La riserva naturale regionale “Le Torbiere del Sebino” è una piccola area di circa 360 ettari, sfruttata, fino agli anni '50, per l’estrazione della torba (da lì il nome). Questo materiale di origine organica si forma nel corso di migliaia di anni e viene utilizzato, come alternativa più economica del carbone, per il riscaldamento di abitazioni, nelle filande e come combustibile per i treni di una linea locale. Ora, dopo anni di incessante lavoro estrattivo, ci si trova di fronte a un paradiso di inestimabile valore faunistico: le specie che lo popolano sono diverse decine, dalle residenti alle migratorie che ogni anno fanno della riserva il loro punto di appoggio.
La prima volta che ho visitato il sito era il mese di settembre. Come capita a volte, anche lì ci sono arrivato per caso durante una delle mie escursioni fotografiche. Ricordo ancora lo stupore che mi diede, entrando dall’ingresso accanto al monastero di San Pietro in Lamosa, la vista panoramica dalla balconata.
La leggera foschia ai primi chiarori dell’alba, dava vita a un’atmosfera surreale e a meravigliose tonalità di luce. Per qualche istante mi sentii proiettato in un luogo senza tempo, un’oasi che non ti aspetti di trovare a due passi dal centro abitato, dall’industria e dalle strade che la circondano.
Più avanti una strana nebbiolina celava gli specchi d’acqua e rendeva l’impressione che la vegetazione fosse sospesa nell'aria. Lentamente entrai nel bosco che affianca gli stagni e, a poco a poco, mi accorsi di non essere da solo.
Decine e decine di animali e uccelli, al mio passaggio, frusciavano nei cespugli e a volte qualcuno di loro attraversava frettolosamente il sentiero, come se lo avessi scoperto, come se avessi interrotto qualcosa.
Poi, quando il sole iniziò a scaldare la terra, la foschia si dissolse e vidi tutto intorno un’esplosione di colori, quei colori molto accesi che precedono l’autunno e i cui riflessi sugli specchi d’acqua quasi sembrano raddoppiare la meraviglia.
Estrassi allora la mia Nikon D7000 e cominciai a scattare, senza sosta per diverse ore. Ogni cosa meritava di essere catturata dal mio obiettivo. Ogni attimo, irripetibile e unico, dovevo portarlo con me sulla scrivania di casa, per poterlo poi ammirare di nuovo, ancora una volta.
Mi sembrava di essere in un posto lontano da tutto e da tutti. Il silenzio surreale era interrotto solamente dai fischi degli uccelli, dal tonfo che fanno i pesci quando saltano sull’acqua o dal maestoso battito d’ali del cigno reale che genera un suono inconfondibile.
Da quel giorno, la torbiera è diventata una meta fissa per i miei pochi ritagli di tempo libero. Ho potuto ammirare in diversi momenti le varie specie animali che la popolano, come il martin pescatore con i suoi sgargianti colori e il suo volo rapido, il porciglione che ogni tanto fa la sua timida apparizione tra i canneti.
Quando incroci il suo sguardo, lui si affretta a nascondersi quasi non volesse essere visto. I piccoli pettirossi, che meno timidamente, li scorgi improvvisamente accanto a te, intenti a cercare qualcosa da mangiare.
Il cigno reale, che con le sue movenze eleganti e gentili fa sempre un bell’effetto. Ricordo che un giorno una coppia di cigni camminava lenta sulle acque ghiacciate e a ogni passo gli scricchiolii del sottile manto presagivano un’imminente spaccatura. Allora si fermavano e poi lentamente ripartivano alla ricerca dell’unico specchio d’acqua non ancora raggiunto dalla morsa del gelo per poter mangiare qualcosa nel fondale fangoso.
I falchi di palude hanno due nidi nella riserva e la mattina presto può capitare di vederli sorvolare le acque.
A volte ho anche avvistato il picchio rosso, che da poco ha iniziato a nidificare in riserva. Lo si trova però in una zona limitata dalle acque e non raggiungibile a piedi: meglio disporre di un teleobiettivo spinto o di un cannocchiale per l’osservazione.
Poi gli aironi, i cormorani, il germano reale, il tuffetto che a volte rimane immerso fino al collo lasciando fuori dall’acqua solo la testa, come fosse un periscopio naturale.
Nelle acque si trovano anche diverse varietà di pesci, tra cui alcune particolarmente devastanti come il siluro o il pesce gatto, poi l'anguilla, la carpa, la tinca, l'alborella e tante altre. Insomma, un’oasi che non ti aspetti.
Consiglio a tutti la visita, il parco è sempre aperto. La primavera è ideale per una passeggiata: grazie alle temperature più miti, nuove specie raggiungono gli stagni, inizia il periodo degli accoppiamenti e gli animali sono più presenti.
Non meno affascinante risulta l'area nelle altre stagioni. Le ghiacciate invernali sono suggestive così come i colori estivi o quelli autunnali più accesi.
Ho anche avuto occasione di incontrare decine di appassionati di fotografia naturalistica, con i quali ho potuto scambiare opinioni sull’attrezzatura utilizzata o sulla scelta degli obiettivi. A volte, semplicemente ammiravamo quanto fosse bella questa riserva.
Attrezzatura
Corpo macchina: Nikon D7000 Obiettivi: 50mm f1,8; 28-75mm f2,8; 70-200mm f2,8 (con 2x); 10-20mm f4-5,6; 70-300mm f4-5,6; Treppiedi: Manfrotto 190xdb testa a sfera 496rc2 Scatto remoto |