di Marco Franceschini È come entrare in una dimensione senza tempo, dove tutto ciò che ti scorre davanti è immobile, fissato nei tuoi occhi, nei supporti che mani sapienti hanno saputo trattare: luce che scrive per il tempo, per la storia di ciò che è stato, per l'essente che non c'è più, lì davanti a te. Onori, mentalità, visioni, lontananza ed appartenenza, fatti ancora di sguardi ora curiosi, ora attoniti, ora interessati, ora annoiati ma essenzialmente, sentimentalmente coinvolti, tutti coincidenti ancora nell'arte dell'immagine fissa: Paris Photo.
Seducente erotismo, sensazione d'incomprensione, ambiguità, luci aliene, performance lontane a supportare la comprensione delle profonde ed evidenti diversità espresse attraverso l'idea di riprodurre (sha) il vero (shin) o lo scrivere con la luce.
Tutto il tempo della fotografia, della sua storia, in un luogo unico, al centro del mondo. Le stampe di Steichen, di Cameron, di Brassai, di HCB, di Hicks, di Abramovic, di Araki… ed altri ancora, tanti. Non puoi sentirti stanco anche se sei ubriaco di sensazioni. E quando ti accorgi di vivere in un labirinto di immagini, di stili, di colori e ritorni ancora negli stessi posti, ti sorprendi nello scoprire nuovi dettagli, nuove fotografie.
Attraverso queste immagini, gli sguardi delle persone, quegli sguardi vivi in quel preciso luogo, in quel preciso tempo: il mio sguardo su ciò che è stato.
Creata da Rick Gadella, editore olandese, è diventato il primo salone della fotografia al mondo.
In dieci anni, Paris Photo si è affermata come la prima fiera della fotografia al mondo. L'edizione 2008 ha riunito un centinaio di gallerie e di editori venuti da cinque continenti. |
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