Nelle terre di Kharu

A cura di: Christian Patrick Ricci

Ai confini tra Finlandia e Russia, nella "no man's land", l'orso è un simbolo per il popolo finnico

«Dove Ohto (l'orso) è nato, dove mai zampa di miele fu svezzato? Lassù Ohto è nato, zampa di miele fu svezzato: lassù nel cielo, sulle spalle dell'Orsa Maggiore. Come ha fatto a scender giù? Con un filo fu calato, con un filo argentato, in una culla dorata, a vagabondar per i boschi, a gironzolare per il nord. Non schiacciare la coscia di mucca, non ammazzare chi porta il latte, ci sarà più lavoro per le mamme, un grande dolore per i genitori, se il ragazzone fa del male.» (tratto dal Kalevala, poema epico di Elias Lönnrot)

Nella vita preistorica, antica e selvaggia, a ogni orso ucciso e mangiato dai popoli finnici, si celebrava il rito del Karhunpeijaiset con lo scopo di convincere l'anima della bestia a reincarnarsi di nuovo nella foresta. «Che le madri ancestrali siano di aiuto alla caccia, dopo aver mangiato le carni, seppelliremo le ossa ed il teschio sull'albero di pino kallohonka metteremo.» L'animale più sacro, il cui vero nome non era mai pronunciato, era l'orso, visto come incarnazione delle anime degli antenati. L'orso, detto karhu, è infatti l'animale più importante per i finlandesi: esistono tre varianti del mito riguardante la nascita e le sue origini. Nella prima si ritiene che l'orso, animale temuto e onorato, fosse nato da un batuffolo di lana gettato nell'acqua; nella seconda si racconta che la sua nascita fosse avvenuta a nord, nei pressi di un pino silvestre; nella terza invece si narra che l'orso fosse disceso dal cielo, dove risiedeva vicino agli astri, su un fiore pieno di miele, con una catena d'argento, in una culla d'oro.
 

In antichità il culto dell'orso era forse il più importante. Dopo l'uccisione e averne mangiato le carni, l'animale veniva sepolto e festeggiato attraverso i canti dell'orso (Karhunpeijaset). Questi riti dalla funzione magica servivano a proteggere la comunità dal temuto spirito dell'animale e a chiedere scusa alla sua anima. I cacciatori temevano infatti la sua vendetta dall'aldilà essendo uno spirito forte e totemico. La pratica del rito prevedeva anche di bere il sangue per assimilarne la forza e il coraggio.
Un elemento magico-spirituale per i Berserkir, feroci guerrieri scandinavi. Questi combattevano senza corazza, protetti soltanto da una pelle d'orso da loro stessi cacciato, ucciso e del quale avevano bevuto il sangue e mangiata la carne per farne propria la forza.
La storia della Karelia, terra del nord, è piuttosto movimentata: dopo essere appartenuta alla Russia, fu conquistata dagli svedesi, nel XIII secolo, per poi tornare ai russi nel 1743. Successivamente, nel 1920, alla Finlandia. Fu poi nuovamente annessa dall'Unione Sovietica dopo la guerra sovietico-finlandese del 1939-1940, fino al crollo dell'URSS.
La sua tormentata storia l'ha resa un paradiso per i predatori: la presenza demografica è infatti molto bassa in questa parte della Finlandia.
Il territorio della Karelia comprende una vasta rete di laghi e fiumi, con foreste di pino, olmo e betulla. Nel mese di maggio, giugno e luglio, le brevi notti collegano il tramonto all'alba, e i Kareliani le chiamano "notti insonni".
Il verde della primavera sostituisce il bianco della neve, e la vita animale timidamente si risveglia. In questa splendida regione è possibile osservare e fotografare più facilmente gli orsi bruni. Per aumentare le probabilità di essere di fronte a questo nobile abitante delle terre del Nord Europa, numerosi capanni di osservazione sono stati posizionati nel cuore della foresta: è così possibile avvistare l'orso bruno, il ghiottone, il lupo, le aquile e gli altri rapaci.


«Corse il lupo lungo il lago, calpestò l'orso la landa; sotto i passi, tremò il lago, sotto le zampe, la landa: rugginoso sorse il ferro e le spranghe dell'acciaio, dove il lupo mise l'unghia e posò l'orso i talloni. Ei seguì l'orme del lupo e dell'orso le pedate; vide il ferro germogliante ed i grumi dell'acciaio dove il lupo avea l'unghiate, l'orso le piote posate.» (Kalevala, Runo IX, versi 100 e 122)





 


 

FOTOGRAFARE DA CAPANNO
La pazienza e la passione sono doti imprescindibili per chi pratica questo tipo di fotografia naturalistica. Per fotografare dal capanno è necessario dotarsi, oltre che dell'attrezzatura fotografica, anche di abbigliamento e supporto logistico adeguato. I capanni normalmente non sono riscaldati, quindi occorre tenere presente che la temperatura notturna può scendere vicino allo zero anche nel mese di luglio. Nella nostra esperienza in Finlandia, con i fotografi Lassi Rautianen ed Ari Sääski che ci hanno accompagnato nei loro capanni, non è stato necessario l'uso di treppiedi in quanto le strutture erano attrezzate di un piano con viti per il fissaggio delle teste fotografiche. La regolazione della macchina fotografica su ISO alti, la scelta di obiettivi con lunghe focali e reattività, sono necessarie per realizzare immagini d'impatto nelle brevi sessioni in cui sono presenti gli animali. Le fotografie del servizio sono state realizzate in quattro notti consecutive in capanno.

 

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