Sarà un workshop firmato Nikon School e verterà su un tema tanto affascinante quanto utile alla formazione di un bravo fotografo: la Storia della Fotografia.
Tenuto da Raffaella Ferrari, laureata presso la Statale di Milano, guida e curatrice di diverse mostre fotografiche, fornirà ai partecipanti gli elementi storici e teorici necessari a comprendere la fotografia di oggi e di domani, il tutto con un linguaggio semplice ma efficace, volto alla massima interazione fra docente e allievi. Ai seminari e ai corsi incentrati sulla tecnica fotografica, sulla composizione e sulla videoripresa, il programma Nikon School affianca così un workshop di natura e finalità differenti, raffinato e piacevole da seguire.
Con le idee molto chiare e tanti progetti per la mente, Raffaella Ferrari riassume in queste parole, e con un po' di simpatica ironia, l'importanza delle teoria e della cultura:
«Chi fa o vuole fare il pittore, si interessa a Picasso e alle sue opere; chi invece ambisce a fare il fotografo, quasi sempre trascura idee e lavoro di chi l'ha preceduto».
Prima di annunciare il suo workshop, l'abbiamo incontrata per fare la sua conoscenza. La passione e la capacità di comunicare che traspaiono dal suo modo di esprimersi e di raccontarsi, sarà l'essenza di uno dei workshop Nikon School più interessanti del 2014. Ne siamo convinti.
Buongiorno Raffaella, in attesa del workshop Nikon School che terrai sul tema “Storia della Fotografia”, vorremmo che ci parlassi un po' di te.
Mi sono laureata in Storia della Fotografia all'Università Statale di Milano, corso di studi oggi assorbito dalla laurea in Storia dell'Arte Contemporanea.
Erano i tempi, parlo dell'anno 2000, delle bellissime mostre fotografiche allestite presso il Palazzo dell'Arengario, in Piazza Duomo a Milano. Fra queste ce ne è stata una dedicata alle opere del grande maestro francese Henri Cartier-Bresson, per la quale mi è stato chiesto di fare da guida.
E quando Denis Curti, direttore dell'agenzia fotografica Contrasto, ha concluso la sua introduzione alla mostra, spiegandoci cosa e come, io e gli altri colleghi, avremmo dovuto trasmettere ai visitatori, ho capito di essermi definitivamente innamorata della Storia della Fotografia e che la stessa sarebbe stata al centro della mia vita lavorativa da lì in avanti.
Dopo, ho fatto da guida per una mostra di Robert Capa, altro fotografo passato alla storia. Lo stesso Denis Curti, successivamente, mi ha proposto di scrivere una tesi sul lavoro di Mario De Biasi, primo fotografo italiano a essere assunto da una rivista, per l'esattezza Epoca (correva l'anno 1953, ndg), nonché autore di uno dei più famosi ritratti (di spalle) di Moira Orfei, esposto negli anni 90 al museo Guggenheim di New York. Ho accettato la proposta e quel lavoro si è presto rivelato un'esperienza bellissima. Sai, se non ti innamori della Storia della Fotografia dopo aver svolto lavori così prestigiosi e coinvolgenti, non lo fai più (sorride, ndg).
Nel recente passato di cosa ti sei occupata? E nel presente cosa fai?
Dopo la tesi su De Biasi, ho lavorato con diverse agenzie foto-giornalistiche di Milano, una palestra di vita fantastica. Ho imparato a scegliere le immagini in funzione dell'uso editoriale che mi veniva richiesto.
Ho così osservato migliaia e migliaia di fotografie, tutti i giorni, su ogni tema. Insomma ho avuto la possibilità di allenare il mio occhio.
Dopo, sono diventata mamma e ho deciso di trasferire la mia attività a Bergamo, dove ho lavorato come guida per la Gamec (Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo), muovendomi sempre in ambito didattico. È un lavoro che amo moltissimo e di cui non potrei fare a meno. Mi piace dare a chi ascolta quell'input, quel “la” che susciti in lui o in lei l'interesse per la fotografia. E se la stessa persona, quando va a casa, decide di acquistare un libro di fotografia o di lavorare in ambito fotografico, significa che ho fatto bene il mio mestiere. Curo attualmente diverse mostre in vari comuni e tengo corsi di Storia della Fotografia.
Se tu fossi fotografa, che stile prediligeresti?
Più che interpretare la fotografia come narrazione, ultimamente mi sento molto attratta dalla studio per la composizione. Se dovessi quindi scegliere che tipo di fotografa essere, sarei forse una fotografa di Still Life. Mi piace l'idea di dare, attraverso la luce e la composizione, diverse interpretazioni allo stesso soggetto.
Quale macchina fotografica possiedi?
Ho una Nikon D700, una macchina che considero eccellente. Ti apre un mondo e ti dà la possibilità di esprimerti in tutti quelli che sono i tuoi pensieri. Questo è un aspetto importante del mio modo di pensare e guardare alla fotografia: i pensieri, appunto. Prima di tutto devi avere qualcosa da dire, dopo devi avere una buona macchina per fare tutto il resto.
Perché credi che sia importante proporre un workshop Nikon School sulla Storia della Fotografia?
Perché molte volte non ce ne rendiamo conto e facciamo quello che è stato già fatto. Ciò capita spesso ai fotografi i quali badano solo alla tecnica e alla pratica, ma non hanno mai rivolto la propria attenzione a ciò che è stato, alla storia. Spesso lo dico ai miei allievi durante i corsi:
«Chi fa o vuole fare il pittore, si interessa a Picasso e alle sue opere; chi invece ambisce a fare il fotografo, quasi sempre trascura idee e lavoro di chi l'ha preceduto».
Succede spesso che i fotografi citino frasi celebri, senza che però sappiano chi le ha pronunciate o concepite. Considera inoltre che i fotografi più giovani non hanno mai visto un rullino, sanno poco e niente di ciò che è una camera oscura e via dicendo. Dobbiamo quindi fare in modo che ciò non accada: la Storia della Fotografia arricchisce e aiuta a riflettere.
Cosa pensi di proporre al workshop? E come lo articoleresti?
Mi piacerebbe che il workshop duri un'intera giornata, e che alla mattina si parli della fotografia fino agli anni 50. Al pomeriggio invece, vorrei che si affronti la Storia della Fotografia Contemporanea, dalla nascita della TV a oggi.
Credo che queste siano le basi teoriche di cui dovrebbe disporre un fotografo che voglia definirsi professionista.
Naturalmente il racconto, le spiegazioni e gli aneddoti, saranno accompagnati da slide che rendano l'ascolto piacevole e interattivo. Un workshop di questo tipo getterebbe inoltre le basi per altri più settoriali e incentrati su temi specifici.
Del tipo?
Mi piacerebbe portare avanti temi come la Storia della Fotografia di moda, del ritratto e dell'auto-ritratto, dell'architettura, del nudo. La fotografia, la puoi studiare in tanti modi.
Prevedi una sessione pratica?
Se dopo il workshop iniziale, dovessimo per esempio organizzare un workshop di Storia della Fotografia di moda, potremmo dedicare la mattina alla teoria, il pomeriggio alla pratica, invitando una modella e svolgendo una sessione fotografica.
Un fotografo contemporaneo che ti piace in particolare?
Mi ha stupido molto Philip Dujardin. Non mi stanco mai di guardare le sue fotografie. È in grado di produrre una fotografia di architettura creando mondi immaginari. Un po' come Spenser Tunick: entrambi creano mondi che non esistono.
Dammi tre buoni motivi per partecipare al tuo workshop Nikon School.
Punto 1: la Storia della Fotografia tocca un periodo di tempo di circa 170 anni. Non si può non sapere cosa sia accaduto in tutto questo lasso di tempo. Punto 2: per raggiungere alti livelli in termini pratici, occorre essere preparatissimi anche sulla parte teorico-culturale.
Punto 3: il workshop offrirà spunti di riflessione anche su quello che sarà il futuro della fotografia.
Può sembrare strano, ma parlando del passato riusciremo a capire meglio il futuro. E poi aggiungo che personalmente metto l'anima in tutto quello che faccio.
Spesso mi hanno detto che riesco a spiegare i concetti con umiltà, senza mai mettermi in cattedra, offrendo sollecitazioni e invitando a intervenire alle discussioni. Sarà senza dubbio una esperienza positiva per tutti, me compresa.