Raggiungere la tribù dei Pigmei

A cura di: Emanuele Marzi

Obiettivo: raggiungere una delle tribù dei Pigmei, situata all'interno di una foresta di banani sulle colline del Burundi, nel cuore pulsante dell'Africa. La Repubblica del Burundi è una piccolissima regione situata nella zona dei Grandi Laghi, una terra splendida, con paesaggi mozzafiato e ricca di flora e fauna, ma tristemente martoriata dalla guerra civile che ancora si percepisce come uno schiaffo in faccia non appena arrivi.
Arriviamo con l'aereo da Roma a Bujumbura (capitale del Burundi) da dove partirà la nostra avventura. Attraversare questo paese non è facile per molti motivi, uno dei quali è l'asperità delle strade (piste) dove per fare pochi chilometri ci voglio ore e ore nonostante l'uso di un fuoristrada.

La professione del reporter ti permette di raggiungere posti inaccessibili e vivere esperienze uniche, che normalmente sono preclusi al semplice turista, ma viverle e non condividerle è come non averle vissute. Noi fotografi abbiamo in mano un grande potere, quello di poter raccontare con le immagini e dare voce a chi molto spesso non ce l'ha.

Il nostro viaggio inizia con una sveglia all'alba e colazione con quello che il luogo ci offre: succo di frutta, pane e miele farcito con piccolissime formiche che, a quanto pare, ci hanno anticipato sul tempo per la colazione, ma in questi posti non ci si può permettere di fare gli schizzinosi e così approfittiamo per integrare qualche proteina nel nostro menù. Carichiamo il nostro fuoristrada e finalmente…si parte!

Da reporter ho sempre tra le mani una macchinetta pronta per scattare (il resto dell'attrezzatura caricata nei bagagli) visto che non si sa mai quello che puoi trovarti davanti. Di solito monto un Nikon 24-70 f 2,8 obiettivo molto versatile.
Capiamo da subito che il viaggio sarà molto lungo, i posti di blocco lungo la strada sono innumerevoli e noi veniamo fermati regolarmente. Con noi viaggia un prete Saveriano e il responsabile della Fondazione Andare Oltre ONLUS, nostre guide e agganci con la tribù, ormai da anni insediati in quel territorio, e saranno proprio loro il nostro lasciapassare.
Usciti da Bujumbura davanti a noi si mostra una natura silenziosa ma potente, una natura che ti fa capire subito che se la rispetti ti rispetta ma, in caso contrario, non perdona.

Lungo la strada si vedono una marea di bambini che ci salutano, di persone che rimangono attonite nel vederci, o forse nel vedere un fuoristrada, persone che portano sulla testa, o se più fortunati sulle biciclette, la qualunque. La strada è lunga, a noi che siamo in auto sembra infinita, ma loro la percorrono a piedi, per distanze e tracciati inimmaginabili, entrando e uscendo dalla fitta vegetazione dove spariscono per mimetizzarsi come sospiri… del resto vengono chiamati "il popolo dei camminatori".

Dopo non so più quante ore di: terra rossa, buche, avvallamenti, canaloni, polvere etc. è il momento di scendere dal fuoristrada per proseguire a piedi, prima per i campi e poi nella foresta.
Appena sceso alzo lo sguardo al cielo ed un falco volteggia proprio sopra di noi, come per darci il benvenuto, come un solenne guardiano di un tesoro nascosto.
Se camminare con il fuoristrada era complicato, camminare a piedi con tutta l'attrezzatura sulle spalle in mezzo alla foresta, con il caldo che si fa sentire e una miriade di insetti che volano intorno a noi, credetemi è un'impresa non da poco.
Ad ogni passo che facciamo ci accorgiamo che dal nulla esce un bambino, perfettamente mimetizzato nella natura, che con i suoi pochi vestiti color terra e il corpo ricoperto di polvere comincia a camminare accanto a noi, un po' seguendoci un po' guidandoci.

La foresta di banani diventa sempre più fitta e in lontananza iniziamo a sentire una cantilena. Tutti i bimbi che ci hanno accompagnati fino a quel momento iniziano a correre superandoci, fin dove il sentiero si apre in un piccolo slargo davanti ad un'abitazione e lì, immensa in tutta la sua piccolezza, vediamo l'Anziana della tribù. La cantilena che sentivamo in lontananza era lei, alla quale si uniscono tutti i componenti del villaggio, per intonare un canto di benvenuto fatto apposta per noi, una danza mistica accompagnata da canti e battiti di mani, un'energia che ti entra dentro e ti lascia immobile per qualche secondo, prima di realizzare che non puoi farti sfuggire un evento simile senza immortalarlo, nonostante i brividi che ti corrono su tutto il corpo.

Scopriamo solo allora un villaggio nascosto nella foresta, perfettamente mimetizzato nella natura, dove loro hanno sempre vissuto sin dalle origini della tribù. I Pigmei sono una delle tribù più antiche della regione dei grandi laghi, decimata nel tempo, basti pensare che sono circa l'1% della popolazione africana, una tribù che non ha una lingua scritta e tutto il loro sapere viene solo tramandato a voce ed un giorno, molto probabilmente, tutto questo sparirà. Questa piccola tribù vive in una manciata di case nascoste tra i banani, dove producono once di terracotta. È affascinante vedere come davanti le porte delle case, in mezzo ai bambini che giocano, scavino queste buche dove cuociono le once senza preoccuparsi degli eventuali pericoli. Fino a qualche tempo fa vivevano di sola agricoltura, ma adesso la terracotta è un piccolo sostentamento in più.

I loro sorrisi, le braccia tese verso di me, la voglia di farmi vedere con orgoglio dove dormono, la voglia di farsi fotografare in bicicletta (che altro non è che una trappola mortale in legno con la quale si lanciano in discesa, dove la ruota non è nemmeno fissata ma semplicemente incastrata in modo precario su una forcella), bambini piccolissimi che giocano con i maceti sulla testa della mamma, il loro canto di accoglienza…tutto questo mi ha riempito il cuore di una ricchezza più unica che rara, una ricchezza di valori che ovviamente mette in discussione tutto il nostro modo di vivere e ti sbatte in faccia in modo prepotente i veri valori della vita.

Queste persone vengono definite nella scala sociale "gli ultimi degli ultimi" e già questo la dice lunga sulla considerazione che si ha di loro. E' proprio grazie a loro che oggi gli amici mi chiamano (e ne vado orgoglioso) il reporter degli ultimi.
A loro, nascosti nella foresta, lontani da tutto, ma sempre dentro il mio cuore.

Cosa c'è nella Borsa di Emanuele Marzi?

Nikon D5 | Nikon D4 |
AF-S 500mm f/4E FL ED VR
| AF-S 70-200 f/2.8G VR II | AF-S 24-70mm f/2.8E ED VR
SB-910




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