“Sud Africa? Ecco lo sapevo, scegli la meta del viaggio di nozze pensando solo alle tue foto, sai che noia gli animali. Perché cosa altro vuoi che ci sia?”
Queste sono state le prime parole dette da Simona, che da lì a pochi mesi sarebbe diventata mia moglie, quando le ho proposto la meta africana. L’idea originale era di fare Mosca – Pechino lungo i binari della Transiberiana e della Transmanciuriana, ma i tempi necessari per farlo come si deve non riuscivano a coincidere con le esigenze di due studi legali da portare avanti. Stavamo quindi pensando ad una alternativa.
Sapeva bene Simona che la borsa con la mia D300, il 70 200 2.8 VR, il 17 55 2.8 e il 50 1.8 (oltre all’impugnatura MB-D10, al moltiplicatore TC17 e al modulo GPS che del resto mi aveva regalato lei stessa) avrebbe avuto un posto d’onore nel nostro viaggio, ma le sue parole non rendevano giustizia alle meraviglie che ci aspettavano nel mese di agosto 2009. Quindi forse non sbagliava così tanto ipotizzando che il desiderio fotografico mi avesse guidato nella scelta. Ma del resto la fotografia in un viaggio di questo tipo non può essere altro che il corollario di una serie di emozioni che si spera siano infinite e indimenticabili. Ritrovarle nella memoria delle mie compact flash servirà a poterle rivivere senza affidarsi alla sola memoria umana, dove sicuramente sarebbero rimaste comunque per tutta la nostra vita.
Al momento di pianificare il viaggio non potevamo però immaginare davvero cosa ci aspettava. Era difficile poter prevedere tanto quanto sarebbe passato davanti ai nostri occhi, quanto ciò che verrà poi catturato ad ogni scatto del mio otturatore.
I primi giorni passati a Cape Town ci hanno regalato la strada che corre lungo la costa sud affacciandosi su di un oceano ricco di schiuma e puntellato dai fari fino ad arrivare al Capo di Buona Speranza. Qui il nome stesso di quello che, erroneamente, viene considerato il punto di incontro fra due oceani, ha trovato la sua sublimazione in uno spettacolo davvero speciale: un arcobaleno a incorniciare proprio lo scoglio più estremo ci ha visti quindi emozionati spettatori.
Poche ore dopo abbiamo avvistato il primo animale “wild”, senza immaginare che nel giro di un paio di settimane avremmo vissuto quasi in un documentario tante volte visto in televisione.
Ecco quindi uno struzzo “pascolare” solitario sulla spiaggia per lasciare poi il palcoscenico alla spettacolare colonia di pinguini di Simon's Town e alle cabine colorate di St James.
Con ancora negli occhi il profilo della Table Mountain visto dal vecchio porto di Cape Town inizia la nostra avventura fra gli animali che tanto preoccupavano Simona alcuni mesi prima.
Guidare su strade dall’inconfondibile colore rosso, entrare nei vari parchi e riserve naturali, ci ha permesso di osservare veramente da vicino la vita di animali visti mille volte in televisione, sui libri o nei film, ma che da vicino regalano emozioni inaspettate.
Rinoceronti, gazzelle, bufali “ornati” dall’immancabile uccellino dall’occhio che pare finto, elefanti, giraffe, oltre ai più diversi uccelli si sono offerti ai nostri occhi e ai miei obiettivi. Ogni scatto è rimasto impresso prima nel nostro ricordo e poi sulle mie fidate compact flash, con tanto di precise coordinate registrate negli EXIF.
Il leone che alla calda luce del tramonto dorme quasi come un peluche in riva al fiume ci stupisce, ma non fa altro che da apripista all’emozione più incredibile ed inaspettata che io, fotoamatore appassionato ma anche inesperto, potessi immaginare.
Era fin dalla mattina che seguivamo una famigliola di leopardi nella riserva del Mala Mala, confinante con il parco Kruger tante volte citato nei documentari.
Abbandonata la giovane e forte madre ci avviciniamo con la jeep ad un albero solitario sul quale riposa un cucciolone, già cresciuto, ma ancora troppo inesperto per affrontare la vita da solo nella savana. Mentre chiedo alla nostra guida di spostare la jeep in modo tale da poter scattare nuove foto all’animale una nostra compagna di “game” vede avvicinarsi un leopardo adulto e ipotizza che sia la madre di ritorno. La reazione del cucciolo, lo sguardo impaurito, il rifugiarsi in cima all’albero, fanno da contraltare allo sguardo deciso e quasi feroce del nuovo arrivato.
La guida ci spiega immediatamente quello che sta accadendo. Si tratta di una situazione che probabilmente sfocerà in uno scontro. Il maschio di un altro gruppo ha scovato il giovane cucciolo senza la difesa della madre e si avvicina per ucciderlo ed eliminare quindi un concorrente nella caccia.
Foto vincitrice dell’International Contest 2009, categoria natura
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Il nuovo arrivato, possente ed atletico, sale sull’albero fino a raggiungere gli esili rami posti più in alto, dove il cucciolo si è rifugiato sperando di non poter essere raggiunto, cosa che invece accade.
Noi siamo sotto l’albero, per fortuna in una jeep senza alcuna protezione e quindi con la visuale libera su quanto sta accadendo. Io ho montato sulla mia D300 il 70 200 moltiplicato e non stacco l’obiettivo dalla scena.
I ringhi, la tensione nell’aria e poi l’attacco. Fra me e i due animali molti rami, fortunatamente senza foglie. L’AF della mia macchina aggancia a tratti l’albero, ma riesco comunque a tenerlo sui due contendenti.
Pochi secondi, che però scorrono lentissimi davanti a noi, quando il ramo che reggeva a fatica i due animali si spezza, separandoli. Il cucciolo cade al suolo. Io cerco di applicare una regola acquisita sui campi di basket e di volley dove, a migliaia di km da quel punto, scatto foto durante il resto dell’anno: scattare non quando si è vista una scena, ma quando la si sta per vedere, al contrario sarà già passata invano davanti al nostro obiettivo.
Due click e poi un tonfo. Il cucciolo è caduto a terra e sta ora scappando nella savana mentre il suo aggressore lo guarda dall’alto senza trovare il coraggio di gettarsi da circa 4 metri per inseguirlo.
Io, ancora adrenalinico per quanto accaduto, abbasso gli occhi sull’lcd della mia D300 e scorro gli ultimi scatti. A prima vista capisco che la macchina non mi ha tradito. La foto che vedo in quel momento sullo schermo la rivedrò più volte. In particolare, alcuni mesi e mille emozioni dopo, avrò la fortuna e il piacere di vederla stampata sul numero di Dicembre del National Geographic Italia. Al suo fianco una didascalia che mai avrei potuto neppure immaginare: la foto vincitrice dell’International Contest 2009 categoria natura.
Aveva ragione Simona. Il nostro viaggio di nozze sarebbe stato caratterizzato anche dalla fotografia, ma in un modo tanto inaspettato quanto emozionante che nessuno mesi prima avrebbe mai potuto immaginare, tantomeno io.
Contatti: stefano@amirante.it
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