Lenti addizionali
La gamma di lenti addizionali Nikon da 52 e 62mm di diametro.
Sono il sistema più semplice e pratico per diminuire la minima distanza di messa a fuoco degli obiettivi e, di conseguenza, aumentarne il rapporto di ingrandimento massimo. Si tratta di una lente positiva da avvitare sulla parte frontale dell'ottica che abbinata alla focale nativa dell'obiettivo, ne diminuisce la lunghezza focale. Andando però a modificare il sistema ottico con un elemento non calcolato direttamente in fase di progetto dell'ottica stessa, si può incorrere in cali qualitativi più o meno evidenti. Ciò sarà di norma più marcato con ottiche di natura molto luminose f/1.4 o f/2 ma chiudendo l'apertura del diaframma, si compensa adeguatamente il calo qualitativo generato dall'utilizzo delle lenti addizionali. Le lenti addizionali hanno il vantaggio di non andare a modificare l'apertura reale dell'obiettivo, per cui un'ottica che ha un'apertura massima pari a f/2.8, la manterrà anche con le lenti montate. Un classico esempio pratico l'abbiamo già visto in occasione dell'eXperience del Zoom-Nikkor AF-S VR DX 55-200mm f/4-5.6G IF-ED. Proprio per la semplicità d'uso, la relativa economicità e i risultati qualitativi ottenibili, sono considerate come soluzione d'ingresso per il mondo della macrofotografia.
Nikon ha 6 modelli di lenti addizionali. Con filettatura da 52mm troviamo i modelli No.0 e No.1, rispettivamente da +0,7 e +1,5 diottrie e i modelli 3T e 4T, con le diottrie rispettivamente di +1,5 e +2,9 e composti da un doppietto acromatico, invece che da una sola lente, garantendo così prestazioni ottiche migliori. Nel diametro con filettatura da 62mm si trovano invece i modelli No.5T e No.6T, anch'essi costituiti da doppietti. Ricordiamo che la lunghezza focale di una lente addizionale è correlata alle sue diottrie attraverso la relazione FL=1000/D, in cui FL è la lunghezza focale della lente addizionale e D è la diottria della stessa. Quando invece la lente addizionale viene montata su un obiettivo, la nuova focale che si ottiene segue questa relazione: FN=(FO*FL)/(FO+FL) in cui FN è la nuova focale ricercata, FO la focale dell'obiettivo e FL la focale della lente addizionale.
I tubi di prolunga
A differenza delle lenti addizionali, i tubi di prolunga non modificano lo schema ottico dell'obiettivo in uso, ma sono meno pratici da utilizzare e comportano il fatto di far lavorare l'obiettivo a distanze di ripresa per cui non è stato progettato in origine. In pratica i tubi di prolunga non fanno altro che allontanare l'obiettivo dal piano del sensore, esattamente come avviene quando si passa da una messa a fuoco impostata su infinito a quella minima dell'obiettivo (sempre che l'obiettivo non sia dotato di lenti flottanti e messa a fuoco interna!). Prendendo per esempio il Nikkor AF 35mm f/2D, è evidente come il passare dal simbolo di infinito a 25 centimetri, il gruppo ottico venga spostato in avanti di diversi millimetri. Allo stesso modo, interponendo dei tubi di prolunga tra ottica e corpo macchina è possibile allontanare di distanze fisse (lo spessore del tubo di prolunga stesso) l'obiettivo, e permettere così di focheggiare a distanza più ravvicinata di quanto permesso dall'elicoide di messa a fuoco dell'obiettivo. In questo caso, per comprendere quale sarà il rapporto di ingrandimento ottenuto con il tubo di prolunga, si può utilizzare questa relazione: I=(D+D1)/f – 1 in cui I indica l'ingrandimento, D è la lunghezza del tubo di prolunga, D1 è la distanza tra il bocchettone di innesto ottica e il piano del sensore, altrimenti detto anche tiraggio, e per tutte le Reflex Nikon è pari a 46,5mm e f è la focale dell'obiettivo utilizzato, ovviamente considerato con la messa a fuoco impostata su infinito. Questa regola tuttavia considera D come la distanza misurata dal punto nodale posteriore dell'ottica in uso, un valore non sempre facilmente misurabile; per cui senza questo aggiustamento, i risultati potrebbero essere inferiori al rapporto di ingrandimento reale fornito dall'accoppiata obiettivo e tubo di prolunga. Ad esempio, utilizzando un obiettivo da 55mm di focale e il tubo di prolunga Nikon PK13, da 27,5mm di spessore si ottiene: I=[(27,5mm+46,5mm)/55] – 1 ovvero 0,3 e non 0,5 che sarebbe il risultato corretto tenendo conto del punto nodale posteriore dell'obiettivo utilizzato, che dà, appunto il rapporto di ingrandimento, 1:2. Per semplicità, quindi si può trovare il fattore di ingrandimento semplicemente dividendo la lunghezza del tubo di prolunga per la lunghezza focale dell'obiettivo in uso.
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I tubi di prolunga sono i modelli PK11A, PK12 e PK13, rispettivamente da 8,14 e 27,5mm di spessore. Occorre fare attenzione con le reflex digitali e con quelle che dispongono di contatti elettrici nel bocchettone, di usare esclusivamente il modello PK11A e non il più vecchio modello PK11 che potrebbe danneggiare i contatti della fotocamera. |
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Nikon propone tre modelli, PK11a, PK12 e PK13, con lunghezze, rispettivamente di 8mm, 14mm e 27,5mm. Si possono utilizzare anche accoppiati, ma appare evidente, come con obiettivi di focale piuttosto lunga, anche utilizzandoli accoppiati, non si riesca ad ottenere ingrandimenti degni di nota. Sono quindi ideali per ottiche di lunghezza focale uguale o inferiore a 100mm circa. Inoltre, con le nuove ottiche Nikkor G, ovvero quelle senza la possibilità di regolare meccanicamente il valore di diaframma, si otterrà al momento dello scatto, la chiusura al valore minimo (f/16, 22 o 32 in base all'obiettivo) senza possibilità di regolarlo. Sono quindi indicati per tutte le ottiche AF e AF-D, nonché ovviamente con gli obiettivi a messa a fuoco manuale AI e AI-S.
I tubi di prolunga possono essere utilizzati
con qualsiasi obiettivo della serie
AI, AIS, AF e AF-D. |
Con gli obiettivi AF G non è possibile regolare il diaframma
e questo rimane, al momento dello scatto, chiuso al valore più elevato, rendendo così sconsigliabile il loro impiego. |
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