Dalle basi italiane di ricerca ai luoghi più remoti ed estremi del freddo Polo Sud.
Sono un fotografo specializzato in immagini scientifiche e industriali. Ciò mi porta in luoghi pericolosi e difficili da raggiungere, e a utilizzare abbigliamento e attrezzatura idonea. La difficoltà e la pericolosità degli stessi rende però il mio mestiere attraente. La voglia di avventura e adrenalina mi ha quindi spinto a visitare l'Antartide.
Dopo mesi di ricerca, appuntamenti e organizzazione, è dunque arrivato il momento della partenza. Un viaggio di 30 ore, con 59 kg di bagaglio, non era però ciò che più, del mio progetto, mi entusiasmava.
L'emozione dell'avventura però è riuscita a porre il massacrante viaggio nella giusta prospettiva.
L’arrivo a Christchurch, in Nuova Zelanda, è stato molto meno faticoso del previsto, non avendo sofferto tanto per il fuso orario di 12 ore.
Mi sono fermato un giorno e mezzo qui, perché sapevo di dover affrontare un altro volo di circa 8 ore, a bordo di un rumoroso aereo C-130 militare. Non volevo arrivare sul ghiaccio troppo stanco e rischiare di non essere subito operativo.
All’arrivo l’impatto è stato immediato. Appena sceso dal C-130, la quantità di luce, l’infinita vista di ghiaccio, il freddo (-22,5°C) e la sensazione di isolamento, mi hanno trasportato in un ambiente alieno.
Ma per un fotografo, la prima cosa che colpisce e la qualità della luce. Con un ambiente quasi completamente assente d' inquinamento, l'atmosfera era limpidissima.
Uno degli ostacoli organizzativi e logistici era decidere quanta attrezzatura portare, considerando il lungo viaggio, gli spostamenti in elicottero, in aerei turboelica e via dicendo.
Alla fine ho deciso di viaggiare con:
- 3 corpi macchina Nikon D800E e battery pack MB-D12
- 6 batterie Nikon EN-EL 15 e 2 batterie EN-EL 18
- un obiettivo AF-S Nikkor 14-24mm f/2.8G ED
- un obiettivo AF-S Nikkor 24-70mm f/2.8G ED
- un obiettivo AF-S Nikkor 70-200mm f/4.0G ED VR
La maggior parte delle fotografie è stata realizzata con gli obiettivi AF-S Nikkor 24-70mm f/2.8G ED e AF-S Nikkor 14-24mm f/2.8G ED. Ho infatti limitato al massimo i cambi d'ottica.
Scattando esclusivamente in manuale, c'è voluto parecchio per trovare l'esposizione corretta. La grande quantità di luce diretta e diffusa dal ghiaccio, non rendeva possibile l'uso del monitor e dunque ho utilizzato molto l’histogram e il bracketing di circa 3 stop, esclusivamente in Raw.
L'attrezzatura ha retto perfettamente anche a temperature di -48,9°C. È stato difficile tenere gli obiettivi puliti dai fiocchi di neve e dai piccoli pezzi di ghiaccio trasportati dal vento. Le batterie sono durate molto di più di quanto avevo previsto. Con un minimo di cura, tenendo le macchine fotografiche in borsa o sotto il giubbotto, le batterie hanno sopportato il freddo molto meglio di me.
Le difficoltà del luogo non hanno tolto nulla alla bellezza, alla purezza e alla qualità della luce, facendomi apprezzare di più, oggi, ogni singolo scatto che ho realizzato.
Subito ho notato che i ghiacciai non sono semplicemente bianchi, ma contengono molte sfumature di blu. Il ghiaccio assorbe infatti le lunghezze d'onda del rosso, riflettendo luce tendente al blu.
Il mio progetto prevedeva di documentare la ricerca scientifica italiana condotta nelle due basi in Antartide, la Stazione Mario Zucchelli e la Stazione Dome Concordia.
Seguendo i vari ricercatori, in aerei ed elicotteri, nelle loro attività in aree ancora più remote delle basi italiane, ho avuto la possibilità di osservare e fotografare l'Antartide anche dall'alto, un punto di vista di assoluto privilegio.