Due settimane sono poche per un viaggio.
Di certo insufficienti per cogliere l'anima di un paese, soprattutto se trascorse nel periodo estivo, quando il flusso turistico sembra quasi voler far violenza a quell'anima e costringerla a ritirarsi e nascondersi per far posto al solito chiassoso e distratto divertimento globalizzato.
E' questo l'unico rammarico che mi ha lasciato il mio breve viaggio d'agosto, in Portogallo.
Nel corso del mio girovagare però, a volte, quell'anima è comparsa, timida, fuggevole ma ammiccante. Quasi come una giovinetta che ti lega a se con: "Ora no! Non è tempo…ma domani…chissà!".
E domani tornerò di certo, magari all'inizio di una primavera, quando gli ultimi alisei accarezzano la terra e la gente ed invitano il sole a riappropriarsi dei colori.
Sarà il periodo migliore per scoprirla quell'anima, mentre passeggia lungo i vicoli o si riposa nelle campagne, tra querce e mandorli appena fioriti.
Quell'anima portoghese che si chiama saudade.
Saudade è la dolcissima malinconia.
Saudade è un'insieme di sentimenti ardenti, nostalgici ed utopici al contempo che lega tra loro persone, luoghi, tempi passati fino a creare una vera e propria identità di appartenenza che va oltre i confini territoriali ed abbraccia le regioni dell'intera Lusofonia: "a língua é minha pátria" (la lingua è la mia patria).
Nella saudade affonda le radici lo spiritualismo animista della poesia e del canto portoghese.
E domani, a primavera, quando ritornerò, non vi sarà un trambusto di turisti a coprire l'accordo di chitarra, che uscirà da una finestra su un vicolo dell'Alfama o a distrarmi da un verso di Pessoa che tornerà alla mente mentre salirò una scalinata acciottolata del Bairro Alto.
Mi alzerò di buon mattino, quando l'aria limpida invita il sole a risvegliare i colori
Un breve viaggio verso il cuore di una città sempre in festa.
Nella Baixa di Lisboa, incontrerò l'altra anima portoghese, quella dell'appartenenza europea, moderna, dinamica, effervescente.
Quasi il desiderio di recuperare in fretta il tempo perduto nel corso di quell'immobilismo secolare iniziato dopo l'epoca delle grandi conquiste e durato fino ai tempi recenti di Salazar.
Le due anime convivono ma a volte il loro contrasto è quasi tangibile.
Poi sarà solo lo sferragliare dell'electricos 28 a farmi da compagno lungo le strade dell'Alfama.
Tornerò a passeggiare per le strade di Coimbra, e respirarne l'aria vivace, colta e raffinata
Andrò a cercare la città vecchia, sempre più difficile da trovare perché nascosta, quasi schiva, in un nucleo urbano in rapido rinnovamento.
Forse mi fermerò a riposare nella piazzetta davanti alla chiesa, tra i profumi della primavera ad osservare chi aspetta da un giorno, da un anno, da una vita.
Salirò ancora all'università, per stupirmi di nuovo di fronte all'esuberanza del barocco nell'antica biblioteca.
Ritroverò a Fatima rituali antichi, come antica e profonda è la spiritualità della gente portoghese.
Passeggerò lungo le mura delle fortezze moresche, in silenzio, per riascoltare l'eco antica di mille battaglie
Ed ancora ritornerò verso il mare. Verso quel Cabo de Roca che fu per millenni l'invalicabile frontiera ad ovest ed oggi è faro d'Europa per i viaggiatori dell'oceano.
Quell'oceano che oggi si concede, quasi mansueto, ai nostri giochi.
Ma che ci risveglia l'ancestrale timore della porta sull'ignoto, quando restiamo soli di fronte a lui.
Proseguirò verso sud, lungo la via della migrazione delle cicogne
Facendo sosta in qualche villaggio dell'entroterra alantejano, dove la vita scorre lenta come l'acqua nel fiume.
Lenta e sempre uguale a se stessa, nei vicoli e nelle piazze.
Infine mi fermerò a sud, dove la terra torna ad incontrare il mare in quell'Algarve che sembra voler unire in un matrimonio indissolubile l'esuberanza dell'oceano alla struggente bellezza dei nostri paesaggi mediterranei.
Con le falesie rosse ed aspre a sfumare verso est in paradisi palustri animati dalle grida di mille uccelli.
Ed ancora mi stupirò di fronte all'oro dipinto da un tramonto.