compagnia. È il tempo del batticuore e della delusione; dell’ora e adesso, senza l’ingombro del passato né il pensiero rivolto al futuro. È il tempo della giovinezza ed è forse il tempo speso meglio nella mia vita.