SVALBARD - Otto giorni nel paradiso di ghiaccio

A cura di: Max Venturi


Le isole Svalbard si trovano nell'Oceano Artico, a metà strada tra la Norvegia e il Polo Nord e sono le terre abitate più a nord del pianeta Terra.
Fotodiario di otto giorni passati in maggio su una piccola barca, navigando tra i ghiacci oltre il 78° parallelo, senza vedere mai il sole tramontare, alla ricerca di orsi polari, trichechi, foche e di tutti gli animali artici, circondati solo dal ghiaccio e dalle meraviglie della natura. Una immersione totale senza nessun collegamento con il mondo, ma con una connessione fortissima con un luogo unico, remoto e magico dove l’uomo si sente piccolo e umile rispetto alla natura inviolata e maestosa che qui è regolata dal ritmo lento del tempo e dei suoi fragili equilibri.

GIORNO 1 - LA PARTENZA

Il giorno della partenza è sempre unico. Emozioni, idee, programmi, tutto nella testa gira a mille e tutto il corpo è saturo di energia positiva.
Nel pomeriggio ci aspetta una barca e soprattutto ci aspettano otto giorni di Artico. Cosa ci sarà là fuori? Cosa vedremo? Quali animali incontreremo? Tante domande, ma niente aspettative. Solo la certezza che ogni giorno è unico e diverso e così lo saranno anche i prossimi giorni. Sarà unico vivere otto giorni in questa parte del mondo unica e remota con ventiquattro ore di sole al giorno, e tutto quello che vedremo, tutti gli incontri che faremo, saranno unici e meravigliosi.
Partiamo da Longyerbayen, il luogo abitato più a nord del pianeta terra. Non vi sono altre città o paesi permanentemente abitati dall’uomo oltre questa latitudine. Tutto ciò che compare a questa latitudine, per l’esattezza 78° e 13, si merita l’appellativo del “più a nord del mondo”.
Questi luoghi sono sempre pieni di fascino e fanno viaggiare con la mente indietro nel tempo. Fanno pensare ai primi minatori che si stabilirono qui e che fondarono il villaggio nei primi anni del secolo scorso e a come potevano vivere e lavorare con queste temperature, senza le attrezzature e l’abbigliamento che abbiamo ora. Altri tempi e altre tempre, sicuramente altri uomini.
Per provare a capire meglio dove siamo facciamo una visita ai due musei presenti in paese, molto belli ed esplicativi sulla storia, sulla fauna e sulla geografia dell’isola e soprattutto sulla storia delle prime spedizioni alla conquista del polo nord. Passiamo il resto della mattinata in giro per il villaggio e dopo gli ultimi acquisti e preparativi siamo pronti per imbarcarci e partire per questa avventura unica.

Al molo ci aspetta la MV Villa, una ex barca da lavoro per posa delle boe convertita in una barca per spedizioni. La scelta di fare questa avventura con una barca di piccole dimensioni è stata fatta per vari motivi. Alta velocità di crociera per coprire più spazio possibile, capacità di rompere il ghiaccio, poche persone a bordo e massima velocità e indipendenza di scendere a terra velocemente con gli zodiac. Inoltre, l’altezza del ponte dal livello di acqua e terra permette di fare buone foto anche da sopra alla barca.
A bordo siamo in venti: otto passeggeri, quattro guide, otto persone di equipaggio, tutti di nazionalità diverse. Sono presenti Italia, Norvegia, Germania, Svezia, Finlandia, Inghilterra, Spagna, Francia, Svizzera, Sud Africa, Argentina, Canada. Davvero incredibile e strano, ma neanche troppo perché così lo è anche per tutte le Svalbard. Sono in Norvegia, ma sono praticamente un’isola di tutti e dove tutti da tutto il mondo possono venire, trasferirsi, vivere e lavorare, senza necessità di visto o permesso. La comunità delle Svalbard è eccezionale e unica nel suo genere. Si tratta di una società multiculturale in cui differenti etnie e culture convivono pacificamente e le storie delle persone che hanno scelto di vivere qui sono sempre interessanti e sopra le righe. Un breve briefing introduttivo sulla sicurezza e regole generali della vita in barca, poi nel tardo pomeriggio lasciamo il porto di Longyerbayen per andare alla scoperta dell’Artico. Finalmente navighiamo nell’Artico e dopo poche ore di navigazione abbiamo già il nostro primo avvistamento. Molto lontano sulla costa un puntino in movimento che si nota bene in quanto di colore leggermente più giallo del bianco della neve e del ghiaccio; il nostro primo avvistamento è di un orso polare. Dopo una breve consultazione con il Capitano decidiamo di avvicinarci alla riva più possibile e di passare la serata e anche la notte qui. Notte solo per l’orologio perché il sole non tramonta mai e quindi decidiamo di andare con gli zodiac per avvicinarci più possibile al nostro orso. Sono le ventidue, siamo partiti da poche ore e siamo già su uno zodiac tra il vento freddo e le onde ghiacciate del Mare Artico.

Ci dirigiamo verso l’orso, ma le lastre di ghiaccio presenti non ci permettono di arrivare troppo vicino. È distante, ma la visuale è comunque buona e anche se lontani abbiamo i primi scatti di un orso polare sulla banchina artica. Un orso bianco circondato dal ghiaccio. Un orso bianco nel suo habitat naturale e unico, quell’habitat che a causa dei cambiamenti climatici lentamente sta scomparendo e che mette a rischio il futuro di questo splendido animale. Il vento freddo colpisce duro tutto il corpo e decidiamo di rientrare a bordo, ma cambiamo idea velocemente. Le emozioni non sono finite perché più lontano avvistiamo un altro orso. Cerchiamo un modo per avvicinarci e stavolta va decisamente meglio perché riusciamo a trovare uno spazio tra le lastre di ghiaccio. Valutiamo la direzione dell’orso e proviamo ad anticipare la zona dove passerà, arrivando con lo zodiac ad appoggiarci sul ghiaccio della banchisa. L’idea è ottima in quanto in breve tempo l’orso ci passa davanti a una distanza decisamente più ravvicinata del precedente. Lo ammiriamo e gli facciamo gli scatti che riusciamo in quanto le dita si congelano tanto che sembrano spezzarsi e ogni tanto siamo costretti a fermarci per riscaldarle. L’orso ci guarda incuriosito e prosegue la sua camminata sulla banchisa polare alla ricerca di foche e cibo. Meno del due per cento della loro caccia ha successo. Anche se circa la metà della vita di un orso polare viene spesa a caccia di cibo, questa attività ha raramente successo. Le foche rappresentano le principali prede dell’orso polare, che si alimenta anche di renne, carcasse di cetacei, piccoli mammiferi, uccelli e uova. L’elevata mole rende questo animale il più grande carnivoro terrestre del pianeta; è in cima alla catena alimentare tra gli animali del Polo Nord e svolge un ruolo essenziale per tutto l'ecosistema del Circolo Polare Artico. L’orso si allontana definitivamente camminando sopra il ghiaccio con metodo e leggerezza incredibili per un animale che può arrivare a pesare fino a settecento kg. Conoscono bene il ghiaccio e dal colore ne capiscono lo spessore. Se il ghiaccio è bianco possono camminare tranquilli, mentre in base alle tonalità di grigio sanno che è meglio stare attenti a come muoversi. Con le zampe anteriori testano la tenuta del ghiaccio e se è il caso non appoggiano le zampe posteriori e le trascinano appoggiandosi sulla pancia. Per seguire e fotografare l’orso con gli zodiac ci siamo allontanati molto dalla nostra barca e il rientro è decisamente impegnativo. Il mare è agitato e gli schizzi d’acqua che ci si congelano addosso mettono a dura prova il nostro abbigliamento tecnico e soprattutto i nostri fisici. Arriviamo finalmente alla barca, bagnati, gelati, provati, ma pieni di emozioni con il primo giorno di Artico che ci ha regalato già due avvistamenti di orso polare. Ci asciughiamo, beviamo un tè caldo e ci mettiamo dentro al letto stremati, ma felici.
Guardiamo all’orologio e sono le due di notte. Tra tutte queste situazioni ed emozioni Il tempo è incredibilmente passato veloce, come sempre quando le emozioni sono così intense. Anzi, in questo luogo magico, il tempo come lo conteggiamo e consideriamo noi addirittura non esiste….

GIORNO 2 - IL GHIACCIO

Sveglia ritardata stamani dopo essere andati a dormire tardi, con ancora negli occhi e nella mente l’immagine dell’orso polare che ci scorre davanti. Diamo una breve occhiata nel display della macchina fotografica alle foto della sera precedente per essere certi che non è stato un sogno della notte e siamo pronti per vedere che cosa la giornata ci regalerà. La barca è già in movimento e capiamo che stiamo entrando in un fiordo dal rumore del ghiaccio che si rompe contro lo scafo in quanto più ci si avvicina alla costa e più il ghiaccio aumenta. Mentre navighiamo incontriamo qualche tricheco sdraiato sul ghiaccio che si tuffa in mare quando con la barca entriamo nella sua zona di sicurezza. Sulla costa in lontananza si vedono renne a cercare nelle poche zone scoperte dalla neve qualche filo d’erba ghiacciato da mangiare. La gran parte delle Svalbard, soprattutto in questo periodo, è coperta da ghiacci. Per effetto della temperatura media annuale, il suolo è permanentemente gelato, e si scongela in piena estate solo per una piccola profondità, così da permettere solamente la vegetazione estiva di un leggero manto erboso a bassa quota, nei luoghi soleggiati e non esposti ai venti freddi. Nelle isole Svalbard non ci sono alberi, ma solo muschi, licheni, piccoli cespugli e fiori sparsi qua e là a sfidare il freddo e il vento.

La giornata è stupenda. Il sole illumina tutto, ci scalda l’anima e anche i corpi e ci permette di stare all’aperto sul ponte durante la navigazione.
Con la barca che rompe la parte di ghiaccio più sottile entriamo nel fiordo il più possibile fino a che il ghiaccio ce lo permette e sulla costa, in lontananza, avvistiamo un orso polare. Ci prepariamo, ci organizziamo per avvicinarci e in un attimo siamo in mare sugli zodiac. Purtroppo l’orso ha altre idee e decide di allontanarsi e quando arriviamo in zona se ne è già andato oltre la montagna. Ci godiamo comunque la gita in zodiac costeggiando la costa, vedendo le tracce dell’orso sulla neve e anche i resti di una renna che è stata un suo recente pasto. Il capitano ci chiama via radio e ci dice di rientrare velocemente in quanto il ghiaccio dietro alla barca si sta chiudendo e se tardiamo ad andarcene potremmo avere problemi poi a uscire dal fiordo con il rischio di rimanere bloccati. Torniamo a bordo e usciamo dal fiordo rompendo i lastroni di ghiaccio, tanti poligoni che formano nell’insieme un disegno geometrico perfetto, perfetto come tutte le cose che la natura crea e ci offre.
Ci mettiamo in navigazione verso sud, navigheremo tutta la notte e raggiungeremo domattina Hormsund, dove ci aspetta una uscita in zodiac in prossimità della maestosità di un ghiacciaio con la solita ricerca d'incontri e di tutto quello che l’Artico deciderà di regalarci.

GIORNO 3 - GLI ICEBERG

La notte in navigazione è stata abbastanza movimentata. Il mare agitato ci ha cullato nel sonno, ma ha fatto cadere alcune cose. La cabina della barca è decisamente confortevole e comoda, ma siamo pur sempre su una barca in navigazione nell’Artico e il mare ce lo ha ricordato e non ci ha perdonato l’errore di avere lasciato un bicchiere e altre cose sul tavolino. Gli errori si chiamano anche esperienze e ovviamente non lasceremo più nulla sul tavolo. Subito al mattino usciamo con lo zodiac per una escursione. Siamo in prossimità di un ghiacciaio e ovviamente il mare è in buona parte ricoperto di ghiaccio. Con lo zodiac ci facciamo largo tra le lastre di ghiaccio più piccole e navighiamo dove riusciamo fino a che arriviamo dove il ghiaccio è compatto e non è più possibile proseguire. Mentre cerchiamo una via per avvicinarci al ghiacciaio vediamo in lontananza alcuni trichechi sdraiati sul ghiaccio al sole e decidiamo di dedicarci a loro. Ci avviciniamo lentamente prima con il motore al minimo e poi per non disturbarli lo spegniamo e usiamo i remi. Sono cinque esemplari e continuano nel loro fare niente. Stanno sdraiati al sole, muovono ogni tanto la testa per guardarci, emettono qualche grugnito e semplicemente si godono il tepore del sole, la vita e lo scorrere del tempo. I documentari ci fanno vedere ovviamente sempre animali in attività, ma in realtà tutti gli animali passano la maggior parte del loro tempo a fare assolutamente nulla, semplicemente a godersi il grande dono di esistere. Facciamo qualche scatto, li salutiamo e continuiamo l’escursione in zodiac tra il ghiaccio, talmente estasiati dall’ambiente che abbiamo tutto intorno a noi che ci sembra di essere in un sogno. Un sogno tinto di azzurro come il ghiaccio che ci circonda all’infinito, con icebergs galleggianti verdi e turchesi che affondano nel mare glaciale. Alle Svalbard Il bianco regala una miriade di sfumature tutte diverse. Il sole arriva dritto negli occhi e illumina il bianco di varie e magnifiche tonalità. I raggi del sole attraversano le nuvole e neve e ghiaccio come per magia si accendono di mille colori. Uno spettacolo unico che ci avvolge, ci coccola e ci accoglie senza condizioni.

La ricerca di altri animali si conclude senza successo e rientriamo alla barca per ricaricare le energie fisiche e le batterie delle macchine fotografiche. Riprendiamo la navigazione verso sud e dopo qualche ora arriviamo nella estremità più a sud dell’isola. In questa zona a causa delle correnti e dei venti si concentrano maggiormente i grandi iceberg, enormi blocchi di ghiaccio che affiorano dal mare e che nascondono sotto il livello dell’acqua la loro parte più grande. Gli iceberg sono frammenti staccatisi dai ghiacciai millenari e sono composti di acqua dolce. Al loro interno hanno il ghiaccio e le bolle d’aria formatosi migliaia di anni fa e fanno cambiare completamente la misura e la prospettiva del tempo. Fanno pensare a quanto sia inutile il nostro concetto di tempo e a come anche la vita intera di un essere umano sia niente rispetto l’esistenza di questi luoghi, paragonabile ad un cristallo d’acqua ghiacciata all’interno di uno di questi enormi iceberg. Durante un viaggio alle Svalbard l’uomo si sente piccolo e umile rispetto alla natura inviolata e maestosa che qui è regolata dal ritmo lento del tempo e dei suoi fragili equilibri. L’orologio però fa parte del nostro concetto di tempo e ci dice che è sera. La luce della sera e la meraviglia intorno a noi è tanta che decidiamo di scendere nuovamente con gli zodiac per un’altra escursione ravvicinata tra gli iceberg. Mentre ammiriamo gli iceberg e cerchiamo qualche creatura selvaggia tra i grandi blocchi di ghiaccio il sole basso crea una grande striscia arancione sotto le nuvole e oltre a rendere il ghiaccio in quella direzione di un ennesimo spettacolare colore grigio scuro, ci regala anche l’idea di avere un tramonto, che ovviamente non arriverà mai in questo periodo dell’anno. Navighiamo ancora per qualche ora cercando altre opportunità fotografiche di fauna artica, ma senza successo e quando ormai è mezzanotte rientriamo alla barca.
Siamo stremati e infreddoliti, le mani gelate a fatica rispondono alla testa e rendono difficili tutte le operazioni comuni. Riuscire a togliersi tutto quello che abbiamo addosso, lavarsi e sistemarsi per il giusto riposo è una operazione lunga e difficile, ma ci riusciamo. Ci sdraiamo esausti e saturi di emozioni e bellezza e ci addormentiamo cullati dalla barca che intanto ha ripreso la navigazione in direzione nord.

GIORNO 4 - L’ORSO POLARE

Al risveglio stiamo navigando e stiamo entrando nel fiordo di Van Mijenfiord per verificare fino a dove il ghiaccio ci permetterà di arrivare. Costeggiamo la banchisa e dal ponte della barca con il binocolo vediamo tracce di orso polare abbastanza fresche. Le tracce seguono la costa e quindi le seguiamo per capire meglio la situazione. La situazione diventa decisamente chiara quando in lontananza vediamo la sagoma ben riconoscibile dell’orso. È molto lontano ma sembra intento a cibarsi di qualcosa. Fermiamo la nave, gettiamo l’ancora, partiamo con gli zodiac e arriviamo nel punto più vicino davanti all’animale. E’ ancora molto distante, ma ora vediamo chiaramente che dopo avere mangiato una foca si è addormentato sul ghiaccio. Ovviamente questo è il suo mondo, questa è la sua vita e questi sono i suoi tempi che non sono collegati alla nostra grande voglia di vederlo attivo e di fotografarlo e infatti aspettiamo, ma lui continua a dormire. Decidiamo quindi di dedicarci a due trichechi sdraiati al sole che avevamo visto in precedenza non lontano e che avevamo trascurato per arrivare velocemente dall’orso. Con gli zodiac arriviamo dai trichechi e a motore spento ci avviciniamo e troviamo la migliore inquadratura per prospettiva, sfondo e luce. Non sono l’orso polare, ma ci regalano scatti che ci danno grande emozione e soddisfazione, fino a quando i due animali decidono che è ora di andarsene e si lasciano cadere in acqua, sparendo nel mare. Decidiamo quindi di tornare a valutare la situazione dall’orso per capire se sta ancora dormendo o se ha deciso di muoversi. Arriviamo in zona e con grande gioia vediamo che l’orso si è alzato e ha iniziato a camminare lungo la banchisa. Ed a questo punto inizia uno di quei momenti che a volte sono di pochi secondi, a volte anche di ore, ma che rimangono per sempre impressi nella memoria delle emozioni.

Con lo zodiac lo anticipiamo nella sua presunta direzione e l’orso anziché allontanarsi ed evitarci si avvicina sempre più al mare e si dirige verso di noi. Cammina frontale e ci arriva a distanza ravvicinata, tanto da farci indietreggiare in acqua con lo zodiac per rispettare comunque la distanza di sicurezza. Ci guarda e ci studia incuriosito e poi si tuffa e sparisce sott’acqua. Noi ovviamente indietreggiamo ulteriormente per capire in quale direzione potrà riemergere e dopo qualche secondo riappare, nuota ancora un po’ in acqua e poi risale sul ghiaccio scrollandosi la pelliccia bagnata. Il suo nome scientifico Ursus Maritimus significa orso del mare ed è perfetto per questo animale che in effetti vive dentro e fuori l’acqua. Una cosa da notare è che gli orsi polari in realtà sono neri, non bianchi. La pelliccia dell'orso polare è traslucida e ci appare bianca solo a causa del riflesso della luce, ma sotto quella spessa pelliccia la loro pelle è nera. L’orso prosegue nello spettacolo, si sdraia e si rotola sul ghiaccio come se fosse l’animale domestico con cui giochiamo e che accarezziamo a casa, ma è un orso polare, il più pericoloso animale dell’Artico. Ripete più volte le evoluzioni tra ghiaccio e acqua mentre noi lo ammiriamo, riempiamo le schede di foto e il nostro cuore di emozioni uniche. In questi momenti quando si è così presi dalla adrenalina e da situazioni come questa di fare foto uniche, una cosa importante è fermarsi un attimo, alzare la testa, togliere lo sguardo dal mirino della macchina fotografica, non scattare e guardare la scena che si sta vivendo nella sua totale integrità dell’ambientazione, per capire pienamente l’unicità e la meraviglia del momento. Ogni momento è unico e irripetibile e questo lo è più che mai. In seguito le foto fatte ci daranno una grande emozione ogni volta che le rivedremo, ma il qui e ora della situazione lo si vive solo nel momento stesso con la visione del tutto e in questo specifico caso con la visione integrale di orso, acqua, ghiaccio, montagne, con il freddo che ti blocca le dita, con il vento che ti brucia la faccia, con gli odori e con i suoni dell’Artico.

La fotografia naturalistica non è solo avere un animale davanti all’obiettivo, ma è una esperienza unica, coinvolgente e multisensoriale.
Dopo oltre un ora di spettacolo l’orso decide di allontanarsi e noi di rientrare alla barca. Ogni volta che incontri un animale in natura, quell'individuo comunica con te, che tu lo realizzi oppure no e questo animale ci ha comunicato e trasmesso una infinità di emozioni. Non ci siamo neanche resi conto di quanto tempo sia durato questo incontro, ma siamo stati fuori per oltre due ore e l’unicità della scena vissuta e le emozioni intense provate le si vedono dagli occhi lucidi, dai sorrisi e dagli sguardi di tutti, quando arriviamo di nuovo alla barca e scendiamo dagli zodiac. Passiamo qualche ora in barca per riposarci e riprenderci dalle emozioni intense e dopo cena torniamo in escursione con gli zodiac. Dopo una sosta da un tricheco sdraiato sul ghiaccio, enorme ma poco collaborativo in quanto dorme e non si muove, decidiamo di scendere a terra con l’obiettivo di raggiungere un gruppo di renne che abbiamo visto dalla barca. Arriviamo sulla spiaggia e scendiamo per una camminata sulla terra ferma alla ricerca appunto delle renne, con le due guide che ci accompagnano armate di fucile. In tutto il territorio delle Svalbard ogni volta che si va a piedi a terra è assolutamente obbligatorio avere un fucile per difendersi da eventuali attacchi di orso polare. Avvistiamo quindi il gruppo di renne composto da circa dieci esemplari e ci avviciniamo lentamente. La renna delle Svalbard è presente in tutta l’isola ed è incredibile come questi animali riescono a sopravvivere in terre ricoperte da ghiaccio e neve per gran parte dell’anno e a trovare raspando qualche filo d’erba ghiacciato da mangiare. È più piccola dei suoi simili presenti in altre parti del mondo; le gambe corte sono la parte più vulnerabile al freddo ed hanno una temperatura di solo otto gradi, molto più bassa di quella del corpo che invece è ben coperto da una pelliccia chiara. Il sangue freddo delle gambe passa al corpo e si scalda e viceversa in un naturale e continuo ciclo indispensabile per la sua sopravvivenza. La renna ha corna che sono presenti sia nei maschi che nelle femmine, anche se di forma e dimensioni diverse, e una volta all’anno cadono e poi ricrescono. In questo periodo dell’anno le femmine hanno ancora le corna, mentre i maschi invece le hanno perse da poco e quindi ne sono privi o hanno stanghe corte in velluto e in crescita. Facciamo diversi scatti con sfondi di montagne piene di neve e ghiaccio, in una ambientazione e luce che anche qui, come ovunque, sono uniche e spettacolari. A coronare il momento due pernici bianche arrivano in volo e si posano davanti a noi regalandoci anche loro buone opportunità fotografiche. Hanno ancora il piumaggio bianco invernale, con il maschio che sta seguendo e corteggiando la femmina. Mentre torniamo a piedi verso la spiaggia e gli zodiac troviamo anche stanghe di maschio di renna cadute appunto recentemente. Sarebbero sicuramente un gran bel ricordo da portare a casa, ma le lasciamo dove le abbiamo trovate. Appartengono alle Svalbard, come tutto quello che è qui, ed è giusto che rimangano qui anche perchè saranno comunque utili al terreno o a qualche animale. Rientriamo alla barca che è quasi l’una di notte con il famoso sole di mezzanotte che è basso e ci regala luci e colori meravigliosi.
La giornata di oggi è stata incredibile, piena di avvistamenti, incontri, emozioni e foto. Ci infiliamo nel letto stanchi fisicamente, con l’esigenza di dormire per ricaricare le energie fisiche, con le intense emozioni della giornata ancora forti e impazienti e pronti per le meraviglie ed emozioni di domani.

GIORNO 5 - IL GHIACCIAIO

Navighiamo verso nord in direzione Prins Karls Forland. Dopo una colazione dove è ancora presente l’euforia per gli incontri della giornata precedente ci prepariamo per ammirare dalla barca il passaggio nel canale di Forlandsundet. La mattinata passa in navigazione controllando dal ponte di comando il paesaggio dello stretto e poco profondo canale. Nel punto più a Nord del canale la profondità del mare è di soli otto metri e si può attraversare solo durante l’alta marea e con barche di piccole dimensioni come la nostra. Infatti, durante il passaggio il profondimetro di bordo segnala solamente due metri d’acqua sotto la nostra chiglia, tenendo in massima attenzione il Capitano. Passato questo punto difficile proseguiamo la navigazione; sdraiati nel ghiaccio incontriamo due trichechi e abbiamo l’occasione per fare qualche buono scatto dalla barca grazie alle dimensioni di questa barca che permettono di avere una buona angolazione bassa fotografando direttamente dal ponte esterno. Il capitano ferma la barca vicino ai trichechi che rimangono a guardarci e da sdraiati sul ponte, con gli obiettivi infilati tra la griglia di protezione esterna riusciamo a immortalarli con ambientazioni e sfondi sempre favolosi e unici. Continuiamo la navigazione e ci fermiamo in prossimità di un altro ghiacciaio. Siamo a Fjortende Julibreen e la giornata e il meteo sono fantastici. Un sole bellissimo illumina il mare e il ghiaccio e l’assenza totale di vento ci permette di passare senza problemi e difficoltà oltre tre ore in escursione sugli zodiac. Ci avviciniamo e ci fermiamo con il motore spento sotto il ghiacciaio e il silenzio totale è quasi imbarazzante. Si sente solo il rumore del ghiacciaio in costante e lento movimento e che ogni tanto riversa nel mare qualche blocco di ghiaccio. Risaliamo a bordo della nave e dopo qualche ora di navigazione, nel tardo pomeriggio, gettiamo l’ancora davanti ad un maestoso ghiacciaio. Passeremo la notte in un posto che anche con la fantasia sarebbe impossibile da disegnare o immaginare. Le dimensioni di questo ghiacciaio sono davvero impressionanti. Davanti a noi un muro di ghiaccio alto cinquanta metri che si estende circolarmente per oltre un chilometro, formando una baia di acqua turchese con iceberg galleggianti di tonalità verdi e turchesi uniche e con blocchi e lastre ghiaccio di infinite dimensioni e forme. A questa latitudine, in questo periodo dell’anno, le ore dove la luce è più bassa e calda e che fotograficamente si chiamano le ore d’oro, sono quelle tra le ventidue e le due di notte. Decidiamo quindi di scendere con gli zodiac per una escursione dopo le ventidue e ci mettiamo a navigare sotto il ghiacciaio alla ricerca di occasioni fotografiche.

Alle Svalbard la bellezza è talmente presente ovunque che arriva a diventare abitudine e si trasforma senza volere in monotonia. Bisogna sforzarsi per rimanere concentrati su questa bellezza, ma non sempre si riesce in quanto viaggiando sugli zodiac la concentrazione va anche a come mantenersi caldi con il vento gelido che colpisce ogni parte del tuo corpo. Poi spesso succede che una variazione minima irrompe ad alterare la monotona ed estenuante bellezza del paesaggio e il suo ingresso ti ricarica all’istante ed è come una rivelazione. In questo caso è una piccola foca nata da appena un mese che affiora dall’acqua a pochi metri allo zodiac, ci guarda per qualche secondo e poi scompare di nuovo. Una visione rapida e unica di quegli occhi che hanno da poco iniziato a vedere il mondo e che per la prima volta vedono degli esseri umani. Gli occhi di una piccola foca con davanti tutta la sua vita da trascorrere nell’Artico, con tante cose da imparare, soprattutto le due cose più importanti per la sua sopravvivenza; come procurarsi il cibo imparando a cacciare pesci e come evitare di essere cacciata dal più grande predatore dell’Artico, l’orso polare. Proseguiamo e avvistiamo un tricheco sdraiato sul ghiaccio e con la solita tecnica di avvicinamento lento e con motore spento riusciamo ad arrivare in posizione ottima per fare belle foto. Tutti i trichechi fotograficamente ti danno sempre tempo e tante opportunità, ma non sempre sono collaborativi e spesso se ne stanno immobili e sdraiati. Questo invece è decisamente collaborativo. Si alza diritto, ci guarda e si mette in varie pose diverse a regalarci diverse opportunità e situazioni. Passiamo con lui un po’ di tempo poi ci allontaniamo e lui si rimette a dormire. Forse lo abbiamo un po’ disturbato, o forse abbiamo anche per lui interrotto per qualche minuto la sua abitudine e monotonia e si è distratto e divertito anche lui. Ormai è l’una di notte e decidiamo di rientrare alla barca. Mentre rientriamo davanti a noi si rivela unica e indimenticabile l’immagine della barca ancorata sotto alla maestosità del ghiacciaio, in un mare liscio come l’olio che fa da specchio e riversa l’immagine del ghiacciaio e della barca stessa sulla superficie dell’acqua tra i ghiacci galleggianti Passeremo la notte e dormiremo qui, con questa immagine davanti agli occhi e impressa nel cuore, l’ennesima situazione meravigliosa unica e irripetibile che l’Artico e le Svalbard ci regalano in questo viaggio.

GIORNO 6 - LA VOLPE ARTICA

Al mattino ci svegliamo, facciamo colazione, passiamo ancora qualche ora in questo luogo meraviglioso e poi partiamo e riprendiamo a navigare.
Fin dal primo giorno di navigazione alcuni gabbiani seguono la barca durate la navigazione e si vedono volare sia dal ponte che dall’interno dai vari oblò. Sicuramente sono gabbiani diversi che si avvicinano, ma è bello pensare che siano sempre gli stessi che cinque giorni fa sono partiti con noi da Longyerbayen e che hanno deciso di accompagnarci e godersi tutto il viaggio insieme a noi. Entriamo nel fiordo e sulla costa si vede il piccolo villaggio di Ny-Alesund. Composto da una decina di edifici e con una piccola pista di atterraggio per l’estate, serve come base e ultima fermata per i ricercatori prima di partire per le spedizioni al Polo Nord. È il primo e unico villaggio visto da quando siamo partiti sei giorni fa e questo fa pensare a quanto le Svalbard siano selvagge e completamente di proprietà della Natura. Fermiamo la barca a Ossian Sarsfjellet, gettiamo l’ancora davanti all’ennesimo fantastico ghiacciaio e scendiamo come sempre sugli zodiac per una escursione vicino alla costa. Ambientazione e panorama sono come sempre fantastici, a prima vista sempre uguali, ma invece sempre unici. Sulla costa è presente una grande parete rocciosa completamente senza ghiaccio e neve. È esposta a sud, quindi riparata dai venti freddi del nord e riscaldata tutto il giorno dal sole. Qui migliaia di uccelli stanno nidificando e mettono le basi per il loro contributo alla continuazione della vita e della loro specie. Principalmente sono urie che generalmente vivono in mare aperte e si radunano sulle scogliere solo per il periodo della cova, ma anche tanti gabbiani. Mentre con i binocoli osserviamo questa meraviglia un piccolo puntino bianco vicino a una roccia colpisce la nostra attenzione e guardando meglio vediamo una piccola volpe artica arrotolata, intenta a dormire. Decidiamo di aspettare anche perché l’attesa non è complicata visto lo scenario che abbiamo davanti. La volpe comunque non ci fa attendere molto e poco dopo si sveglia, si stira, qualche sbadiglio e inizia a camminare sulla parete scoscesa. Le volpi artiche stanno spesso in vicinanza di queste pareti in quanto hanno la possibilità di cibarsi delle uova e soprattutto dei piccoli pulcini che nasceranno. Qualche predazione la riescono a fare anche dal nido, ma principalmente si cibano dei tanti pulcini che nei primi tentativi di volo precipitano sulla scogliera rocciosa. La volpe cammina tra le rocce scoscese sempre abbastanza lontano da noi, ma si vede bene che ha già iniziato a cambiare la folta pelliccia invernale completamente bianca e in qualche zona si nota già la presenza del pelo estivo di colore grigio scuro. È bello vedere come si muove sopra queste pericolose rocce e soprattutto è fantastico essere testimoni della meraviglia della esistenza di nuove vite. Infatti, quando arriva in prossimità di una roccia la volpe si ferma e da una piccola fenditura escono due piccoli batuffoli grigi. Sono la nuova generazione di volpi artiche che per quest’anno staranno in questa zona insieme ai genitori, impareranno come vivere, e come procurarsi il cibo. Poi in futuro troveranno i loro partner e la loro scogliera e daranno il loro contributo alla continuazione della vita e della specie. Sono passate oltre tre ore ed è tempo di rientrare alla barca. Anche oggi abbiamo visto posti stupendi e scene uniche. Scene e situazioni che qui si ripetono ciclicamente sempre uguali, ma che invece sono sempre uniche e soprattutto è unico il momento in cui tu sei il testimone e osservatore ammirato e meravigliato di queste scene. Rientriamo in barca, ci sistemiamo e ci rilassiamo con una ottima cena e poi stasera andiamo a riposare presto. Niente uscita serale oggi e la barca è già in navigazione verso la meta di domani.

GIORNO 7 - IL TRICHECO

Al risveglio siamo già in navigazione verso nord e arriveremo oltre l’80° parallelo, fino a dove il ghiaccio ce lo permetterà, fino al bordo nord del Mare Artico, dove il mare d’acqua finisce e dove inizia la grande banchisa polare di ghiaccio che arriva fino al Polo Nord. La prima sosta della giornata è nel Magdaleneafjord con la solita ambientazione fantastica. La totale assenza di vento rende il mare liscio come olio e fa da specchio a tutte le montagne e i ghiacci della zona. Sotto la barca che sta gettando l’ancora passano a nuoto due trichechi, altri si vedono vicini e lontani, sdraiati su vari blocchi di ghiaccio. Scendiamo quindi sugli zodiac e andiamo in escursione. Oltre alle normali occasioni fotografiche di trichechi e foche sul ghiaccio, che comunque sono sempre straordinarie per le situazioni e ambientazioni, ogni uscita può regalare sorprese e situazioni uniche. E oggi l’Artico ci regala centinaia di uccelli che si muovono in fila indiana appoggiati sul pelo dell’acqua. Nello specifico sono re degli edredoni. Il maschio di questa papera ha colori e forme bellissime ed è davvero raro vederne tanti tutti insieme. I maschi sono in corteggiamento, seguono le femmine e combattono tra loro per dimostrare la loro supremazia. C’è anche la variante di alcuni gabbiani che attaccano il gruppo, forse pensando che all’interno siano presenti i piccoli, ma è ancora presto per i nuovi nati dell’anno. Il movimento e l’azione, quindi, non mancano e aumentano notevolmente quando tutti insieme decidono di partire in volo. Ci passano davanti e ci girano attorno posandosi di nuovo nella posizione precedente chiudendo un giro circolare di trecentosessanta gradi tutto attorno a noi. Li ringraziamo per la bella scena che ci hanno donato e ci allontaniamo per continuare con le nostre ricerche tra i ghiacci. Proseguiamo fino al Smeerenbugfjord dove avvistiamo un paio di mamme tricheco con il piccolo nato da un mese. È il miracolo e lo spettacolo della Natura e dell’arrivo di nuove vite che tutti gli anni a primavera si ripete e che a vederlo mette sempre tanta emozione e gioia. I piccoli di tricheco, che alla nascita pesano già sessanta kg, sono molto a rischio di essere predati dagli orsi e le madri sono molto allertate. Un piccolo si posiziona addirittura sulla schiena della madre per sentirsi più vicino e protetto. In queste situazioni meglio non esagerare con distanze e durata per non essere di troppo disturbo e per non rischiare reazioni di difesa della madre stessa. Facciamo quindi qualche scatto da più lontano del solito e ci allontaniamo lasciando la madre sola con il proprio figlio a insegnarli la vita e i segreti dell’Artico.

Dopo un altro paio di soste fotografiche con trichechi e foche rientriamo alla barca dove oggi l’equipaggio, vista la location di ancoraggio e la totale assenza di vento, ci ha preparato la sorpresa di una tavolata all’aperto sul ponte principale con tanto di barbecue e birre. Il pranzo all’aperto con la vista mozzafiato delle meraviglie dell’Artico mette grande euforia e soprattutto tanta energia positiva a tutti e tutti ci concentriamo e ci convinciamo che tra oggi e domani, che sono i nostri ultimi giorni di Artico, avvisteremo nuovamente un orso polare. Lo abbiamo già avvistato e fotografato ben per tre volte, ma ci convinciamo che il cerchio si deve chiudere con un ultimo incontro con un orso polare e siamo fiduciosi che l’Artico ascolterà il nostro desiderio. Nel tardo pomeriggio torniamo in escursione in zodiac a Seven Glaciers e come sempre ogni uscita è unica e diversa. Arriviamo in una baia dove ci sono decine di foche, alcune in equilibrio e in posa sui sassi o ghiaccio e altre che nuotano curiose attorno allo zodiac. Sembra quasi che giochino a nascondino con noi; mettono la testa fuori dall’acqua per qualche secondo, ci guardano e poi si immergono di nuovo. Una giovane foca si rotola e si muove impazzita su una lastra di ghiaccio. Forse non trova la giusta posizione, ma sembra davvero che si stia divertendo tantissimo a giocare e a rotolarsi sulla neve presente sopra il ghiaccio. Proseguiamo e troviamo l’ennesimo tricheco sdraiato. Ci avviciniamo e gli giriamo attorno per cercare lo sfondo con le tonalità di arancione e grigio che il sole ci regala a quest’ora. È un bellissimo ed enorme esemplare con lunghe zanne di questo animale che può arrivare fino a millesettecento chilogrammi di peso. Inoltre, questo tricheco ci sorprende e invece di stare sdraiato come spesso accade con tutti i trichechi si mette a sedere eretto nella miglior posizione possibile e ci permette di fare quella che sarà la nostra miglior foto di tricheco del viaggio. Rientriamo alla barca entusiasti per questa ennesima situazione fantastica che l’Artico ci ha regalato e siamo ancora più fiduciosi per domani. Navigheremo tutta notte direzione sud e domattina presto entreremo nel fiordo da dove siamo partiti per l’ultimo giorno di viaggio che dedicheremo interamente alla ricerca di un orso polare, per la chiusura del cerchio magico e anche del nostro viaggio.

GIORNO 8 - IL RITORNO

Al mattino al risveglio, dopo dieci ore di navigazione notturna, siamo ancorati a Isfjorden dove più lontano è situata Longyerbayen e da dove otto giorni fa è iniziato il nostro viaggio. Oggi ci attende l’ultima intera giornata di Artico, di ricerca ed escursioni, di meraviglie e di sorprese. Usciamo con gli zodiac subito al mattino presto, ma in un paio d’ore di escursione non troviamo nessuna buona occasione fotografica. Scendiamo anche dagli zodiac e facciamo una breve passeggiata sul ghiaccio dove troviamo impronte di orso polare passato da qui un giorno fa a giudicare dalla neve. Nessuna occasione fotografica ne avvistamenti, ma mettere l’impronta della propria mano al fianco di quella della zampa del re dei ghiacci, sapere che è passato esattamente da qui, crea sempre quella emozione e connessione unica e magica. Mentre rientriamo alla barca non ci facciamo sfuggire qualche buona occasione fotografica con alcuni trichechi ed una foca barbuta che ha evidente sul viso il colore rosso del ferro presente sul fondale Artico, dove lei va a cercare cibo. Saliamo a bordo e iniziamo a navigare lungo la costa alla ricerca di qualche orso. Navighiamo per qualche ora fino a quando notiamo molto lontano la sagoma inconfondibile, leggermente più gialla della neve, di un orso polare. È lontano dalla costa, ma decidiamo di tentare di avvicinarci il più possibile con gli zodiac. Arriviamo fino alla banchisa di ghiaccio e l’orso è laggiù lontano. Sembra un maschio in cammino che segue una traccia odorosa di qualche femmina passata in precedenza da lì. Passa anche abbastanza vicino a tre renne che appena lo vedono scappano impaurite, ma lui le degna appena di uno sguardo e prosegue a camminare annusando il terreno. In questo momento non è alla ricerca di cibo, ma di una compagna. Purtroppo, la pista che segue prosegue verso la montagna e non verso di noi e poco dopo scompare oltre la collina. Fotograficamente non è un grande avvistamento, ma l’emozione di un avvistamento di orso polare è sempre grande e siamo tutti felici. Da questa zona, con un avvistamento di orso polare il primo giorno era iniziato la nostra avventura nell’Artico e ora si chiude il cerchio, con un ultimo avvistamento di orso polare nel nostro ultimo giorno di Artico. E qui si chiude anche il nostro fantastico viaggio. Rientriamo a Longyerbayen, dormiremo per l’ultima notte sulla barca ormeggiata nel porto e da domani ripartiremo con tutti i voli necessari per ritornare a casa.

È stato un grande viaggio, una grande avventura.
Ogni viaggio è unico e regala emozioni uniche, ma questo è stato anche di più.
È stato vivere nell’Artico isolati da tutto e tutti, affrontare il vento freddo che colpisce ogni parte del tuo corpo, combattere con le dita congelate che non ti permettono di spingere il pulsante di scatto, perdere la cognizione del tempo e della giornata con il sole che non tramonta mai, affrontare le onde e i ghiacci. È stato superare i propri limiti e tentare di connettersi con questo mondo stupendo e pericoloso, che ti accoglie, ti coccola e ti avvolge con le sue meraviglie e che ti colpisce con le sue complicazioni. Un mondo maestoso e remoto con le sue regole e con i suoi tempi, dove l’uomo si sente piccolo al suo cospetto e può essere solo uno spettatore e testimone umile e rispettoso.
Torno a casa con le schede piene di tante ottime foto, ma soprattutto con tutte le situazioni vissute, le emozioni provate e gli incontri fatti impressi per sempre nella mia mente e nel mio cuore.
Mi mancherà il ghiaccio, mi mancheranno gli iceberg, mi mancheranno questi splendidi animali, mi mancherà la MV Villa, mi mancherà lo zodiac, mi mancherà tutto.
Anche solo il colore della montagna che sovrasta Longyearbyen mi rimarrà in mente a lungo, ne sono certo…


Max VENTURI


In questi momenti quando si è così presi dalla adrenalina e da situazioni come questa di fare foto uniche, una cosa importante è fermarsi un attimo, alzare la testa, togliere lo sguardo dal mirino della macchina fotografica, non scattare e guardare la scena che si sta vivendo nella sua totale integrità dell’ambientazione, per capire pienamente l’unicità e la meraviglia del momento. Ogni momento è unico e irripetibile e questo lo è più che mai. In seguito le foto fatte ci daranno una grande emozione ogni volta che le rivedremo, ma il qui e ora della situazione lo si vive solo nel momento stesso con la visione del tutto e in questo specifico caso con la visione integrale di orso, acqua, ghiaccio, montagne, con il freddo che ti blocca le dita, con il vento che ti brucia la faccia, con gli odori e con i suoni dell’Artico. La fotografia naturalistica non è solo avere un animale davanti all’obiettivo, ma è una esperienza unica, coinvolgente e multisensoriale.


www.maxventuri.it | YOU TUBE maxventuri | INSTAGRAM maxventuri | FACEBOOK maxventuri65


Metodi di pagamento: