Il Perù è quasi una poesia da interpretare, di quelle ermetiche più che di diretta comprensione. quelle da studiare e scavare all’interno delle parole, all’interno di quella che è la corazza esterna. Questo affascinante angolo di mondo è anche il terzo paese più esteso dell'America del Sud dopo Brasile ed Argentina, nonché uno tra i venti paesi più vasti del pianeta.
Molti viaggiatori scelgono di fare un viaggio in Perù per una serie di motivi: Machu Picchu, Il Canyon del Colca o attratti dal lago più esteso al mondo a quasi 4000 metri sul livello del mare, ma chiaramente quando si arriva lì appare chiaro che questo è forse la parte meno importante.
L’intero Perù è pervaso di una ricca storia e tradizione (la civiltà Norte Chico è una delle più antiche del mondo) che nemmeno l’arrivo degli spagnoli è riuscito ad estirpare.
Le persone sono molto solari e ti contagiano con la loro energia e l'immensa disponibilità ad aiutarti. Il divario sociale, soprattutto nelle città, è chiaramente percepibile. C’è molto fervore politico e sotto quel punto di vista "il pueblo" è ancora legato al concetto di lotta sociale, una lotta che però non sembra portare buoni frutti. Esistono ancora antichi mestieri come il lustrascarpe, e moltissimi venditori ambulanti di bibite, caramelle e mais tostato. Ognuno cerca di arrangiarsi come può e Lima appare come la nostra Napoli, ma di dimensioni più grandi.
Esiste un’organizzazione criminale che si chiama Sicariato e che agisce principalmente a nord di Lima, nella zona del porto, che nei decenni è stato una delle vie principali per l’esportazione della Coca verso America ed Europa. Coca (sotto forma di foglie naturali) che un tempo serviva agli antenati per sopportare la fatica, la fame ed il mal di altura e che tra l’altro viene ancora abitualmente masticata, specialmente a sud. Gli stessi spagnoli, al loro arrivo, prima la vietarono poi una volta compresa l'utilità non ne impedirono l’utilizzo.
La produzione agricola in alcune zone impervie del territorio sfrutta ancora antichi acquedotti dell’epoca della popolazione Nazca (antecedente agli Incas). A sud, invece, nella regione di Cusco, il cosiddetto “Ombelico del mondo”, particolari terrazzamenti permettevano studi di botanica che favoriva la coltivazione di circa 50 tipi di patate diverse, che ha portato ad oggi ad averne oltre 4000 varietà.
La pesca è ancora abbondante. Nei pressi di Paracas grandi aziende piazzate sulla costa attendono decine di pescherecci locali per lavorare il pesce e spedirlo in tutto il paese. Il cevice, piatto nazionale di epoca precolombiana è l’espressione di quanto l’attività ittica sia importante in questo paese.
Verso sud, Arequipa, la regione dei vulcani, dei Canyon mozzafiato, del monastero più grande del mondo e dei musei Inca. Cittadina forte e guerrigliera contro i numerosi terremoti che l’hanno vista sofferente, ma pronta a risollevarsi.
A nord di Arequipa si trova la zona del Titicaca, dove ci si perde tra gli incredibili "esperimenti sociali" messi a punto dagli abitanti di Taquile (700 famiglie vivono e lavorano per una cassa comune, per poi ripartire i proventi a tutti equamente) e le isole galleggianti di Uros, oggi praticamente un museo all’aperto che mostra il modo di vivere della popolazione del lago.
Poi c’è Cusco. Il centro dell’impero Inca. Una regione intensa in ogni senso, con le rovine di Machu Picchu, la Valle Sacra, le saline di Maras e i terrazzamenti concentrici di Moray.
Intenso...è questa la parola con cui definirei questo suggestivo angolo di mondo. Un luogo che va ben oltre la meta prettamente turistica.
Infatti il Perù è la cassaforte dell'umiltà che si sta estinguendo, i tramonti di fuoco che affogano dietro l'orizzonte, le mani sporche di terreno e di passione, i cuori intimoriti e puri dei bambini avvolti nella coccola del caldo dorso della mamma, sono i mondi in collisione in uno stesso spazio, i colori delle case e della gente che ti dipingono la vita e ti lasciano un pezzetto di sè.
Lima, Ciudad de los Reyes, appare subito come una città latina. Metropoli confusa con a Nord un porto internazionale e una "Municipalidad" come Callao affetta da vari problemi di criminalità, a sud la zona più calma e residenziale con i quartieri di Barranco e Miraflores, centro artistico e culinario della città, fino alle pendici del Cerro San Cristobal, dove la classe più povera ha costruito baracche di fortuna, costituendo di fatto un "Barrio Pobre".
Il traffico è incredibile e come spesso accade in sud America, un pò anche da noi nel sud Italia, i semafori e le indicazioni stradali restano appunto solo "indicazioni".
I mezzi di trasposto pubblico sono pochi e si sopperisce alla necessità di spostamento dei dieci milioni di abitanti, utilizzando taxi e collectivos che scorazzano su e giù per la città, suonando continuamente il clacson per attirare l'attenzione delle persone che in pratica saltano in corsa su questi fatiscenti piccoli van, per raggiungere un capo o l'altro della città. Strano, invece, vedere alla fermata dei bus pubblici il formarsi di un'ordinata fila indiana per salire. Totalmente in contrasto con il caotico scorrere di un fiume di auto.
Si mangia bene, a patto che si vada o in posticini davvero tipici o in ristoranti di livello. Anche la cucina CIFA (fusione Peruviana-Cinese) è molto interessante.
Ai piedi del pendio dove si erge la città, ci sono immense spiagge ottime per il surf, meno belle per fare il bagno: sempre di oceano si tratta! Grattaceli si mischiano a vecchi e decadenti edifici colorati di epoca coloniale, che ad ogni terremoto crollano e vengono sostituiti con moderne costruzioni.
Quando il pullman dal vivace tumulto della metropoli limeña si immerge lungo la desolata Panamericana Sur che porta a Paracas, un’improvvisa metamorfosi ti veste da astronauta di un paesaggio che appare lunare.
Un’ambiente monocromatico, dove solo il silenzio irrompe dominando ogni cosa.
E’ Paracas a ridonare uno stralcio di vita in mezzo ad un deserto che sembra non avere nè luogo nè tempo. Una sterminata riserva naturale che racchiude le più svariate specie animali è il tesoro più prezioso della piccola ciudad peruviana.
La viscida sensazione delle alghe melmose che pervadono la riva del mare; i sensi che si assopiscono per un pò lasciandoti in un lieve stato catartico; un’allegra compagnia di pescatori su di un peschereccio che ti saluta dietro la spuma del mare che sbuffa, con la lieta percezione che qui il vivere di pesca riporta tutto alla semplicità e purezza che ognuno insegue con affanno.
Altra storia Nazca. Apparentemente solo deserto ma con un'immensa rete di sorgenti sotterranee sapientemente mappate con le famose "linee", che nei secoli sono state portate alla luce da incredibili acquedotti a spirale che ne intercettano le acque e le rendono fruibili per l'agricoltura.
Meta turistica soprattutto per le famose “linee” disegnate dai Nazca, che solcano una gran parte di terreno desertico, donando alla vista immagini di animali diversi.
Splendida culla vulcanica, ne vanta uno in particolare, regnante sulla ciudad, El misti. Alto quasi 6.000 m dal livello del mare, ha dato del filo da torcere alla cittadina nei secoli passati con le sue eruzioni.
Non solo. El misti è stato anche cimitero dei corpi sacrificati dagli inca, oggi conservati nei musei d'Arequipa.
La ciudad ha come tutte la sua plaza de Armas, con lunghi porticati che diramano dintorno e una generale organizzazione che la rende un po’ meno sud americana. Tant'è vero che le persone nate qui si stringono fieramente ad uno spirito patriottico locale, quasi volendosi rivendicare a particella autonoma rispetto al resto del Perù. Non a caso l'intento era stato quello di coniare una loro moneta.
Sono diversi i luoghi d'interesse; oltre i musei, l'immenso ed incantevole Monastero di Santa Catalina, il più grande del mondo, una "ciudad nella ciudad", che ti catapulta dall'attualità in un viaggio attraverso i costumi e i luoghi in cui le monache dell’epoca svolgevano la loro quotidianeità, spesso costrette ad internarsi senza spontanea vocazione.
Eppure la storia che pregna la città ne abbraccia solo il lato più orgoglioso, tralasciando quello selvaggio. Tralasciando il fatto che, passeggiando lungo le strade arequipene, skateboarder sfrecciano lungo i marciapiedi e gruppi di scalatori ben armati di zaini e spirito d'avventura si dirigono verso uno dei tanti percorsi di trekking che il paesaggio offre. E per i più temerari il Canyon del Colca diventa meta obbligata. A poche centinaia di km dal centro storico, lo sconfinato Canyon si estende in una scena magica da contemplare e in ripide discese e salite che conducono alle oasi che giacciono alle pendici. Completamente aldilà di quella che è la modernità, in una catartica simbiosi con la natura che ti lascia succube del suo incanto.
Il Titicaca ti proietta in un mondo del tutto ameno, parte la città di Puno che appare caotica e disordinata, con le case poco colorate che sono aggrappate dalla cima della collina alla riva e sembrano davvero essere state costruite a casaccio.
Una gita in una fatiscente, lenta e rumorosa barca è d’obbligo per visitare le isole galleggianti di Uros, poi Amantanì e Taquile.
Il mare dolce è davvero grande e porta fino in Bolivia e lungo le sponde si dislocano decine di piccoli centri principalmente agricoli.
Sulle rive, tutto il giorno si scorgono piccoli incendi della pianta fulcro della del lago: la Totora. I pastori, per permettere alla nuova erba di spuntare, la incendiano aspettando che una tempesta pomeridiana la spenga, e nell’attesa governano il pascolo tra una partita a nascondino e tante risate.
Si rimane incantanti davanti ad un mondo così genuino, essenziale. I bambini sono vestiti con stracci sporchi di terriccio, in una fusione uomo, natura e fauna che è stupenda da vedere e da percepire.
Nel periodo di Gennaio, poi, iniziano i festeggiamenti della Virgin de La Canderlaria, con immense e lunghissime sfilate di scuole di ballo e di musica, che per ore allietano i locali ed i turisti ad un ritmo irresistibile. Non a caso Puno vanta il primato di cittadina più folckloristica del Perù.
Qui si viaggia in un piccolo taxi a tre ruote che ricorda i TUK TUK thailandesi che ben si prestano al costante traffico.
Le persone, soprattutto in campagna sono timide ma non schive e sempre pronte a mostrare tutte le loro rughe con un sorriso.
La Cusco "Ombelico del mondo" (parola d'origine quechua) dell'impero Inca, ha preservato nei secoli quella centralità che l'ha sempre contraddistinta fin dall'antichità.
Una delle più antiche città popolate dell'America, oggi sprigiona tutto l'eco storica del popolo Inca che l'ha foggiata. Il suo lascito storico è la ragion d'essere del turismo di Cusco. Al centro della cordigliera delle Ande, a circa 3000 metri, si distende soave con la sua valle Sagrada.
Immensa da visitare, solcata dai lunghi fiumi secolari e rigogliosa di verde. Disperdersi nel vaporoso odore delle Salineras, nel caldo, labirintico vagare tra le vasche di sale tutt'intorno. Scrutare curiosi i gradoni di Maras, che ti accerchiano ad anfiteatro, ti risucchiano nel vortice della loro peculiarità, riportandoti all'epoca delle coltivazioni Inca, che adibivano queste immense scalinate a centro di sperimentazione agricola.
Lasciarsi cullare dalla vita cittadina, adornata dell'eco monumentale degli Inca, del richiamo al culto del dio Sole, e di tutto ciò in cui loro credevano.
Dipinta di colori, di mercati senza fine, della maestosa Cattedrale che dimora silenziosa la Plaza de Armas, lasciando parlare solo la folla di gente che qui si mescola.
Insomma, una vera e propria roccaforte di un grande impero tramontato, ma non deceduto, ancora vivo più che mai in tutto ciò che qui ne conserva intatta l'anima.
E poi Machu Picchu, stupendo, ma ancora più incredibile la via per accedervi, passando per Hidroelectrica (centrale costruita da un ingegnere italiano) lungo i binari del treno che porta ad Aquas Caliente o Machu Picchu Pueblo alle pendici dove si ergeva la famosa città Inca.
Un venditore ed un compratore. Lo smercio di prodotti vari. L'affare.
La prima cosa a cui la parola mercato ci porta a pensare è “luogo di scambio”. Ragionandoci, si pensa ad una compravendita di merci, null’altro di più semplicistico.
Eppure a volte il mercato offre molto più di questo. È uno scambio sociale, di culture, un luogo d’incontro, una passeggiata di colori, un assaggio di profumi disparati intrecciati nel medesimo ambiente. È uno scambio di sguardi, un istinto di sopravvivenza, un contatto con la terra, una nuova visione delle cose, una percezione del mondo... a volte persino una danza, in mezzo a chi ha poco e nulla, e ne sembra sazio.
Un concetto piuttosto antico di mercato quello che pervade il Perù, rispetto a quello che è il nostro modo di concepire un mercato “moderno”. Laddove i frigoriferi preposti a conservare le carni altro non sono che l’ambiente naturale che ci circonda, una cultura totalmente diversa dalla propria può apparire bizzarra. Modi che a noi sembrano alquanto rudimentali, ma che rende il loro legame con la Pacha Mama (la madre terra) ancora più viscerale.
Eppure credo, semplicemente, che la sintesi della diversità di culture qui giace nella consapevolezza che il nostro mercato è un luogo dove vendere e comprare, il mercato peruviano è molto di più: è un’Esperienza.
Il Perù non sembra soffrire della crisi demografica mondiale; sia perché è un paese ancora profondamente agricolo, e le braccia sono risorse, sia perché di fatto è in una fase di crescita economica da qualche anno.
Ma la povertà dilaga, comunque, in quelle “baraccapoli” poco distanti dal cuore pulsante dell’economia cittadina. Molti bambini vivono in questa Babilonia affrancata dalla modernità. Laddove la povertà diventa paradossalmente ricchezza e saggia maestra. Maestra di una vita che può renderci felici con poco. E i bambini sono per strada a dipingere sui marciapiedi o a costruire castelli di sabbia lungo la riva dell’oasi di Huacacchina.
Quando, poi, una folla di turisti si accalca a salutarli, ombreggiando sulle loro casette sgangherate, loro tendono timidamente la mano, quasi fosse una celata richiesta d’aiuto; con quegli occhi eloquenti che ti parlano, con quello sguardo che ti si incolla dentro.
È davvero curioso anche il fatto che gli adulti abbiano la tendenza ad essere molto pazienti coi bambini. Li lasciano liberi di esprimersi come vogliono e di girovagare senza farsi prendere troppo dall’apprensione.
Il solo guardare queste stupende creature può insegnarci come poter apprezzare le piccole cose. Non dovremmo mai dimenticarlo, non dovremmo cadere nel vizioso vortice in cui ci risucchia il finto benessere della società moderna. Ma purtroppo, forse, anche la bimba che tentava di imitare le ballerine sul maxischermo di una sala scommesse lo dimenticherà presto.
Il deserto, gli alti monti, i vulcani che bisbigliano al cielo e i pendii scoscesi non sembrano frenare quell’arduo lavoro agricolo che in Perù fieramente conducono.
Gli agricoltori si "spaccano" la schiena per portare a termine il raccolto, ma il risultato è ottimo e i prodotti della terra rispecchiano chiaramente il sacrificio impiegato. Anche per questo il paese ha riconoscimenti in tutto il mondo per la varietà e preziosità della cucina.
I coltivatori lavorano per lo più con attrezzi manuali e anche sotto il sole cocente, avvolti da sciarpe e sotto cappelli o berretti che li proteggono. Lavorano ad una velocità incredibile. Sono precisi nei movimenti di raccolta e scarto dei prodotti e sono felici quando gli si pongono domande sul loro lavoro, il periodo di coltivazione e le tecniche per realizzare dei buoni prodotti.
Rispondono senza mai fermarsi. Anche i giovani lavorano nell’agricoltura, probabilmente per necessità più che per tradizione, ma sembrano amare comunque quello che fanno, anzi, lavorano zelanti, occupandosi perfino della parte del lavoro più pesante.
Si coltivano principalmente patate, pomodori, mais, carciofi ed asparagi.Anche se il riso è l’equivalente della pasta per noi, non mi è capitato di incontrare mondatori lungo le strade percorse. Il concime utilizzato deriva principalmente dai bovini. Infatti il “guano” (escrementi di uccelli) di cui la riserva di Paracas è piena e che risulta essere il più potente fertilizzante naturale al mondo, viene solamente esportato e poco utilizzato in Perù.
Questa è la parte genuina che in molti altri paesi l’industria ha sotterrato. E’ sempre bello, spostandosi in giro, scorgere dal finestrino del pullman, sotto la luce fioca del sole all’alba, sagome aranti nei campi.
Le persone sono la vera sorpresa. I peruviani hanno una socievolezza ed un’educazione quasi sconvolgente. Basta poco e sei loro amico. Ti lasciano il contatto e si mettono a disposizione per qualunque evenienza.
Sono anime genuine, semplici, tradizionaliste, contadine, artiste, culturali, energiche, fedeli...
Eccole in una delle miriadi di chiese che tappezzano le varie ciudad, accalcate sotto una croce che le sovrasta. Probabilmente a dar voce alle loro speranze, alle loro preghiere.
Oppure si riuniscono la domenica all'aperto per un pic nic, magari passeggiando nelle zone adibite a mercatino, con piccoli anfiteatri messi a distanza l'uno dall'altro con spettacoli musicali, balletti, commedie, d’ogni tipo e per ogni età.
Le incontri al mercato a vendere la frutta o ad arare nei campi con la passione e semplicità che contraddistingue tutto ciò che fanno. Le incontri nei panni di una giovane guida felice di elargire le conoscenze sulla propria terra.
E' un paese che fa accoglienza vera, con naturalezza e passione. Esiste anche una nutrita fetta di persone di origine italiana, soprattutto a Lima, segno che le due culture hanno molti tratti in comune. Magari è proprio questo che ci fa sentire a casa, svestendosi dell’immagine dello “straniero” per sentirsi, invece, profondamente amalgamati in questa magica realtà.