I Plug-in e gli script di terze parti
In seguito alla diffusione della fotografia digitale, il problema della resa ottimale della nitidezza è stato affrontato anche da produttori di software che hanno reso disponibili dei prodotti specifici per l’ottimizzazione della nitidezza, in base a parametri più praticamente riconoscibili rispetto a quelli originali della maschera di contrasto.
La maggior parte di questi prodotti è realizzata come plug-in per Photoshop in quanto assumono che la gestione del prodotto finito passi attraverso tale software. I più noti (ma non gli unici) sono PK Sharpener Pro (www.pixelgenius.com) e Nik Sharpener Pro (www.niksoftware.com). Oltre a questi sono reperibili su Internet script a prezzo ridotto dedicati a singoli modelli di fotocamere (www.fredmiranda.com).
I plugin più costosi gestiscono sia la nitidezza di acquisizione che quella creativa e di stampa essendo già configurati per fornire un risultato ottimale in base alla tipologia.
PK Sharpener Pro offre ad esempio la possibilità di ottimizzare la nitidezza di acquisizione in base alla risoluzione della fotocamera ed al livello di dettaglio dell’immagine. L’applicazione della nitidezza per la stampa risulta particolarmente semplificata, potendo applicare la nitidezza più appropriata in base alla tecnologia di stampa (vedi capitolo successivo) ed alla risoluzione di uscita della stampante (con Nik Sharpener Pro è possibile scegliere anche in base alla marca della stampante). La presenza di regolazioni predefinite già ottimizzate è molto utile, in quanto la correzione di nitidezza di stampa non è valutabile a priori a video.
Il costo di questi prodotti è compensato dalla velocità di elaborazione delle immagini e dalle regolazioni già create per i vari casi. Naturalmente in base alla singola tipologia di immagine è possibile che le preselezioni disponibili non siano totalmente adatte e sia quindi preferibile operare manualmente con la maschera di contrasto classica.
Nitidezza per la stampa
LE TECNOLOGIE DI STAMPA
L’applicazione della nitidezza per l’output va eseguita sempre alla risoluzione ed alle dimensioni di immagine finali, in quanto qualsiasi ricampionamento e/o ridimensionamento dell’immagine, anche minimo, vanificano l’effetto ottimale.
Il processo corretto è quindi quello di creare copia dell’immagine da stampare (in formato TIFF eventualmente) e di applicare sulla copia la nitidezza specifica per la stampa desiderata. La medesima immagine richiede differenti trattamenti secondo le differenti tecnologie di stampa e quindi è preferibile lavorare su una copia dell’originale.
Il ridimensionamento finale, eseguito prima dell’applicazione della maschera di contrasto di stampa, riveste particolare importanza nel trattamento tipografico.
Vanno definite accuratamente le dimensioni finali e la risoluzione richieste, in modo che la nitidezza applicata non sia poi modificata ridimensionando ulteriormente l’immagine durante l’impaginazione finale.
Il ritaglio dell’immagine eseguito sulla pagina finale non pone invece problemi.
Oltre a questo è importante conoscere la tecnologia di stampa usata per riprodurre l’immagine in quanto la nitidezza da applicare deve tenerne conto. Le tecnologie di stampa sono sostanzialmente tre: a retino (halftone), a diffusione (dithering) e a toni continui (sublimazione e supporti fotosensibili). Sotto è mostrato un ingrandimento che esemplifica la modalità di stampa delle differenti tecnologie.
Retino
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Dithering
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Toni continui
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La stampa mediante retino usata nelle macchine tipografiche distribuisce l’inchiostro mediante punti colorati posti sempre alla medesima distanza tra loro. Il numero massimo di punti per pollice, detta frequenza di retino, è espressa in linee per pollice (LPI) in quanto i punti sono allineati per celle. Per la stampa a colori in quadricromia è creato un retino per ciascun colore primario (Ciano, Magenta, Giallo e Nero) e tali retini sono stampati sovrapposti, per creare l’effetto visivo delle tonalità intermedie, e inclinati, per evitare l’effetto moirè.
La stampa delle macchine a getto d’inchiostro (inkjet) utilizza la diffusione dell’inchiostro mediante una trama di tipo pseudo casuale definita a “diffusione d’errore” o dithering. In questo tipo di stampa la posizione delle gocce di inchiostro non è regolare come con il retino. Anche la dimensione della singola goccia di inchiostro può variare. La nitidezza ottenibile risulta solitamente superiore. Anche molte laser a colori ed alcune macchine da stampa usano questa tecnologia.
La stampa a toni continui è quella usata sia dalle stampanti a sublimazione che dalle macchine dei Lab su carta fotosensibile mediante laser. Questa tecnologia non fa uso di colori ravvicinati per simulare le tonalità, ma consente di sovrapporre i colori primari sul medesimo punto, variandone appunto la densità. In generale i pixel sono trasformati direttamente in gocce colorate sulla carta, ma avendo queste ultime contorni arrotondati (i pixel sono quadrati), le stampe a toni continui appaiono leggermente più morbide rispetto alla visione a monitor.
LA RISOLUZIONE DI STAMPA
Secondo la risoluzione di stampa il raggio di nitidezza è regolato in modo che l’alone non risulti visibile se non in minima parte. Da ricordare sempre che, per mantenere un buon bilanciamento della nitidezza ed un alone costante, l’aumento del raggio della maschera di contrasto richiede la diminuzione in rapporto del fattore di intensità e viceversa.
Attenzione: i tre acronimi LPI, PPI e DPI hanno significati profondamente differenti. I PPI dell’immagine non vanno confusi con i DPI di stampa forniti dal produttore della stampante e selezionabili nei driver direttamente o con descrizioni (ad esempio, nei driver Epson, “Photo” corrisponde a 1440 DPI mentre “Best Photo” a 2880 DPI e “Photo RPM” a 5760 DPI).
Nella stampa tipografica mediante retino è solitamente richiesta una risoluzione in ingresso equivalente a 1,5 o 2 volte la dimensione del retino. Quindi un retino a 150 LPI richiede immagini circa a 220 (1,5x) o 300 (2x) PPI.
Un buon punto di partenza è un raggio di 1,5 pixel. L’intensità varia tra 100% e 200% circa. La soglia può variare da 2 a 6 a seconda dell’immagine. Inoltre, su carte da stampa non patinate (uncoated) come quelle dei giornali è preferibile incrementare il fattore di intensità circa del 20% per compensare la maggiore porosità e quindi effetto di “blending” (diffusione) dell’inchiostro sulla trama del supporto. Naturalmente, secondo il tipo di immagine e del dettaglio in essa contenuto, è possibile che si richieda aumentare o diminuire il raggio di 1-1,5 pixel (ossia fino a 3 pixel) per ottenere un migliore risultato.
Per la stampa inkjet, i valori dei parametri di nitidezza variano rispetto al retino in quanto la diffusione dell’inchiostro segue, come detto prima, uno schema differente. Il raggio è solitamente ridotto essendo la stampa inkjet più dettagliata, mentre il fattore di intensità va aumentato rispetto a quello usato per il retino, allo scopo di mantenere il contrasto.
Si arriva quindi a diminuire il raggio a circa 0,6-0,8 pixel per le risoluzioni di stampa attorno a 1440 DPI (tipiche sulle inkjet) e si regola il fattore nell’intervallo tra 150% e 250%.
Per la stampa a tono continuo i valori utilizzabili sono circa analoghi a quelli per la stampa inkjet, con un’eventuale aumento del 20-30% del Fattore di nitidezza.
La verifica della nitidezza in stampa non è comunque facilmente quantizzabile a priori, in quanto dipendente sia dalla specifica tecnologia della macchina di stampa, oltre che dal tipo di carta, tipo di immagine, distanza di visione prevista, ecc.
Per questo, il risultato va comunque sempre verificato sulla stampa stessa e mai sul monitor in quanto apparirebbe troppo contrastato. Inoltre è fondamentale eseguire una stampa di prova con un’immagine contenente sia dettagli minuti sia aree uniformi, e valutare se i parametri usati sono risultati efficaci. Naturalmente la stampa va eseguita alla dimensione finale normale e non riducendo o ricampionando l’immagine.