Il teatro, come altre forme di arte, per sua natura si sviluppa nello spazio e nel tempo. Ma visto che la sua azione è così tanto sfuggente, il teatro e la macchina fotografica vivono un ideale e intrigata relazione amorosa. Teatro e fotografia si supportano a vicenda; nell'uno la rapidità dell'azione si incontra con l'immobilità dell'immagine fotografica.
La foto di scena, memoria dello spettacolo ha diversi obiettivi tra cui quello di osservare una scena, una coreografia, luci e costumi e soprattutto è fondamentale per l'ufficio stampa.
Come tutte le fotografie eseguite in condizioni difficili, la foto di scena ha una tecnica di esecuzione propria e nel merito di questa esiste già molta letteratura.
Nella stragrande maggioranza degli scatti uso il NIKKOR 70-200 f2.8 vr1 e il NIKKOR 28-70 f2.8; per quanto riguarda il corpo macchina non rinuncerei mai alla maneggevolezza della mia NIKON D700 anche se ammiro le caratteristiche superlative adattissime per il teatro della NIKON D3x dato il ridotto rumore dello scatto.
Gli elementi che concorrono a realizzare l'opera, la prosa la commedia in poche parole lo spettacolo è il risultato dello sforzo congiunto di attori, regista tecnici, autori, scenografi, fotografo di scena e altri che formano il cast e tutti si adoperano per raccontare la storia.
Il fotografo di scena che gode di una sua libertà di azione, con un unico scatto riesce a raccontare un frammento di quella storia, una storia che vive in quell'unica immagine e che il più delle volte, quel frammento sarebbe sfuggito allo spettatore concentrato ad osservare la lunga sequenza della storia.
Un paragone ideale è il Tango.
È un abbinamento che serve per spiegare l'intrinseca relazione che esiste tra queste due forme di espressione.
In una milonga, luogo dove i tangheri si incontrano per ballare in coppia, generalmente completano il ballo abbracciati, nell'arco di una tanda che è l'insieme di 4 canzoni, per poi ritornare ai loro posti, pronti a rivivere lo spettacolo della loro vita reale, in attesa della tanda successiva. La Tanda è il frammento di una storia che si esprime in maniera totalmente diversa dalla vita reale.
Chi ha visto un tango si è accorto dell'esplosione di sensualità, capacità di seduzione, eleganza, gestualità che sanno esprimere due tangheri. Sembra che la loro vita sia solo fuoco e passione eppure, finito lo spettacolo della tanda, torneranno a recitare il ruolo di commessa o ingegnere, operaio o dottoressa nello spettacolo della vita.
E cos'è una foto di scena se non il frammento di uno spettacolo, una tanda nello spettacolo del teatro.
Ora, appurato che la foto di scena anticipa un film o una memorabile opera teatrale, io voglio pensare che possa andare oltre i semplici usi pubblicitari; è ben altro e vive di un'autonomia propria non vincolata a ciò che rappresenta.
Nel teatro tutto è per essere visto, fotografato; gli attori nei loro costumi, le scene, le luci, sono tutte così belle che sarebbe un crimine non fotografarle ma, c'è qualcosa che la foto di scena può catturare e va oltre l'effimera bellezza del palcoscenico; il sentimento.
Ma per fare questo bisognerà rompere con alcune regole che vogliono il fotografo sempre distaccato da ciò che vede.
I momenti, o li vivi o li fotografi diceva qualcuno che di fotografia ne sapeva perché la vita vista da un obiettivo non è la vita reale. Appoggiando l'occhio sulla macchina si inizializza un processo mentale che allontana il nostro essere dalla realtà, per farlo entrare in quello della fotografia. L'immagine fotografata è un istante rubato alla vita, ma che paradossalmente non viene vissuto.
Ma io, da bravo fotografo, sono andato a cercarmi un altro punto di vista e allora questa regola che porta a distaccarsi dalla scena fotografata in realtà l'ho abbandonata cercando di fare proprio il suo opposto.
Sarebbe più comodo estraniarmi dalla scena per concentrare l'attenzione su quegli aspetti tecnici che mi permetteranno di portare a casa, come è giusto che sia, una foto con caratteristiche professionali, ma purtroppo non basta.
Anche un mestiere come il nostro procura dei calli, ma non alle mani per il troppo uso della macchina fotografica, come avviene al contadino che zappa la terra o al falegname; il nostro è un callo sull'anima, sulla sensibilità.
Ora, se è vero che la regola principale del fotografo consiste nell'esserci, ritengo che non sia meno importante l'impegno che deve metterci il fotografo a far si che il callo di cui prima non si formi mai sull'anima.
Il mio essere professionista non esclude la capacità di emozionarmi, vivendo quello che vedo come un qualunque spettatore. Indirizzare la sensibilità verso le emozioni significa riuscire a trasmetterle a chi poi osserverà le mie foto, almeno questo è quello che poi dovrebbe accadere.
Fondamentale è riuscire a mantenere l'attenzione sulle proprie capacità di emozionarsi e soprattutto controllarle; è uno sforzo non indifferente considerando che come fotografo di scena mi capita di vedere diverse prove che precedono la Prima.
È significativa un'esperienza fatta con l'opera lirica “Madame Butterfly” che nonostante l'abbia vista diverse volte, se, ben recitata e soprattutto ben diretta riesce ancora a commuovermi. Una volta, ricordo una prova generale, in genere fatta con un pubblico ad inviti, quando durante una delle scene più drammatiche mi chiama il regista che si trovava in cabina regia e mi chiede: che fà il pubblico? ed io tra i kleenex e le foto che stavo facendo risposi quanto lui voleva sentirsi dire: piangono.
Il giorno della Prima le foto devono fare bella mostra nel foyer del teatro e intrattenere il pubblico nell'attesa che la maschera inviti a prendere posto per l'inizio dello spettacolo, ma anche durante gli intervalli gli spettatori si avvicinano alle foto per verificare magari qualcosa che hanno notato sulla scena, o qualcuno che già conosce lo svolgersi dei fatti e sfoggia la propria cultura anticipando quanto avverrà.
A volte, se non mi è bastato assistere alle prove, cerco di non perdermi lo spettacolo della Prima e mi aggiro davanti agli espositori delle foto a sentire i commenti; in quei casi, raramente c'è un riferimento esplicito sulla qualità o meno della foto. Lo spettatore osserva la foto per curiosità e un pò distratto, per commentare una diversità rispetto alla scena già vista, oppure l'osserva perché riconosce un attore o una cantante o per mille altri motivi.
In genere al fotografo di scena da parte del pubblico non vengono apprezzamenti o critiche e l'applauso per il fotografo è che il pubblico si avvicini ad osservare le foto e inviti altri a farlo; questo è il nostro più grande compenso.
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