Come ottenere delle vere Polaroid da un iPhone.

 

Introduzione Gli sviluppi, il successo, il ritiro
Da istantanea a opera d'arte Instagram e dintorni
Impossibile Lab. Il prodotto Scaricare la App e scegliere l'immagine da riprodurre
Modificare e ottimizzare l'immagine Unboxing di Instant Lab e preparazione per la stampa
Conclusioni Gallery


Introduzione

Senza nulla togliere ai padri della fotografia, da Niépce a Daguerre, da Talbot a Eastman e a Barnack – per citarne solo alcuni – personalmente ritengo Edwin Land, l'inventore di Polaroid, il più grade genio dell'intera storia della tecnica fotografica.
Prima dell'avvento del digitale, fotografare ha sempre fatto rima con aspettare.

Edwin Land mostra la prima fotografia istantanea Polaroid, durante la convention della Optical Society of America all'Hotel Pennsylvania di New York.
Don't undertake a project unless it is manifestly important and nearly impossible
(non intraprendere un progetto a meno che non sia manifestamente importante e quasi impossibile)

Nel 1943 Edwin Land era già famoso per aver inventato il film polarizzante che era stato impiegato sia in campo scientifico che civile, a cominciare proprio dagli occhiali Polaroid. Land si trovava per una breve pausa di riposo durante il periodo del Natale a Santa Fe, insieme alla moglie e alla figlia Jennifer di tre anni alla quale aveva scattato diverse fotografie, durante la giornata, con la sua fida Rolleiflex. La sera la figlia fece una semplicissima domanda al padre, una domanda diretta e disarmante come solo i bambini sanno fare. A proposito delle foto che il padre le aveva scattato durante la giornata Jennifer gli chiese: “Perché non posso vederle ora?”.
Per Land fu una folgorazione e al contempo una sfida, che venne vinta nel febbraio del 1947 alla presentazione della prima fotografia istantanea Polaroid, avvenuta all'Hotel Pennsylvania di New York, durante la convention della Optical Society of America.

Gli sviluppi, il successo, il ritiro

Da quel dicembre del 1943 passarono quattro anni prima che la prima Polaroid vedesse la luce, un altro prima che venisse prodotto la prima fotocamera Polaroid per il pubblico. Trent'anni esatti, dal 1943, prima che venisse presentata la prima pellicola a colori istantanea e altri dieci al debutto della mitica Polaroid SX-70, che non solo scattava a colori, ma autosviluppava la pellicola alla luce del sole.

27 ottobre 1972. Edwin Land sulla copertina di Life per la presentazione della SX-70
Anche per chi non è mai entrato in una camera oscura, o non ha mai usato un rullino fotografico credo sia piuttosto evidente la magia – tuttora imbattuta – di una stampa fotografica chimica che si autosviluppava direttamente alla luce del sole, senza per questo velarsi o bruciarsi.
Edwin Land lasciò la Polaroid nel 1980, dopo oltre cinquant'anni di in cui si sono alternati grandi successi a grandi insuccessi. Fu secondo solo a Edison come numero di brevetti depositati. Non a caso è stato definito "l'ultimo dei grandi geni".
Edwin Land fotografato vicino al headquarter Polaroid con in mano uno dei primi prototipi funzionanti della SX-70.

Da istantanea a opera d'arte

Polaroid nacque come fotografia istantanea. Sono state moltissime le applicazioni, a cominciare da quelle scientifiche, e poi mediche fino alla sua forma più conosciuta, la fototessera, un'altra applicazione dove la fotografia era – ed è tuttora – immediatamente necessaria.

A sinistra alcuna delle più leggendarie fotocamere Polaroid, a destra ... il prodotto.

Land ha sempre cercato di raggiungere la perfezione con le sue pellicole e stampe istantanee ma, si sa, la perfezione non è di questo mondo e più specificatamente, nel caso di Polaroid, le variabili in gioco erano sempre moltissime: dipendevano dal tipo di soggetto, dalla quantità di luce, dalla freschezza o meno dei reagenti chiusi nei gusci che venivano dissuggellati dai cilindri d'acciaio, attraverso cui usciva la stampa che spalmavano - o cercavano di spalmare - nel modo più omogeneo possibile la chimica su tutta la superficie della pellicola. C'era poi la temperatura esterna e, prima del 1973, anche il tempo che bisognava aspettare prima di separare il negativo – nella maggior parte delle Polaroid, ma non in tutte, usa e getta – dalla stampa vera e propria.

Quindi, in una parola, Polaroid tendeva alla perfezione ma non sempre la raggiungeva. Ma non era poi neppure così importante che il prodotto finale fosse assolutamente perfetto; qualche difettuccio glielo si perdonava volentieri, visto che alcune pellicole come la Polapan 55, in meno di 30 secondi restituivano al fotografo una stampa in bianco e nero e un fior di negativo perfettamente riutilizzabile sotto l'ingranditore per stampe e ingrandimenti successivi. Meno di 30 secondi per avere un positivo e un negativo sviluppati e fissati e contemporaneamente. Miracolo? Di più.
Ecco che queste variabili, questi difettucci random, insieme all'unicità di ogni stampa – lasciamo un momento da parte il negativo riutilizzabile, anche in quel caso la stampa originale rimaneva solo e sempre una - attraggono molti fotografi alla ricerca di un medium che ribaltasse il concetto di replicabilità alla base della fotografia, trasformando ogni scatto in una fotografia unica, irripetibile e irriproducibile, tollerando, anzi, esigendo dal medium che a ogni scatto ci mettesse anche del suo, magari ottenendo un'immagine con alcune parti non sviluppate o diversamente sviluppate, improbabili intonazioni di fondo, bordi sfrangiati dove la chimica in alcuni punti si fermava, in altri superava l'inquadratura stessa dell'immagine. Da Ansel Adams in poi, tutti i grandi fotografi si sono cimentati anche o solo con Polaroid.

Un iPhone e delle stampe Polaroid: c’è una connessione tra i due linguaggi fotografici?
Sì, ma decisamente più magica del Bluetooth o del Wi-Fi.

Instagram e dintorni

Veniamo a oggi, quindi anche agli smartphone e alle app, a cominciare da Instagram, che restituisce innanzitutto immagini di forma più vicino al quadrato che al rettangolo, la forma tipica proprio delle immagini di certe pellicole Polaroid. Immagini che possono (devono), poi, essere postprodotte on camera, anzi, on smartphone, utilizzando diverse finiture, tutte in grado di alterare in modo più o meno marcato la saturazione, e di aggiungere bordi che in molti casi ricordano proprio quelli incompleti, tipici di Polaroid.
Immagini che in questo modo diventano uniche. Unico non significa necessariamente che siamo davanti a un capolavoro, come invece è più frequente in pittura, in scultura o in architettura. Si possono anche produrre una serie di immagini uniche quanto pessime, perché non basta l'alterazione dell'originale per trasformare un'immagine in una fotografia con la F maiuscola.
Fotografia? Il termine mal si coniuga con immagine: l'immagine, manteniamoci nel mondo dei jpg, è qualcosa di immaterico che si materializza su un display. Se usato come screenshot può materializzarsi anche per giorni, o mesi, ma sempre di un'immagine, quindi di immatericità si parla.
La fotografia invece era e rimane una stampa, realizzata in qualsiasi modo e su qualsiasi supporto, ma diventando in questo modo materia. La materia è qualcosa che è visibile anche senza alcuna forma di alimentazione, come invece i monitor e i display, ed è qualcosa di assolutamente definitivo, che rimane.
Ed è qui che torna il nome di Polaroid, con un particolarissimo prodotto che ... un momento che ci arriviamo.

A sinistra, un ingranditore portatile della Gaumont del secolo scorso: permetteva di riprodurre i negativi su cartoncino in bianco e nero; non era possibile variare né l’ingrandimento né il formato del cartoncino. La somiglianza con l’Istant Lab è notevole.

Impossibile Lab. Il prodotto.

Impossibile Instant Lab, da chiuso, si presenta come un parallelepipedo nero: impossibile capirne la funzione; tirando la parte superiore dal parallelepipedo fuoriescono parallelepipedi di misura sempre inferiore, che lo trasformano in un misto tra un modellino in scala della Torre di Babele e un giocattolo di cubi per bambini da 0 a 3 anni da montare uno sull'altro; solo che, visto che tutti i cubi sono neri, sembra che i bambini da 0 a 3 anni per cui è stato realizzato debbano appartenere alla famiglia Addams.

Sì va bene, ma cos'è e a cosa serve?
Io la definirei un vero e proprio ingranditore: al posto del cartoncino baritato o politenato si adopera pellicola Instant, e fin qui tutto bene, la Torre di Babele in realtà serve per portare a una precisa distanza dal piano dell'ingranditore l'obiettivo, un fior di obiettivo, 4 lenti in vetro, non un giocattolino. E al di sopra si mette appunto il negativo da stampare e... No, sopra non si mette il negativo ma... udite udite, si mette un iPhone 4, 4s o 5 e in pratica si riproduce su pellicola Instant esattamente l'immagine immaterica che appare sul display dello smartphone al momento dello scatto.

In questo modo la o le immagini di cui parlavo prima, scattate al naturale con l'iPhone o passate in Instagram o in un'altra app di post produzione, si trasformano in vere e proprie fotografie.
La risoluzione del display dell'iPhone è tale per cui la riproduzione ha comunque una qualità molto elevata, anche grazie al fatto che l'obiettivo da riproduzione inserito nel Istant Lab è di qualità molto elevata.
Ma adesso basta parlare, anzi scrivere, vediamo come funziona e come si utilizza l'Instant Lab.

Scaricare la App e scegliere l’immagine da riprodurre

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Su App Store si trova la App gratuita Impossibile Project.
 
Una volta scaricata la si apre.
     
Si sceglie dal menù cosa attivar, per stampare si seleziona INSTANT LAB.

 

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È possibile scattare una nuova immagine o aprirne una salvata all’interno dell’iPhone.
 
Si sceglie l’immagine.
 
Questa è l’immagine originale.
 
Ma esattamente come per le immagini di Instagram è necessario cropparla per adattarla al formato della pellicola Insant. Una volta croppata l’immagine si può già procedere con la stampa.

 

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Una volta raggiunto il crop desiderato si sceglie il tipo di supporto su cui stampare
 
Si appoggia l’iPhone sul Lab e si espone.
 
L'immagine originale
 
 e la stampa ottenuta.

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