“Sguardi” in mostra a Bologna

A cura di: Paolo Mazzanti

Un percorso fotografico senza soste, senza esclusione di luoghi né di persone, ha lasciato un solco indelebile nella mia interiorità e nel mio essere fotografo. Il mio archivio conta circa 35.000 immagini per più di 40 anni di emozioni. Alcune saranno in mostra a Bologna, presso la Piazza del Nettuno, il prossimo ottobre...
 

Ho acquistato la mia prima Nikon nei primi anni 70. Era la mitica F Photomic. Da allora non ho più abbandonato il marchio, passando di modello in modello, dalle analogiche fino alle più recenti digitali, senza trascurare le subacquee Nikonos II e III, con il fantastico obiettivo UW Nikkor 15mm. Fino alla famosa Nikonos RS.
Attualmente possiedo due Nikon F100, una F90 e due corpi D600. Per quanto riguarda gli obiettivi, pur possedendo un 28mm, un 50mm e un 105mm, tendo a privilegiare gli zoom. La fotografia che esprimo nei mercati o durante le cerimonie, si avvale di un 28-70, di un 18-70 e di un 70-210 AF Nikkor. Il tutto in abbinamento a un flash Nikon SB-600.
Da moltissimi anni ho unito la passione per la fotografia a quella per i viaggi etnografici, cercando in ogni modo di raggiungere feste e cerimonie che si svolgono nel mondo: dal Sing Sing della Papua Nuova Guinea al pellegrinaggio Hindu Kumbh Mela, dal Jerewool alla Holla Moalla dei Sikh. Per non parlare della festa delle polveri e colori di Holi, dell'iniziazione delle ragazze Dipo in Ghana, delle cerimonie voodoo del Benin, dell'uscita delle maschere in Burkina Faso, delle splendide carovane del sale della Dancalia e via dicendo.
È sempre una grande emozione vivere questi momenti, sentirsi un “non intruso”, far parte delle cerimonie o ancora, più semplicemente, dei mercati e della vita quotidiana.

La maggior parte dei miei ritratti rappresenta volti sorridenti o semplicemente sguardi luminosi. Ricordo, rivedendoli, anche il prima e il dopo di ognuno, l'emozione di aver vissuto quegli attimi.
Ho ancora i brividi se ripenso a quel vecchio di uno sperduto villaggio del nord del Vietnam, che avendomi chiamato a visitare la sua povera capanna, e non avendo nulla da offrire al suo ospite, mi consegnò una piccola patata ammuffita.

O a quella splendida ragazza del Bangladesh che stava spalmando sterco di mucca sul pavimento della sua casa per tenere lontani i parassiti, la quale, alzando gli occhi, mi vide e immediatamente mi sorrise. Oppure a quella donna in Pakistan, completamente coperta da un velo nero e dall'aria doverosamente austera, tradita dallo sguardo luminoso e dal dolcissimo sorriso che solo il flash della mia Nikon potette intravedere dietro il sottile tessuto.
Alcuni sono viaggi difficili, ma nessun disagio può sminuire l'emozione che provo, ormai da 40 anni, quando mi trovo in mezzo alla gente che presta al mio obiettivo volti e sorrisi.

Una malaria celebrale, esplosa nel bel mezzo del Sahara algerino, durante il raid transahariano da sud a nord, con partenza in Mali, a Bamako, e arrivo a Tunisi. Questo è stato uno degli incidenti peggiori. Una malattia che non perdona se non contrastata nelle 24 ore che passano dall'insorgenza dei primi sintomi. Fui molto fortunato perché incontrai - e nel deserto non è facile - due tecnici norvegesi di Ghana Telecom, in possesso dell'unica medicina che potesse salvarmi.

Ricordo poi di un ricovero in un immondo ospedale in Gambia, dove fui tenuto senza acqua per giorni, in agosto. Avrebbero voluto operarmi di peritonite acuta e invece si trattava di calcoli renali. In quell'occasione, a salvarmi fu un giovanissimo volontario di Medici Senza Frontiere che passando per caso nei pressi della sala operatoria, mi ha escluso dalle urgenze invitandomi a prendere il primo aereo in partenza verso il nord.

Ho avuto grossi problemi anche con il Fronte Islamico Armato in Mali, che per lunghi giorni ha cercato di rapinarmi (o peggio) senza riuscirci.
E poi l'ostilità latente ma facilmente avvertibile nel nord del Pakistan, specialmente nella Karakorum Hidway, o al Kyber pass verso l'Afghanistan.
E ancora la stupidità della polizia cinese che nonostante i permessi di cui disponevo, mi ha impedito, dopo quattro giorni di piste e altri quattro per tornare, di assistere alla cerimonia buddista della fuga del Dalai Lama a nord di Chendu. Tutto questo l'ho fatto per amore della fotografia.

L'amore per la fotografia mi ha spinto anche “più in basso”: sono diventato subacqueo! Anche in questo ho provato emozioni a non finire: un mondo meraviglioso da esplorare, quello sommerso, e da portare in superficie attraverso le immagini. Le prime Nikonos erano macchine fotografiche eroiche: semplici “gusci”, niente reflex, niente esposimetro, niente di niente, ma con un grande vantaggio. Quando imbarcavano acqua - e succedeva spesso dato che bastava un piccolo granello di sabbia tra l'oring e l'obiettivo perché si allagassero -, bastava aprirne il guscio, sciacquare con acqua dolce e tutto tornava a posto. Quanto le ho desiderate quando, con l'avanzare della tecnologia, si è giunti a immergersi con enormi scafandri corredati da immancabili flash di dimensioni disumane, e soggetti a danni enormi in caso di allagamento.
I miei compagni di immersione, vedendomi preparare la custodia ove inserisco la D600, mi chiedono sorridendo: “Oggi scendi con il lavandino?”.

Con gli scatti più significativi è uscito il mio primo libro "Sumi". Di tutte queste esperienze conservo splendide raccolte fotografiche, un archivio di più di 35.000 scatti.
Con grande soddisfazione ho visti pubblicati dal National Geographic diversi miei volti nel libro “I popoli del mondo” e con piacere ho partecipato a svariate manifestazioni Unicef. Una gioia immensa fu il piazzamento al terzo posto assoluto al Nikon Photo Contest del 1966. Ho allestito diverse mostre fotografiche, ma il ricordo va alla prima tenutasi a Palazzo Re Enzo di Bologna, in una sede storicamente illustre, nella splendida cornice di Piazza Maggiore.

Il titolo non poteva che essere “Sguardi”, accompagnato da una frase di G. Herbert, “gli occhi parlano ovunque la stessa lingua”. Nei quindici giorni di allestimento è stata visitata da più di 7.000 persone che hanno espresso i loro sentimenti scrivendo sul libro delle presenze frasi straordinarie di gratitudine per quello che ero riuscito a tramettere.
Su un cartello posto all'entrata, in cui veniva descritta l'iniziativa, concludevo scrivendo: “Se il visitatore, uscendo, potrà dire che anche una sola di queste immagini lo ha fatto sorridere, lo ha impressionato, incuriosito, commosso, allora questa mostra avrà avuto successo”. In molti commenti mi veniva risposto: “Bravo, ci sei riuscito”.

Altre due mostre sono in programma a ottobre: la prima dal 5 al 20, a Carpi, nel cortile d'onore del Palazzo dei Pio; la seconda, dal 24 al 31 ottobre, all'aperto, a Bologna, in Piazza Maggiore, attorno alla Fontana del Nettuno, con 12 enormi totem bifacciali e 24 gigantografie.

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