di Massimo Mazzitelli
Eccomi di ritorno da una vacanza alla scoperta di alcune popolazioni della Cambogia e del Vietnam. Sono stati 18 giorni molti intensi, e per questo ci siamo affidati ad una agenzia di Hanoi che ha organizzato la logistica. Tutto veramente impeccabile: dagli hotel ai complessi trasferimenti con minibus, aereo, autobus di linea, treno, barca da crociera e canoe.
Arriviamo a Saigon, appena scesi dall'aereo (subito si capisce che la burocrazia c'é ma non te la fanno pesare), tutti con il sorriso e disponibili, ritiro bagaglio immediato, visto di ingresso e controllo documenti controllati in brevissimo tempo ed ecco che in meno di 15 minuti siamo fuori dall'aeroporto. Benvenuti in Vietnam.
All'uscita ci attende una folla immensa. Non era li per noi, ma la nostra vacanza è capitata nel bel mezzo del TET. Il tragitto dall'aeroporto all'albergo ci fa capire che i 9 milioni di abitanti sono quasi tutti riversati per le strade, indaffarati a fare qualcosa, a volte non si sa cosa ma occupati nel commercio e nel trasporto di ogni cosa. Il traffico è molto intenso come del resto in tutte le altre grandi città che abbiamo visitato, ed è costituito quasi esclusivamente da biciclette e motocicli, distese immense di moto, prevalentemente scooter, e pochissime auto. Attraversare la strada durante i primi giorni sembrava di affrontare la roulette russa, ma poi ci si abitua, l'importante è non fermarsi e con passo più o meno deciso si giunge alla sponda opposta della strada.
Il clacson sembra indispensabile, tutti suonano spesso non si sa a chi o per cosa ma suonano giorno e notte, un frastuono per noi molto fastidioso. Il casco è obbligatorio si va dal casco normale, ad elmetti dei soldati tedeschi o americani, al casco che si usa in edilizia e così via; in sella spesso sono in 3 o addirittura in 4, oppure stracarichi di pacchi spesso con le cose più assurde che uno in moto possa portare come galline, alberi, frigoriferi, maiali, tappeti, scatoloni, sedie, divani. Abbiamo visto alcuni piccoli incidenti tra motorini, e devo dire che la cosa ci ha colpito; la reazione comune si risolve in un sorriso, a volte qualche parola, un piccolo controllo alla moto e poi via per la propria strada.
Arrivati in hotel la nostra attenzione è attirata dalle linee elettriche esterne. In tutte le città sono un groviglio di centinaia di cavi che arrivano da tutte le direzioni appesi ai pali alla bene meglio, anche i contatori sono appesi ai pali a casaccio: eppure funziona tutto.
Ci rinfreschiamo e via subito, senza perdere tempo. Si parte con il pulmino a visitare i famosi Tunnel di Cu Chi; la nostra guida ci accompagna mostrandoci subito un filmato ormai logoro ed una mappa dei cunicoli con le varie stanze, una distesa di passaggi per noi stretti che si sviluppano per circa 200 km.
Ci mostra poi alcuni ingressi e ci invita ad entrare, provo, scendo una scaletta molto stretta e ripida ed in ginocchio mi sposto per circa 30 metri e senza perdere di vista la guida raggiungo una seconda uscita, il condotto è stretto e la volta assomiglia a quella di una galleria ferroviaria in miniatura, le pareti sono di terra battuta e lisce; proseguiamo, troviamo un incrocio con un tunnel che sprofonda nel buio, ma per fortuna prendiamo la via dell'uscita ed ecco finalmente il sapore dell'aria fresca e della luce del sole, un'esperienza unica. Una breve sosta per un tea verde e poi si prosegue in una fabbrica, dove lavorano le vittime del cosiddetto Agente Orange: fabbricano piatti, vassoi, tazze in bamboo con decorazioni molto curate.
Il giorno dopo, una veloce colazione a base di noodles per poi imbarcarci su una grossa canoa a motore. Navighiamo sul Mekong, questo immenso fiume marrone, utilizzato dagli abitanti per le attività più disparate: pulizia delle stoviglie, pulizia personale e scarichi vari. Durante il tragitto visitiamo alcuni villaggi ed il mercato galleggiante, dove intere famiglie vivono su barconi, più o meno grandi, carichi di cocco, banane, verdure, e quant'altro si possa commerciare. Canoe più piccole solcano il fiume guidate da donne o uomini che con reti a strascico catturano del pescato non propriamente ben definito, che spesso cucinano fritto con del pan grattato, cercando forse di nascondere quel gusto di fango o altro a noi sconosciuto. Si ritorna in pulmino e dopo aver preso 2 ferry boat per attraversare rami del delta del Mekong, raggiungiamo Chau Doc sul confine Vietnam-Cambogia. La mattina dopo ci trasferiamo nuovamente su un navebus, passando il confine Vietnam-Cambogia, navighiamo per circa 4 ore sul Mekong per raggiungere la capitale Phnom Penh.
Questa popolazione ha attraversato anni difficili tra il 1975 e il 1979, vittima del governo repressivo di Pol Pot, il dittatore che ha messo in ginocchio la nazione con il suo regime. Le conseguenze si fanno ancora sentire, il 47% dei 14 milioni di abitanti vive con meno di mezzo dollaro al giorno. Mangiamo in un bel ristorante dove il servizio è impeccabile, guardati a vista non so se perché siamo persone singolari dato che italiani se ne vedono pochi, oppure perché divoriamo tutto usando con molta semplicità le chopsticks.
Le maggiori attrazioni turistiche di Phnom Penh sono il Palazzo Reale, la Pagoda d'Argento, il Museo Nazionale. Iniziamo con il Palazzo Reale residenza ufficiale del re della Cambogia: Norodom Sihamoni. Il palazzo è stato fatto costruire dal re Norodom nel 1866, ed è costituito da diversi edifici, tra cui spiccano la Pagoda d'Argento, che ospita i doni ricevuti dalla famiglia reale nel corso degli anni. Entrando in questa immensa sala veniamo avvolti da una sensazione surreale, quasi fantastica, la prima la sentiamo ai nostri piedi che calpestano più di cinquemila piastrelle d'argento ormai instabili. Tecle colme di oggetti antichi tempestati di pietre preziose oro e argento, tessuti e tappeti; la cosa più imponente dal valore inestimabile è racchiusa in una tecla di vetro e oro, si tratta del Buddha, una statua d'oro e diamanti e dietro di lui il Buddha di smeraldo. Uscendo raggiungiamo il palazzo del trono, dove entriamo scalzi e avvolti dal silenzio religioso, ammiriamo quelle poltrone, anch'esse d'oro e protette dalle transenne, ma che probabilmente tutti vorrebbero oltrepassare per poter assaporare per una volta nella vita cosa si prova a sedersi in un vero trono reale.
Il giorno dopo ci attende un lungo viaggio in autobus, 6 ore percorse tra villaggi, città, risaie e fornaci dove si fabbricano mattoni fino alla città di Siem Reap in cui visitiamo per 3 giorni i templi di Angkor. Angkor è il sito in cui si trovavano una serie di capitali dell'Impero Khmer nel periodo compreso fra il IX ed il XV secolo. Le loro rovine sono situate fra imponenti foreste nel nord del lago Tonle Sap. La città di Angkor fu scoperta per caso verso la metà del diciannovesimo secolo da Charles Èmile Bouillevaux, un prete francese che la descrisse con disappunto, contrariamente a quanto, un anno dopo nel 1851, fece l'esploratore Henri Mouhot descrivendone meraviglia e curiosità. I templi di Angkor sono più di mille, alcuni ridotti a macerie ma molti sono stati restaurati o in corso di restauro; essi rappresentano l'apice dell'architettura Khmer.
È tempo di ripartire, da Siem Reap con l'aereo ci spostiamo a Da Nang per poi dirigerci verso Hoi an. È una città piccola, ma attrae numerosi turisti sulla base dell'arte locale dei vestiti su misura, ma soprattutto è famosa per il Cao l?u, una pietanza a base di teneri noodles mischiati con crostini di sfoglia di riso, germogli di fagiolo e verdure, guarnito con fettine di maiale.
Prossima destinazione Hu?, dove visitiamo la cittadella e le tombe imperiali; entrando all'interno di queste costruzioni si viene avvolti dai profumi dei famosi incensi che le delicate mani delle donne della città confezionano con sapienza; rimaniamo affascinati dai riflessi delle ceramiche lucidissime e dalle sculture laccate d'oro che adornano le stanze nascondendo il mistero del luogo esatto di sepoltura del re. Si dice inoltre che gli architetti e tutta la manovalanza che lavorava nella costruzione delle tombe venivano in seguito uccisi in modo da non svelarne i segreti di sepoltura. Riprendiamo l'aereo per Hanoi, e la mattina successiva raggiungiamo la Baia di Ha Long, dove, ad aspettarci, troviamo un'enorme barca in legno, tipica della zona, con tanto di equipaggio a nostra disposizione per una crociera di due giorni.
La spettacolare Baia di Ha Long costituita da più di 3000 isole che emergono dalle acque del golfo del Tonchino, è uno spettacolo emozionante dei più bizzarri che la natura ci possa offrire; oltre alle vedute mozzafiato, abbiamo avuto modo di esplorare una delle tante grotte (per l'esattezza la grotta di Hang Dao Go) un enorme caverna composta da 3 cavità che si raggiungono mediante una lunga scalinata. Il termine Ha Long significa “dove il drago scende nel mare”. Secondo una leggenda, le isole della baia furono infatti create da alcuni draghi venuti in aiuto per combattere gli invasori cinesi. L'ambiente circostante è pieno di magia, il cielo è poco nuvoloso e le correnti di quota si divertono a disegnare, con le nuvole, scie spettacolari, il sole fa il resto, colorando sul tramonto di rosso intenso buona parte del paesaggio. Il giorno dopo, rientriamo al nostro albergo di Hanoi con il solito pulmino, giusto in tempo per preparare il bagaglio che ci servirà per i prossimi 2 giorni sulle montagne di Sapa, e via alla stazione ferroviaria dove trascorreremo la notte in treno per arrivare a Lao Cai prima dell'alba. Arriviamo puntualissimi verso le 5 del mattino a Lao Cai che si trova al confine con la Cina.
In stazione ad aspettarci c'è un autista che ci condurrà con un pulmino al nostro albergo di Sapa. L'aria è molto frizzante, purtroppo il buio non ci permette di vedere il paesaggio che ci circonda. Arrivati in hotel ci danno subito le nostre camere, una doccia, colazione ed iniziamo il trekking che ci porterà a visitare le tribù etniche, per l'esattezza i Hmong e i Dao che sono i gruppi più consistenti e pittoreschi della regione, anche se vivono tutti in condizioni di estrema povertà.
Il panorama è splendido, tutte le montagne sono terrazzate, ben curate e molto precise nella loro costruzione seguendo perfettamente le forme della collina dove pare che coltivando il riso solo in une breve periodo caldo dell'anno, tengano il raccolto solo per il proprio consumo, mentre nel periodo restante le donne continuino a lavorare intrattenendo i turisti con le loro vendite di prodotti artigianali. La nostra guida e una graziosa ragazza di 21 anni appartenente alla tribù dei Hmong che si è ribellata alle usanze delle sue origine per studiare, sposarsi con l'uomo amato e diventare una bravissima guida, facendo una vita più vicina alla civiltà comune. Da subito siamo stati prima accerchiati e poi seguiti per tutta la durata del trekking da un gruppo di donne Hmong con tanto di bambini a zaino con l'intento di venderci senza tregua oggetti da loro prodotti che poi spesso si viene a sapere che la provenienza di alcuni è esterna. Alla fine cedo, pur di non avere più la guardia del corpo, compro dopo una breve contrattazione per 100 dong (circa 5 euro) un telo ricamato e per magia non faccio a tempo a dire “ciao” che mi sono ritrovato da solo in mezzo alla strada. Il giorno dopo il tempo non promette bene, ci accompagna una nebbiolina ma riusciamo comunque ad attraversare innumerevoli villaggi su colline terrazzate, dove qua e là bambini scorrazzano completamente scalzi o seminudi. È giunta sera, riprendiamo il treno per ritornare ad Hanoi. Dalla stazione rientriamo nel nostro albergo per posare i bagagli e ripartire subito per Hoa Lu.
Hoa Lu, durante il regno della dinastia dei Dinh e dei Le Anteriori fu la capitale del Vietnam, un ruolo che venne chiamata a ricoprire per la sua particolare posizione geografica, trovandosi in una regione protetta da bizzarre barriere naturali e a sufficiente distanza dalla Cina. La cittadella, ormai quasi completamente distrutta, occupava un tempo una superficie di 3 km quadrati; oggi rimangono 2 templi. Dinh Tien Hoang e Duong Van Nga; visto che siamo in zona decidiamo di andare a Tam Coc: il nostro giro in barca a remi è purtroppo accompagnato da una pioggerellina fastidiosa ma lo spettacolo è comunque suggestivo. Tam Coc è una piccola copia in acqua dolce di Ha Long, con rocce che si innalzano in mezzo alle risaie. Durante il giro in barca lungo il fiume Ngo Dong penetriamo nelle tre cavità naturali ed è uno spettacolo davvero emozionante.
Siamo quasi alla fine del nostro viaggio, ci rimangono solo 3 giorni, che trascorreremo ad Hanoi. Questa città così indaffarata, così frenetica dove il via vai di persone, il frastuono dei clacson e distese infinite di motorini ti accompagnano per tutto il giorno, una città così operosa dove il disoccupato forse non esiste perché tutti, anche il più povero con il suo sorriso stampato sulle labbra, si inventa un lavoro occupando un pezzetto di marciapiede. Capitiamo proprio nel periodo della celebrazione della festa del Tet, un'occasione da non perdere. Ad Hanoi visitiamo l'incantevole Tempio della letteratura, un esempio di architettura tradizionale vietnamita conservato nei secoli. Nel 1076 divenne sede della prima università del Vietnam, istituita per formare i figli dei mandarini. Il tempio della letteratura è formato da 5 cortili interni separati da mura. I viottoli centrali e le porte che collegano i cortili erano riservati al re. Dedichiamo anche qualche ora alla visita del Mausoleo di Ho Chi Minh più conosciuto come lo “Zio Ho”. Con un protocollo rigido entriamo nei giardini, passando un primo controllo e poi un secondo dove ci fanno depositare lo zaino lasciandoci però la fotocamera e dicendoci che possiamo fare le foto solo all'esterno del mausoleo. Ci conducono in fila indiana verso un viale dove passiamo un terzo controllo e questa volta ci fanno posare la fotocamera; sempre in fila indiana altre guardie ci conducono verso una piazza molto grande dove ci fermano sempre in fila indiana e senza mai perderci di vista. Con passo marziale giungono altre guardie posizionandosi in punti prestabiliti esclusa una di queste che ci raggiunge e ci invita a seguirlo. Entriamo, l'ambiente è sterile, lastre di marmo grigio lucidissime rivestono tutto l'ambiente. Entriamo nella grande camera a temperatura controllata ed eccolo li, disteso in una teca di vetro, perfettamente imbalsamato, quasi si fosse appena addormentato, attorniato da 4 guardie immobili. Giriamo attorno in un percorso obbligato, con il divieto assoluto di soffermarsi proseguiamo verso l'uscita, in meno di 30 secondi usciamo all'aperto, e dopo pochi passi in un altro punto di controllo magicamente mi consegnano dentro una sacca la mia fotocamera che avevo appena lasciato in un punto di controllo a 150 metri di distanza. Proseguiamo verso la Pagoda con una sola colonna e alla Pagoda di Dien Huu, la più incantevole di Hanoi.
Il resto del nostro tempo lo dedichiamo alla scoperta del quartiere vecchio. Con la sua storia ultramillenaria è uno degli angoli più caratteristici del Vietnam dove si può acquistare di tutto. Sono note le sue 36 strade, ognuna delle quali porta il nome di ciò che viene venduto: c'è la strada del bamboo, la strada delle scarpe, la strada della seta e altre ancora. L'ultimo pasto lo facciamo in uno dei tanti ristori all'aperto che si trovano nel centro storico; di certo l'igiene non è il loro forte ma chiediamo dei noodles di verdure e di carne che mangiamo con gusto; diveniamo immediatamente l'attrazione della “trattoria”. La giornata finisce, con una certa malinconia. Veniamo quindi accompagnati in aeroporto; questa volta la destinazione è l'Italia.
|