Il fotografo Marco Resti, racconta la sua esperienza dal Malawi.
Una fotografia può raccontare il mondo?
Una fotografia può arrivare ad abbattere il muro della lingua?
Quanto possiamo comunicare con un semplice scatto?
Youth Photo Perspective è un progetto di inter-cultura che si pone l?obiettivo di mettere in relazione ragazzi di tutto il mondo per stimolarli a comunicare attraverso la fotografia. “Un modo nuovo di scoprire e conoscere il mondo.”
Quando due realtà come la Formazione e la Fotografia si incontrano, nasce l?idea di far decollare insieme Youth Photo Perspective.
L'idea è molto semplice: promuovere gli scambi culturali di ragazzi di diverse nazionalità attraverso lo scambio di immagini. Marco Resti, fotografo NPS e membro dell?associazione Metodo, ha già promosso questa iniziativa in Burkina Faso tra il Centro Jean Paul II di Koupela e il Centro di formazione Song-Taaba di Kanougou dove sono stati scelti dodici ragazzi "fotoreporter per 24 ore".
Ogni settimana, spiega Marco, ricevo per e-mail le foto del vincitore del concorso fotografico interno, organizzato per stimolare e per dare un?occasione ai ragazzi. La partecipazione in Burkina è stata molto alta e non me lo aspettavo: speriamo in Malawi avvenga lo stesso.
YPP è scoprire qual è l'angolo prospettico di un giovane sulla propria realtà, qualunque essa sia, in diverse parti del mondo e allo stesso tempo un'azione educativa perché i ragazzi vengono formati e invitati ad essere reporter per un giorno cercando di cogliere attraverso le immagini gli aspetti più significativi del mondo che li circonda. Stimolare quindi i giovani a diventare protagonisti attivi del proprio contesto sociale e a scambiare informazioni attraverso la fotografia.
Marco Resti ha portato YPP in Malawi, in questo inizio maggio alla scuola secondaria Gateaway di Lilongwe, la capitale.
Il preside, Mr. Msampha accoglie il progetto con grandi sorrisi ed entusiasmo: “sarà una buona opportunità per i ragazzi anche perché la fotografia (come ahimè spesso e purtroppo accade) non è materia di studio. Per questi giovani è una prova che non avrebbero opportunità di cogliere altrimenti”.
A seconda delle età, delle attitudini e della manifesta voglia di partecipare a queste giornate fotografiche, ecco di fronte a noi 12 tra ragazzi e ragazze, dai 14 ai 18 anni.
Adolescenti. Che lingua parlare con loro?
Dopo aver introdotto un paio di regole di composizione generali e l?uso delle Nikon L21 messe a disposizione da Nital, Marco ha consegnato loro le macchine. Si inizia subito! I ragazzi si sono sparsi per la città, per le campagne, per le strade. Visibilmente eccitati, l?unica domanda è stata: “come faccio a sapere se le batterie saranno sufficienti?” Dapprima intimiditi, con le macchine fotografiche in mano hanno iniziato ad ascoltare con lo sguardo rivolto agli LCD. “Quante foto possiamo scattare?” “Quante ne volete”, risponde pronto Marco, “ma c?è una regola: vietato cancellare le immagini”. Marco mi rivela il senso: la paura di molti ragazzi è quella di aver fatto una foto “brutta”, o di aver sbagliato qualcosa. Il fatto di non poter cancellare nulla li porta tutti sullo stesso piano: scoprono semplicemente che tutti sbagliano. Il “concorso interno” funge da motore, da spinta. Non vincerà lo scatto migliore, perché questi ragazzi non ne comprenderebbero il significato. Vince chi interpreta meglio il senso di queste giornate.
“Raccontateci che cosa significa essere un giovane, in Malawi, a Lilongwe, in questo maggio 2011: raccontate ad altri ragazzi il vostro mondo”: queste le brevi indicazioni di Marco. “Abbiamo deciso di non interferire con regole tecniche, lunghe spiegazioni fotografiche o dictat, volutamente. Uno degli obiettivi è che l?esperienza dei ragazzi con la fotografia sia la più spontanea possibile e la meno “travisata” dalle mie parole. I ragazzi sono davvero come spugne. Assorbono concetti anche difficili, ma in questo caso ho capito che meno dico più comunico. L?obiettivo è far sì che l?esperienza sia autentica.”
Pronti, via! Li abbiamo visti in città a gruppetti, sparsi nei dintorni, concentrati nei villaggi, al mercato: sembrano davvero seri, commenta qualche insegnante. Decidiamo di lasciarli soli a scattare, sempre seguendo la filosofia di intervenire il meno possibile per far sì che gestiscano il tempo a disposizione come preferiscono.
Marco, il giorno seguente, visiona le immagini di Otis, Mark, Jean Claude, Charles, Hopeson, Wilson, Mary, Phylis, Liniy, Rahaby, Stella e Doroccah. La parte più interessante sono state le motivazioni che hanno accompagnato gli scatti: un albero, perché dobbiamo ricordarci dell'ecosistema e dei problemi legati alla deforestazione, le maschere del Gule Wamkulu, danza e tradizione dell?etnia Chewa, a rappresentare la cultura da cui veniamo, una donna in cucina, per far vedere come si cuoce la polenta, un campo di noccioline e un contadino, a testimonianza della fatica con cui si raccolgono i frutti della terra... e perché amo le noccioline, ammette Rahaby.
È stata poi organizzata una mostra con gli scatti segnalati dagli stessi ragazzi e premiato il vincitore del concorso interno, con una Nikon L21 messa a disposizione da Nikon. Otis ha scattato una serie di immagini molto diverse tra loro, riportando appunto le contraddizioni tra città e campagna, tra povertà e ricchezza che sta vivendo questa, come molte altre capitali africane.
Lilongwe è il Parlamento, è i giardini, è i nuovi supermercati, è la voglia di essere una capitale mondiale. È anche, però, la raccolta del mais, il lavoro manuale dei contadini, è una pentola di nsima cotta sul fuoco, è la natura a portata di mano. YPP è un'esperienza che si ripeterà, forse anche nuovamente in Malawi, ma che ha come futuri obiettivi, racconta Marco Resti, anche la Palestina. Al di là di dove, speriamo che venga data a più ragazzi possibili la possibilità di raccontarci il loro mondo con le immagini e che il linguaggio fotografico, soprattutto all'interno delle scuole, non sia considerato "solo" fotografia, ma che ci si accorga che nel 2011, non poter scattare, è precludersi una possibilità di comunicare.
Ritornando alle domande iniziali: ovviamente si può raccontare molto con il linguaggio fotografico, ma abbiamo trovato le parole che lo accompagnano uno strumento importante ed utile. Come ricorda Scianna in una recente intervista: la fotografia arricchita dalle parole, ne valorizza lo scopo, che è il racconto. Di certo, la fotografia, raccontata dall?autore ci dice sempre qualcosa di più.
Per visitare il sito dell?associazione Metodo, promotrice del progetto: www.me2do.it
Il sito di Marco Resti: www.marcoresti.com