Ci sono luoghi in cui la fotografia diventa un’esigenza fisiologica, in cui lo stupore è talmente dirompente da
spingerci a voler catturare ciò che i nostri occhi stanno visualizzando in diretta. A metà luglio, insieme ai Nikon
Creators Mattia Bonavida e Samuele Cavicchi, ho avuto la possibilità di trascorrere 6 giorni su una delle terrazze
panoramiche più incredibili delle Dolomiti: il Lagazuoi. In quella settimana ho passato diverso tempo ad osservare
chi, spesso con qualche difficoltà legata all’altitudine, ci raggiungeva in quota lasciandosi andare a commenti di
stupore davanti alla meraviglia di ciò che si trovava davanti. Quasi tutti, conseguentemente, cercavano nel proprio
zaino un apparecchio adatto a scattare fotografie e cercavano di immortalare quel momento.
È stata un’enorme fortuna poter vivere così da vicino questo luogo magico, fonte di numerosi stimoli emotivi e
fotografici. Il Lagazuoi è una montagna che fa parte del gruppo di Fannes, in quella porzione di Dolomiti che si
estende tra le province di Bolzano e di Belluno. Si può raggiungere dal Passo Falzarego, a pochi chilometri da
Cortina d’Ampezzo. Si tratta di un’area ricca di sentieri ed escursioni ma scarna di vegetazione, perché a queste
quote è solo bassa e questo aspetto rende il paesaggio roccioso e lunare. Lo scenario che ci siamo trovati davanti è
stato modellato dal tempo e della Storia. Dalla vetta del Lagazuoi, raggiungibile facilmente attraverso un sentiero
battuto, si possono ammirare le vette più suggestive delle Dolomiti: dal Pelmo al Sorapis, dalle vicine Tofane alla
regale Marmolada passando per i verdi passi montani. Una visione così ampia e panoramica sulle montagne circostanti
ha più volte giustificato la scelta di un teleobiettivo: in particolare ho apprezzato la qualità del Nikkor 70-200mm
f/2.8. Questa lente mi ha permesso di fotografare vette lontane tra loro nella stessa immagine, approfittando della
compressione dei piani regalata da queste focali più spinte.
La permanenza è stata vissuta in un tempo sospeso, alternato dagli orari di albe e tramonti. Il contatto con il mondo della vallate dolomitiche era sporadico e concretizzato solo dall’arrivo dei turisti che, con la funivia, giungevano ai 2732 metri d’altitudine in cui si trovava la nostra residenza. Le giornate erano vissute all’insegna di attesa e silenzio: l’attesa delle condizioni adatte per scattare le fotografie e il silenzio eloquente della montagna, da ascoltare attentamente per trovare l’ispirazione. Dalle 17 alle 9, orario di chiusura della funivia, il territorio apparteneva metaforicamente a 6 persone: tre Nikon Creators e 3 studenti di accademie di fotografia, a cui avevamo il compito di fornire supporto tecnico per la realizzazione della loro visione della montagna che sarebbe poi stata esposta presso il Lagazuoi EXPO. I tre partecipanti hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con il sistema Z, prendendo da subito confidenza e rendendolo funzionale alle opere che avevano il compito di creare.
Il meteo hanno giocato un ruolo fondamentale per interpretare il paesaggio e le sue diverse sfaccettature. Vivere
alla stessa quota delle nuvole basse significare esserne avvolti e vederle non solo nel cielo, ma anche al di sotto.
Le nuvole basse creano un paesaggio ovattato, onirico e inusuale che assume ulteriore fascino quando sono penetrate
dalla luce calda del sole. L’alternanza di condizioni meteo ci ha permesso di fotografare diverse situazioni: dai
tramonti in cui la luce calda del sole creava il proverbiale effetto di enrosadira sulle montagne (fenomeno
caratteristico in cui le formazioni rocciose assumono un colore rossastro) alle giornate con nuvole minacciose e
temporalesche. Una settimana immersi in questo divenire insegna ad osservare attentamente i venti, le nuvole e i
cambiamenti nel cielo per interpretarli al meglio. Non è sufficiente consultare le previsioni meteo ma serve
osservare la montagna con attenzione.
Le condizioni climatiche avverse hanno creato le circostanze più interessanti. Poco prima del tramonto, le nuvole
coprivano spesso la visuale per poi diradarsi e lasciare spazio ad una luce infuocata che fendeva le nebbie. In tal
senso è opportuno rimanere sempre con la macchina fotografica a portata di mano, poiché le nuvole si muovono veloci
e a visuale sul tramonto può durare solo pochi minuti.
Durante la notte del primo giorno un temporale ha illuminato a giorno per brevissimi istanti il paesaggio, permettendomi di realizzare scatti particolari e vivere un’esperienza unica di timore misto a fascinazione. Ho impostato la mia Z6II su tempi di scatto di svariati secondi, dai 15 ai 30, per riuscire a catturare i lampi e le saette che sarebbero apparsi durante quel periodo di tempo. Le nuvole si sono comportante come un enorme flash, che ha illuminato a giorno dall’alto le forme frastagliate della montagna. Le circostanze temporalesche hanno presentato anche una sfida fotografica imprevedibile: ogni fulmine aveva un’intensità diversa ed era quindi difficile prevedere l’esposizione corretta. In alcuni casi l’ampia gamma dinamica del sensore ha permesso di recuperare alcune parti bruciate dell’immagine.
Con l’avvento del buio abbiamo potuto godere anche di notti in cui il cielo era terso, ricolmo di stelle. Durante il
soggiorno era possibile vedere la Via Lattea nel suo periodo migliore: inutile dire che ne abbiamo approfittato a
discapito di qualche ora di sonno. Lo scenario era quasi lunare e tramite l’ausilio di lenti molto luminose, come il
Nikkor Z 20mm f/1.8 S, siamo riusciti a far dialogare la montagna con il cielo unendo la presenza umana alla volta
celeste. Mattia Bonavida disponeva di una torcia molto luminosa, con cui abbiamo sperimentato diverse tecniche di
light painting. La possibilità di alzare la sensibilità ISO senza inficiare la qualità dell’immagine delle due Nikon
Z9 che avevamo a disposizione ci ha aiutato a pensare alla composizione degli scatti senza preoccuparci troppo del
rumore digitale.
Fotografare la notte in un luogo così intimo e silenzioso è un’esperienza da provare: il silenzio funge da sicurezza
anziché da deterrente. Non c’erano animali che potessero metterci in pericolo, eccezion fatta per i due teneri cani
del Rifugio Lagazuoi. Ammirare la volta celeste da lassù è una visione unica.
Dopo le notti passate ad osservare il cielo, scambiandoci tra noi idee sul lavoro che stavamo svolgendo e condividendo racconti, arrivava sempre la sveglia delle 5 del mattino. Durante la permanenza in un luogo così speciale sarebbe stato un peccato non godere dell’alba. Ogni mattina lo scenario si presentava diverso: alcune mattine il cielo era limpido e si aspettava solo il sorgere del sole, altre mattina invece si sperava che la coltre di nuvole all’esterno si aprisse. In questi contesti è stato di proverbiale importanza anche il drone DJI, il quale era utile come estensione del proprio sguardo. A volte era sufficiente alzarsi di poche decine di metri per avere una visione più completa del paesaggio circostante e per renderci conto di quanto fosse minuscola la nostra presenza in confronto all’immensità del luogo.
L’esplorazione del territorio circostante è stata un’altra fonte di spunti fotografici. Il Lagazuoi ha una storia che
si intreccia con la Storia che si studia sui libri: è stato un territorio di combattimento durante la Prima Guerra
Mondiale. Abbiamo avuto modo di camminare nelle trincee e tra le gallerie in cui vivevano i soldati al fronte,
luoghi suggestivi e inospitali che caricano di fascino il posto in cui ci siamo trovati. La montagna, fronte di
combattimento tra italiani e austroungarici, è parzialmente attraversata da tunnel sotterranei in cui i soldati si
muovevano. Il conflitto ha cambiato i connotati della montagna poiché le esplosioni hanno creato nuove forme nella
roccia. Fotografare all’interno delle gallerie richiede immaginazione: dove la luce naturale è pressoché
inesistente, serve ingegnarsi con torce o piccoli spiragli in cui entrano raggi dall’esterno.
Nelle escursioni pianificate durante la permanenza, abbiamo avuto modo di apprezzare la leggerezza della linea Z.
Quando si cammina in montagna, l’altitudine e la fatica si fanno sentire e uno zaino composto da Nikon Z6II + Nikkor
Z 14-30 f/4 S + Nikkor Z 24-70 f/4 S mi ha permesso di non rinunciare alle focali che avrei utilizzato di più grazie
alla loro leggerezza e compattezza nello zaino.
Il richiamo della vegetazione, dopo svariati giorni passati alla quota della roccia, si è fatto sentire e ci ha aiutato a scoprire due luoghi molto interessanti. Il Lago Limedes è uno specchio d’acqua in cui si riflette il Lagazuoi, per vedere la nostra casa temporanea da un’altra prospettiva. Il lago Lagazuoi invece è più interno, visibile tutti i giorni dalle finestra del nostro alloggio: la perfetta dimostrazioni di come i luoghi che appaiono vicini in realtà sono distanti centinaia di metri di dislivello.
L’impossibilità di ricevere stimoli esterni in quota, con il Rifugio Lagazuoi che chiudeva dopo cena e la scarsa presenza umana, ci ha permesso di riflettere a fondo sul progetto a cui stavamo lavorando. I tre studenti con cui abbiamo condiviso l’esperienza si sono mostrati aperti al dialogo e in confronti si sono rivelati fonte di arricchimento anche per noi Nikon Creators. La fotografia, in quanto visioni personale del mondo, permette sempre di ampliare i propri orizzonti entrando in contatto con gli altri e scoprendo la loro visione del mondo. Il lavoro finale, che è in mostra fino al 22 ottobre negli spazi espositivi del Lagazuoi EXPO, ne è la prova: per quanto ogni progetto abbia peculiarità artistiche personali e riconoscibili, si nota una coesione di fondo che solo un’esperienza così intima può mettere in luce.
Vivere un luogo per più tempo aiuta a realizzare fotografie personali, realizzate grazie all’osservazione del mondo circostante e nella dimensione dell’attesa del momento adatto.
Lagazuoi Photo Award New Talents 2023 | Informazioni sul polo espositivo Lagazuoi Expo Dolomiti
Credit foto e contenuti realizzati dai #NikonCreators: Alberto Papagni, Mattia Bonavida, Samuele Cavicchi