La mia Africa

A cura di: Alex Bernasconi

di Alex Bernasconi

Africa… ogni volta che mi ritrovo sul volo di rientro da questo continente mi ritrovo inesorabilmente a rivedere nella mente le immagini, i colori, i suoni e gli odori che sto lasciando e a sognare il momento che potrò ritornare.
E' realmente difficile spiegare agli altri le mie sensazioni, quello che vorrei che provassero tutti almeno una volta nella vita, per apprezzare quanto di magnifico questo nostro bistrattato pianeta ha da offrirci.
Lo scopo della mia fotografia, come penso quella di molti altri fotografi di natura, è proprio questo: condividere la bellezza.

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© 2005, Alex Bernasconi

Prima che una nuova, magnifica alba, annunci che un altro giorno sta per cominciare, nel silenzio della penombra rotto solo dal rumore del motore della mia jeep, con la brezza gelida che mi sferza il viso, e il profumo di savana che mi riempie le narici, la mia eccitazione è alle stelle.

In Africa ogni giorno riserva emozioni nuove, incontri eccezionali, testimonianze irripetibili della magnificenza della natura, per questo non ci si può stancare mai di essere là fuori.
Essa ricambia sempre il vostro amore offrendosi liberamente in tutta la sua grandezza a chiunque abbia solo voglia di "vedere".
I miei scatti non vogliono essere altro che questo: quello che vedo, in questo modo spero che dalla visione possa arrivare anche parte di quella emozione che ho provato io.

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© 2005, Alex Bernasconi

Quest'anno, finalmente, dopo 3 anni di tentativi abortiti, sono riuscito ad ottenere i permessi per effettuare il tracking dei gorilla di montagna nelle date che mi ero prefissato, e questo era l'obbiettivo principale del mio viaggio.
Dopo aver visitato molti dei paesi centro meridionali dell'Africa (Namibia, Sud Africa, Zimbabwe, Botswana, Tanzania) avevo il desiderio di "incontrare" questi magnifici primati, a rischio di estinzione, andando a "trovarli" nella loro dimora preferita: la foresta dei monti Virunga.
Decimati dai bracconieri, dalla guerra e dalle malattie contratte dall'uomo, sono rimasti circa 700 esemplari tra Uganda, Ruanda e Congo, e grazie soprattutto all'impegno di gente come Dian Fossey e la sua fondazione dopo di lei, si sta cercando di proteggere questa specie così incredibilmente simile a noi (a me in particolare...).

Delle specie di gorilla esistenti, il gorilla di montagna e il gorilla di Bwindi (una subspecie che vive appunto nella Bwindi Impenetrable Forest in Uganda) si possono ammirare soltanto nel loro habitat naturale: non esistono infatti esemplari in cattività.
Dunque cosa aspettate dico io?

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© 2005, Alex Bernasconi

Il difetto di molti fotografi di natura è quello di raccontare le proprie avventure ed esperienze con una drammaticità a volte esagerata, tanto per aggiungere un po' di sapore alle proprie conquiste fotografiche.
Invece va detto che incontrare i gorilla è un esperienza (incredibile) alla portata di chiunque sia in grado di camminare in montagna per qualche ora e che sia sufficientemente intelligente da non sfidare a braccio di ferro uno di questi nostri gentili parenti una volta al loro cospetto.
Essere preparati significa poter apprezzare meglio l'esperienza, dunque l'equipaggiamento deve prevedere pantaloni lunghi e consistenti per resistere agli strappi e alle formidabili ortiche che riescono a "colpire" anche attraverso gli indumenti (è anche per questo che i gorilla di montagna hanno il pelo più folto…) e delle belle ghette da trekking che, unitamente ai calzettoni alti che ricoprino il fondo dei pantaloni, aiutano a rendere la vita difficile a quelle simpatiche creature che sono le formiche rosse… doversi denudare in fretta e furia nel bel mezzo della foresta non è certo un bello spettacolo da offrire.
Per chi, come me, ha una attrezzatura pesante e voluminosa, sono a disposizione dei bravi portatori che si accollano il fardello: per 10 dollari ti portano anche in cima al K2.
Non che ne avessi realmente bisogno, sono sempre stato abituato a portarmi carichi gravosi anche in condizioni climatiche peggiori, ma prendere con sé dei portatori è un aiuto importante alle comunità locali, dunque si fa più che volentieri.
Inoltre possono essere di reale aiuto in caso di piogge intense quando il terreno diventa molto scivoloso.

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© 2005, Alex Bernasconi

La Bwindi Impenetrable Forest è, come suggerisce il nome, veramente impenetrabile.
Ma è anche vero che parte del tragitto che si compie alla ricerca dei gorilla avviene in sentieri meno intricati e che agevolano dunque la salita.
In effetti il terreno è in molti punti davvero ripido e, qualora occorra farsi strada tra la vegetazione a colpi di machete, anche fare un centinaio di metri può diventare un operazione che richiede molto tempo.
Tutte le eventuali fatiche sono però istantaneamente cancellate quando finalmente i tracker, gente che passa la maggiorparte del proprio tempo ad osservare gli spostamenti dei gorilla, ci segnalano la vicinanza degli animali.
A quel punto si molla tutta l'attrezzatura supeflua ai portatori che rimangono a distanza e ci si avvicina ai gorilla.
La foresta è così fitta che si corre il rischio di pestare un piede ad uno di loro prima di accorgersi della loro presenza: l'unico modo per avvertirla è fermarsi ad ascoltare il rumore della vegetazione al loro spostamento.
L'incontro è folgorante: sono animali magnifici con espressioni davvero umane e osservarli così da vicino (teoricamente la distanza minima dovrebbe essere di 7 metri, ma molto spesso loro stessi si avvicinano molto di più) è un esperienza davvero gratificante.

Da un punto di vista fotografico è realmente una sfida riuscire ad ottenere degli scatti "puliti": la vegetazione foltissima, la scarsità di luce in violento contrasto con le zone illuminate, il terreno stesso sono tutti elementi che hanno sempre rappresentato per i fotografi limiti notevoli alla realizzazione di immagini di qualità.
Lo stesso Nick Nichols, che per il National Geographic aveva realizzato in passato un reportage sui gorilla, asseriva che oltre il 90% degli scatti fu inutilizzabile.
Dopo aver letto questi suoi commenti non ero sicuro neanche di portare con me il 200-400 F4, dato che una focale così lunga, non potendo ovviamente utilizzare treppiedi o monopiedi, non era mai stata utilizzata in un simile frangente.
Ed è qui che mi sono "innamorato" di quest'ottica: la qualità e quantità degli scatti ottenuta a mano libera anche a 400 mm. era inconcepibile prima dell'avvento della stabilizzazione ottica (se solo l'avessi avuta anche nella jungla del Bengala per le tigri…).
La grande luminosità dell'ottica e le braccia rubate all'agricoltura che possiedo hanno fatto il resto (il peso dell'obiettivo dopo un ora di scatti a mano libera, questo si, non è alla portata di tutti).
E' concessa una sola ora in compagnia dei gorilla dal momento dell'incontro, per non invadere troppo la loro privacy e limitare i rischi di trasmissione delle malattie (da noi a loro ovviamente) e raramente un ora passa così in fretta.

In Ruanda poi, paese realmente meraviglioso, segnato tristemente dal orribile genocidio di cui è stato teatro, il tracking sui vulcani è ancora meglio, se possibile.
Nonostante l'elevazione (oltre 2400 metri), il terreno è più facile, meno intricata la vegetazione (una splendida foresta di bambolo) e dunque migliori condizioni fotografiche.
Il Silverback della foto, Gohonda, è il più grande maschio registrato nella zona, oltre 230 Kg. di muscoli e quell'espressione dolce di chi sopporta la tua strana presenza sapendo di poterti scagliare a cento metri di distanza con un solo buffetto.

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© 2005, Alex Bernasconi

Scherzo, naturalmente, i gorilla sono animali assolutamente mansueti, ed osservando delle semplicissime regole per non spaventarli, ti permettono di avvicinarti senza infastidirsi.
Gli scimpanzè per esempio sono di indole molto più aggressiva, ne sa qualcosa la coppia di australiani che era con me sull'isola di Ngamba (Lago Vittoria in Uganda) e che è stata aggredita ben due volte dal maschio dominante del gruppo con il quale stavamo amabilmente passeggiando nella foresta.
Un aggressione a scopo intimidatorio e non per fare male sul serio, ma vi assicuro che anche i piccoli scimpanzè di 35 kg. possiedono muscoli fortissimi ed una forza straordinaria e sono capaci di buttarvi in terra con uno spintone.
Pensate dunque se la stessa indole l'avesse Gohonda…..
Questa con gli scimpanzè è un'altra esperienza che rimane indelebilmente impressa nella mente.

Ngamba è un isola-rifugio dove vivono 39 scimpanzè rimasti orfani a causa della caccia (in molti paesi del centro africa si mangia ancora la carne di scimmia) o della guerra.
Data la natura sociale degli scimpanzè è praticamente impossibile reintrodurli in un'altra famiglia perché non verrebbero accettati e anzi probabilmente uccisi.
Dunque vengono portati (i più fortunati di loro) su quest'isola dove vengono cresciuti ed abituati a vivere nella foresta senza i propri genitori e parenti, in pratica un orfanotrofio.

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© 2005, Alex Bernasconi

Accompagnarli nella foresta è fantastico: al mattino presto quando li incontriamo sono molto agitati, eccitati. Ci girano intorno, ci osservano, ci studiano, poi si avvicinano e ci… scelgono.
Ci tendono le braccia per essere presi in braccio proprio come dei bambini e, una volta in spalla, ci si avvia nella foresta e siamo i loro genitori per un giorno.
Quando ogni tanto ci si ferma per riposare loro approfittano per giocare, arrampicarsi, fare le capriole o curiosare.
Ti prendono per mano e ti vogliono portare a vedere i loro rami preferiti, ti chiedono di fargli fare le capriole tenendoli per mano, copiano i tuoi gesti o le tue espressioni, ti guardano con una dolcezza da spaccarti il cuore.
Sono semplicemente fantastici, è impossibile spiegare cosa si prova a stare con loro, semplicemente non si vorrebbe più andare via.
Tornando all'episodio della doppia aggressione, ripeto era più una dimostrazione di autorità sul proprio gruppo che una volontà di fare male, peraltro duramente repressa dalla nostra guida con un paio di sonore "legnate" sulla schiena del malcapitato capobranco, che d'altronde stava solo facendo il suo mestiere….

Lasciati, a malincuore i primati, sono tornato alle mie amate savane, in Kenya questa volta, e dopo aver fatto qualche giorno ad Amboseli con un vecchio americano proprietario di un camp e profondo conoscitore di queste zone, mi sono spostato nella Rift Valley nella zona dei laghi Bogoria e Nakuru, famosi per le loro numerosissime colonie di fenicotteri.
Purtroppo quest'anno il tempo non è stato molto clemente, ma ugualmente qualche squarcio di luce mi è stato regalato anche qui e l'atmosfera magica di questi luoghi è sempre comunque toccante.

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© 2005, Alex Bernasconi

La mia ultima tappa è stata nel Masai Mara, dove stranamente, data la sua popolarità, non ero mai stato prima.
Raramente ho trovato come quest'anno, un così gran numero di animali, leoni soprattutto, e l'attività in generale è stata elevatissima.
La famosa migrazione degli gnu anche è stata notevole, con decine di migliaia di animali che attraversavano ogni giorno il fiume a nord.
Ogni mattino verso le 5 ero già in fibrillazione: le mie guide locali per i primi giorni mi sopportavano a fatica, e c'è da capirli: raramente li facevo tornare al camp per pranzo perché ci trovavamo sempre in zone troppo lontane, quindi, capita l'antifona, si partiva con i viveri a bordo e spesso rimanevamo fuori tutto il giorno, il che poteva significare anche 14 ore…
Ma d'altronde per me è una tale gioia essere a contatto con la natura, che sia savana, jungla foresta o deserto, che non sento la fatica. Sono felice.

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© 2005, Alex Bernasconi

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