Le basi rinascimentali della rappresentazione dell'architettura La questione delle “linee cadenti”
Il decentramento Decentramento con PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED
Decentrare il corpo: tecnica Jumbo MBS Plus Treppiedi, livella e... pazienza
Conclusioni e Link utili Photogallery

Decentramento con PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED

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Nikon D800 con PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED.
Nikon D600 con PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED.

Ingrandisci l'immaginePC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED.

Nikon ha in catalogo diversi obiettivi della serie PC e tre PC-E con funzionalità di basculaggio e decentramento utilizzabile anche in estensione Jumbo MBS Plus:


Vedremo di seguito, in abbinata alla Reflex Nikon D800, il PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED in una “prova sul campo” principalmente legata al genere di fotografia per cui l’obiettivo è pensato: la fotografia di architettura.

 


 


Nikon D800 + PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED – decentrato 0 (senza decentramento)

L’inquadratura risulta essere quella di un 24mm non decentrabile, inclinando verso l’alto la D800 e quindi il piano sensore, l’inquadratura presente delle evidentissime e fastidiosissime “linee cadenti”. Questa è una fotografia di architettura che non rispetta i canoni della rappresentazione e che neanche può essere considerata tra quelle che “trasgrediscono” le regole ai fini creativi.

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Nikon D800 + PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED – decentrato 0 (senza decentramento)

L’inquadratura risulta essere quella di un 24mm non decentrabile, lasciando la D800 “in bolla”, per mantenere il parallelismo delle linee verticali ed evitando le linee cadenti.

       

Nikon D800 + PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED – decentrato +2

L’inquadratura “sale”, ma il decentramento effettuato non consente ancora di inquadrare l’intero edificio, lasciando la D800 “in bolla”, per mantenere il parallelismo delle linee verticali ed evitando le linee cadenti.

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Nikon D800 + PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED – decentrato +6

L’inquadratura “sale”, ma il decentramento effettuato non consente ancora di inquadrare l’intero edificio, lasciando la D800 “in bolla”, per mantenere il parallelismo delle linee verticali ed evitando le linee cadenti.


 

Nikon D800 + PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED – decentrato +8
L’inquadratura “sale”, ma il decentramento effettuato non consente ancora di inquadrare l’intero edificio, lasciando la D800 “in bolla”, per mantenere il parallelismo delle linee verticali ed evitando le linee cadenti.
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Nikon D800 + PC-E NIKKOR 24mm f/3.5D ED – decentrato +10
L’inquadratura “sale”, il decentramento effettuato consente di inquadrare l’intero edificio, lasciando la D800 “in bolla”, per mantenere il parallelismo delle linee verticali ed evitando le linee cadenti. Compare una leggera vignettatura (facilmente eliminabile in post-produzione).
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Nikon D800 + 24mm f/3.5D ED PC-E NIKKOR – decentrato +11
L’inquadratura “sale”, il decentramento effettuato consente di inquadrare abbondantemente l’intero edificio, lasciando la D800 “in bolla”, per mantenere il parallelismo delle linee verticali ed evitando le linee cadenti. Compare l’evidente vignettatura di confine con il cerchio di copertura al massimo decentramento su infinito, lasciamo al fotografo la scelta di croppare l’immagine o lavorare di post-produzione nel caso si rendesse necessario un così spinto decentramento.
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Videata di Lightroom con visualizzazione zoom al 1:1

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Videata di Lightroom con visualizzazione zoom al 4:1


Bene, ma non è tutto in materia di decentramento Nikon.

Decentrare il corpo: tecnica Jumbo MBS Plus

Da un’idea di Giuseppe Maio, nasce la staffa di supporto Jumbo MultiBigShoot Plus “JMBS” che permette di ancorare al cavalletto l'obiettivo. In questo modo il punto di ripresa rimane fisso ed è possibile sfruttare affiancati sul piano focale grazie al decentramento della fotocamera invece che del punto di ripresa. Tutto ciò, a vantaggio del formato, dell’angolo di campo e della dimensione in pixel del file.

 

Nikon D800 + 24mm f/3.5D ED PC-E
NIKKOR + Jumbo MultiBigShoot con corpo macchina per riprese in verticale.

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Il comodo e stabile attacco del
Jumbo MBS Plus sul treppiedi.
 

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Photomerge di Photoshop permette di montare con semplicità e perfezione i tre scatti (sopra mostrato un esempio con soli due scatti) fatti spostando il decentramento del corpo con la tecnica Jumbo MBS Plus. Il decentramento del corpo invece di quello ottico, non aggiunge errori prospettici fornendo così tre parti di una unica immagine solo da “cucire” nei punti di abbondanza.


Grazie a strumenti come Photomerge di Photoshop, poi, potrà avvenire il montaggio dei file.


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Photomerge di Photoshop ha permesso di ottenere, con Nikon D800 + 24mm f/3.5D ED PC-E NIKKOR
usati in soluzione Jumbo MBS Plus, una unica immagine in questo caso pari a 9.303 x 4.944 pixel.


Con questa combinazione (Nikon D800 + 24mm f/3.5D ED PC-E NIKKOR + Jumbo MBS Plus) e un’operazione di montaggio in post-produzione, otterremo un file di più di 9000 x quasi 5000 pixel, che, ad una risoluzione di 240 PPI, potrebbe essere stampato in dimensioni 50x100 circa. Bhè, mi sembra notevole…

Treppiedi, livella e... pazienza

Potrebbe sembrare una filastrocca per bambini, ma in realtà sono gli ingredienti per un corretto approccio alla fotografia di architettura. Il treppiedi o cavalletto risulta essere un accessorio indispensabile quando si utilizza un’attrezzatura di grande formato che non permetterebbe un uso a mano libera; quando i tempi di esposizione sono lunghi e si potrebbe rischiare il mosso del soggetto (non nel caso dell’architettura) o causato dal movimento stesso della fotocamera per ed alla pressione del pulsante di scatto.

Ma, in realtà, la necessità di questo accessorio, anche quando si utilizza una fotocamera che per dimensioni e sistema potrebbe essere utilizzata a mano libera ed i tempi di otturazione risultassero “sicuri” nonostante siano “accoppiati” ai diaframmi chiusi, così come vuole la tradizione fotografica delle riprese di architettura (per avere maggior dettaglio possibile), comporta un rallentamento delle operazioni di ripresa che male non fa, (anzi!)…. alle riprese di architettura.
Bisogna prendere coscienza che il genere “architettura” è forse, insieme a quella di paesaggio, quella fetta di fotografia che è lontana dall’accezione più comune del “momento decisivo” a cui la fotografia spesso rimanda.

Se Henri Cartier Bresson, teorizzò e mise in pratica un’intera poetica legata all’istante irripetibile, quello decisivo appunto, che ha influenzato generazioni di reporter, la fotografia di architettura presuppone invece una “lentezza dello sguardo”.
 

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Gabriele Basilico (Milano 1944) tra i maggiori fotografi di architettura e paesaggio urbano, sostiene: “Ho scoperto la – lentezza dello sguardo -. Uno sguardo lento, come era stato per Eugène Atget o Walker Evans, uno sguardo che mette a fuoco ogni cosa, che porta a cogliere tutti i particolari, a leggere la realtà in un modo assolutamente diretto: quindi il grande formato, il cavalletto, un ritmo rallentato, la luce così com’è, senza filtri, guardare e basta.” (Gabriele Basilico – Architetture, città, visioni – Riflessioni sulla fotografia a cura di Andrea Lissoni – Bruno Mondadori 2007).

Al di là del formato della fotocamera, però, è proprio usando un treppiede che si “rallenta l’atto fotografico” e si può praticare “l’esercizio della contemplazione” che ci permette di operare in modo consono e forse più rispettoso nei confronti del soggetto architettura.

L’utilizzo della bolla a slitta, poi, si rende necessaria per controllare il perfetto parallelismo del piano sensore rispetto al piano dell’edificio oltre, ovviamente, al comodo reticolo che è possibile visualizzare nel mirino delle fotocamere reflex Nikon assieme all’orizzonte virtuale mostrato a monitor. Questa condizione, come già detto, permette il controllo delle linee verticali e permette di evitare quelle “cadenti” che risulterebbero dall’inclinazione verso l’alto della fotocamera al fine di riuscire ad inquadrare, senza decentramento, un intero edificio.

Terzo ingrediente: la pazienza. Ebbene, per tutto quanto detto sopra, la fotografia di architettura è un genere che presuppone una grossa dote di pazienza da parte del fotografo, tale elemento deve “condire” cultura, conoscenze tecniche ed utilizzo di un’attrezzatura specifica. Se la fotografia parte da un impulso, che la nostra percezione visiva mette in moto fino a portarci a decidere di premere il pulsante di scatto, nella fotografia di architettura tale impulso va “controllato”. D’altronde l’architettura è molto paziente con noi… resta sempre in posa. Ma non dobbiamo dimenticare che… “Fotografare l’architettura è quasi impossibile. Si possono trovare le ragioni profonde di questa difficoltà nell’essenza stessa del fenomeno architettonico, che, pur realizzandosi nella precisa determinazione spaziale, non può essere inteso se non percorrendone gli eventi nella viva successione dei momenti temporali che continuamente ne mutano la relazione con noi”. (E.N. Rogers, Architettura e fotografia. Nota in memoria di Werner Bischof, in “Casabella-Continuità”, n.205, Milano 1955).

Conclusioni

Chi scrive utilizza attrezzatura Nikon da quando si è avvicinato alla fotografia, (fine anni ’80) ma si affidava alla pellicola di medio e grande formato ed utilizzava attrezzatura a corpi mobili quando era chiamato a fotografare l’architettura per committenze esigenti e per personali progetti di ricerca.
Con la Nikon D800 (il suo fantastico sensore), il 24mm f/3.5D ED PC-E NIKKOR (i suoi movimenti di decentramento e basculaggio ed il trattamento ottico Nano-Crystal e lenti a bassa dispersione) ed il Jambo MultiBigShoot (che permette di sfruttare a pieno il maggior cerchio di copertura della serie PC targata NIKKOR), nessun dubbio e ripensamento: è possibile considerare i vantaggi del digitale e la versatilità di un sistema reflex Nikon FX anche per la fotografia professionale di architettura.
Finalmente!

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