Il frastuono dei motori, il vocìo insistente della gente, persone provenienti da tutto il mondo, hostesses premurose, ma soprattutto la una grande voglia di partire: era questo il clima che aleggiava sul nostro Boeing 747, che stava per alzarsi in volo da Francoforte, direzione Bangkok.
Scendendo dalla scaletta, avvertivo l'umidità dell'aria posarsi sulla pelle, i colori sgargianti di orchidee, che facevano da cornice nelle aiuole dell'aeroscalo, ci rallegrano l'animo.
Ed eccoci, dopo pochi minuti di bus, immersi negli odori speziati dei loro cibi e nei sorrisi della gente. Donne, bambini e persone anziane ti osservano e chinano il capo come volessero ringraziarti di essere lì.
Dopo un veloce pasto in aeroporto, saliamo su un altro aereo, direzione Phuket.
Arriviamo, è già notte, ci informiamo su come poter arrivare a sud dell'isola, nel capoluogo; in pochi secondi ci troviamo seduti su un minibus di un'agenzia privata, che sotto un diluvio tropicale, ci porta a destinazione; stanchi del viaggio ci addormentiamo.
Un cinguettio assordante di uccellini e un raggio di luce che filtra tra le tende ci svegliano; ci vuole un po' di tempo per capire dove siamo. Realizzare di essere tra il tropico e l'equatore, all'inizio di una lunga vacanza, ci fa dimenticare la stanchezza, nonché il fuso orario, e in cinque minuti siamo in già strada.
Osservo il volto di Sara e la scopro assorta ad osservare, con l'espressione curiosa di un bambino, i venditori ambulanti. Con grande emozione impugno la mia compagna di viaggio, una Nikon D2H, e inizio ad inquadrare i coloratissimi frutti, le profumate spezie e i magnifici fiori tropicali.
In un primo momento, cercavo di nascondermi quando intendevo inquadrare il volto di una persona; ma sono bastati pochi scatti a farmi capire che la gente era contenta di farsi ritrarre in fotografia.
Cambio ottica, monto un supergrandangolare zoom Nikkor 12-24, perché davanti a me, silenziosa e imponente, si presenta la prima pagoda; gioco con l'effetto prospettico dell'ottica, riprese dal basso: tutto sembra essere più slanciato e dinamico. Ricambio ottica, un Nikkor 24-120: questa volta sono le linee a far scattare, le geometrie del tempio, i colori delle piastrelle, i pinnacoli, rapiscono la mia attenzione e inizio a comporre ricerche formali all'interno della sezione aurea del mirino, puro astrattismo, essenzialismo, minimalismo rubato a pittori come Mondrian e Kandinsky.
Guardo l'orologio, e come spesso accade quando scatto fotografie, mi accorgo che sono ben tre ore che scatto, il contafotogrammi segna già 253 scatti; non male se pensiamo che è la prima mattina di un viaggio che durerà ben 24 giorni.
Lo stomaco inizia a brontolare, decidiamo di mangiare qualcosa; forse è meglio iniziare per gradi, non vogliamo rischiare di rimanere in hotel per spiacevoli necessità: optiamo per la frutta.
In cinque minuti di cammino, arriviamo al mercato rionale, uno spettacolo di colori, le cromie pirotecniche dei fiori, frutti sconosciuti; iniziamo a chiederne i nomi, ma la pronuncia risulta impossibile per la nostra lingua. Ecco il menù: come antipasto banane, primo ananas, secondo mango e papaia e come bevanda un ottimo succo di cocco vintage '99, barricato in noce di Phuket.
Nel pomeriggio continuiamo i nostri pindarici tour in mezzo alla gente, iniziamo ad entrare nell'ottica di essere in un altro continente, in oriente, nel popolo del sorriso… e adesso capisco il perché.
Il tempo scorre velocemente, questo popolo non ha orari, mangiano a qualsiasi ora, lavorano 18-20 ore al giorno; qui, sembra non esistere la divisione tra mattino, pomeriggio e sera.
Nella notte è divertente appostarsi in un punto alto, nei pressi di un qualsiasi night market; si vedono migliaia di persone che, con il ritmo frenetico delle formiche, compra, contratta, beve, mangia, e riesce persino a dormire. Basta poco, una muretto come treppiede, un tempo lungo, un diaframma molto chiuso,ed ecco che il miracolo appare: un'immagine di movimento, colori che sfuggono, persone che perdono la propria forma, un senso di velocità e dinamismo, che incarna appieno la scena davanti ai nostri occhi.
Ormai la luna sta per lasciare il posto al sole e, stanchi, ci dirigiamo in Hotel a riposare.
I giorni si susseguono l'un l'altro, lasciando in noi una ricchezza interiore indescrivibile; la gentilezza delle persone, gli occhi dei bambini, lo sguardo profondo e saggio degli anziani ci fanno affezionare a questo magnifico luogo.
Ricordo con particolare attenzione quella magnifica giornata al mercato galleggiante a nord di Bangkok; non finivo più di scattare, la fotocamera sembrava una mitraglia, intenta a cogliere le più piccole sfumature di quella incredibile scena: i colori della mercanzia, il movimento delle canoe, le voci come cantilene ripetitive, che mischiate al rumore del vento tra le foglie e lo scrosciare dell'acqua, sembrano assumere una melodia indimenticabile.
Le più belle fotografie sono quelle che nascono nella propria mente e che solo dopo un attento e soprattutto sentito gesto tecnico trovano la propria realizzazione; in questo caso il gesto tecnico è stato molto semplice. E' bastato utilizzare uno zoom ad ampia gamma focale, impostare un tempo lungo ¼ o ½ secondo e, nel preciso istante in cui la tendina dell'otturatore si alzava, iniziavo a variare la focale dalla posizione tele fino a raggiungere la focale più grandangolare. Certo che i primi risultati sembravano i colorati disegni dei bambini dell'asilo; ma ecco che con un po' di prove il quadro prende forma; il risultato punta ad essere una fusione tra forme e colori che esaltano, in un punto, il soggetto rappresentato. Immaginate il famoso quadro di Munch "L'urlo": forme non definite e un senso di movimento porta alla figura centrale, il volto di un uomo che urla. Sì, perché le componenti più importanti che saltano subito all'occhio in questo luogo sono i colori e il movimento. A fine giornata, ho guardato le foto e, soddisfatto, le ho definite un omaggio al manifesto del futurismo, velocità, dinamismo, essenzialismo.
Più il tempo passava, più avvertivamo un legame con quella terra e con quella magnifica gente, con i loro modi gentili ed educati. Pensavamo, già malinconici, che il giorno del ritorno si stava avvicinando.
Se pensiamo alla Thailandia, subito affiorano nella nostra mente immagini stereotipo, come ad esempio paesaggi dalle spiagge idilliache, pagode coloratissime, danzatrici dalle lunghe unghie, e monaci vestiti di arancione che leggono preghiere. Ho trovato spunti fotografici ben più interessanti; per far belle fotografie bisogna pensare con la mente di un bambino, bisogna pensare con semplicità. La ricerca dell'essenzialismo, unito ad una attenta ricerca delle forme, trasforma dei semplici oggetti in magnifiche foto. Quindici anni fa, cercavo il particolare stravagante, il momento giusto, fotografie complicate con molti elementi; il risultato spesso era confuso e insignificante. Con il passare degli anni si matura quell'attenzione alle semplici forme della natura, come i semplici riflessi di un tramonto sulle onde del mare, la geometria delle foglie, o più semplicemente l'accostamento dei colori di mare, terra e cielo.
In definitiva fotografare, per me, significa dipingere con la luce, e così in fotografia, come in pittura, sono importanti le forme e i colori; la capacità nell'accostare, nel fondere questi elementi, rende il quadro più o meno bello. Ma in fotografia abbiamo una difficoltà in più: mentre nella pittura è la nostra mente a decidere che cosa rappresentare e si disegnano soggetti che non esistono nella realtà, in fotografia possiamo ritrarre solo realtà esistenti; si deve essere attenti osservatori, capaci registi, bravi ad estrapolare dalla realtà solo quello che la nostra mente intende rappresentare.
Dopo un viaggio di ben 8 ore in bus, eccoci arrivati nella capitale. Bangkok è enorme e dispersiva, per girarla davvero bene penso non sia sufficiente un mese. Questa città ha mille volti, moderna e antica allo stesso momento, lussuosa e fatiscente, ricca e terribilmente povera.
Ricordo di aver preso un treno che ci portava nella antica capitale; come un bambino curioso mi sono attaccato al finestrino ad osservare le mille sfumature di questa straordinaria metropoli. Dal lussuoso centro cittadino, in pochi chilometri, lo scenario iniziava a cambiare: più ci allontanavamo, più le case assumevano un aria più trasandata, fino a diventare baracche di lamiera e legno.
L'aspetto che più mi ha colpito, e che prontamente ho fotografato, è stato il constatare che nonostante la profonda povertà della gente, nonostante la precaria situazione igienica, questo popolo resta un popolo felice e mantiene dentro di sè la gioia di vivere. Basta osservare negli occhi i bambini che giocano in mezzo ad una discarica, basta guardare il sorriso di una madre che allatta il suo bambino seduta sul bordo delle rotaie, per capire che, anche se non posseggono grandi ricchezze, sono ricchi ugualmente, ricchi di felicità d'animo.
Ed ecco che, dopo 4500 km percorsi con ogni tipo di mezzo di trasporto, dall'elefante alla canoa, dall'aereo al tuk-tuk, ci accingiamo a terminare questa magnifica esperienza sorseggiando una Singha Beer nella grande sala dell'aeroporto, in attesa di un volo che ci porterà a casa, ricchi di magnifiche esperienze e di insegnamenti, che, questa volta, non sono state persone più adulte a trasmetterci, ma sono stati i bambini, che con i loro sorrisi, ci hanno donato la voglia di gioire anche delle piccole cose.
Dopo una lunga attesa, eccoci in aereo a 10.000 m d'altezza; nel buio della notte, mentre tutti qui attorno a me cercano di dormire, osservo sull'LCD della mia Nikon le 2.000 fotografie scattate, con un malinconico nodo alla gola. Cerco di dormire, mi metto le cuffiette, mi sintonizzo sul canale 7, musica jazz, chiudo gli occhi, ma non riesco a dormire, mille immagini mi appaiono in mente, colori, odori e suoni; rifletto sulle magnifiche opportunità fotografiche vissute, mi sovviene l'inarrestabile voglia di lavorare le immagini scattate, di catalogarle e, perché no, di condividerle con più gente possibile, per trasmettere a tutti la magia di questa terra, ma soprattutto per far crescere in voi la voglia di fotografare, di creare di essere capaci ad osservare con semplicità.
La fotografia ha potenzialità infinite: il limite non sta nella tecnica, ma nella creatività.
La stanchezza ha la meglio, cado in un profondo sonno, che dura fino a quando Sara mi sveglia, dicendomi "siamo quasi arrivati". Per un attimo ho temuto fosse solo un sogno: mi guardo attorno e realizzo che sono sull'aereo e che quindi questa mitica esperienza nella terra del sorriso è stata una concreta realtà.
Maurizio Bachis
Photographer
bachis.m@libero.it