India 2005

A cura di: Maurizio Bachis

 

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© Maurizio Bachis
 

Il silenzio scendeva, lento, su di me.
Un indescrivibile senso di libertà si impadroniva, lieve, della mia anima.
Avvertivo sempre più forte sulla mia pelle l'emozionante sensazione di stupore, che puntualmente affiora, ogni volta che le mie orme, passo dopo passo, segnano l'inizio di un nuovo cammino.
Un viaggio verso lidi sconosciuti, verso nuovi orizzonti.
Era come leggere tra pagine di un antico manoscritto; è con la stessa emozione che entro, in punta di piedi, in questa nuova avventura.

Il tutto ebbe inizio in una calda notte di fine estate, quando tutto, intorno a me, sembrava immobile, persino il mio respiro pareva voler rispettare tanta sublime tranquillità.
Attraversai l'Europa con un soffice volo e, in un battito d'ali, arrivai nel paese del colore, dei profumi, delle contraddizioni.
Appoggiando il primo passo sulla terra rossa, capii già che stavo per entrare in un altro mondo, in un'altra dimensione.

Ho sempre sentito parlare di questa meta esotica, con grandi contraddizioni; alcuni la dipingono come paese di povertà, sporcizia, caotica e a volte deludente; altri invece la ritraggono come terra ricca di fascino, dai mille colori, dalle meravigliose città e dalla natura fantastica.
In realtà, l'India è tutto questo: un paese dalle mille facce, brulicante di forti incoerenze, che pongono talvolta la mente del visitatore a stress e confusione, ma soprattutto a porsi 1000 domande.

 

 

 

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Il migliore consiglio che posso dare a coloro che intendono affrontare questa meta è quello di non porsi alcun quesito e di azzerare i propri sensi, intendo dire proprio quelli sensoriali per almeno i primi tre o quattro giorni.
Solitamente questo periodo di tempo è sufficiente per superare l'inevitabile indescrivibile
impatto che si incontra entrando in questo paese.
Se dovessi attribuire un ordine per risvegliare i sensi, primo tra tutti è la
vista. Allenate il vostro occhio alla vista di tale povertà, per i primi giorni non soffermatevi ad osservare poveri, malati, sporcizia e mendicanti bisognosi.
Successivamente risvegliate lentamente l'
udito, abituate il vostro orecchio al frastuono dei claxon, al traffico, alle urla dei venditori ma soprattutto alla perforante e veloce lingua indi. Adesso è il turno di ridestare il gusto, per gradi vi raccomando; i primi giorni mangiate semplice riso bollito e patate al forno, per poi assaporare gli speziati e piccanti stufati di pollo e verdura. Ultimo ad uscire dal letargo deve essere l'olfatto; il caldo, la sporcizia per le strade, la stessa condizione igienica della povera gente indiana crea l'inevitabile olezzo, che aleggia ovunque, ma ben presto vi abituerete anche a questo.
Fatto i conti con i propri sensi, è giunta l'ora di risvegliare la
mente: è ben più difficile fare i conti con la propria sensibilità e le proprie emozioni.
I giorni trascorrono veloci e più passano le ore, più il meccanismo inizia a girare bene; finalmente iniziamo a
prendere confidenza con il sistema, con gli spostamenti, con gli orari, diamo vita ad un primo approccio con la gente e instauriamo un dialogo.

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E' magnifico visitare questi luoghi, le città sono un'esplosione di colore.
Le donne indiane sfoggiano abiti policromi e sfavillanti argenti contrastano con la scura pelle. Gli occhi penetranti dei bambini entrano come saette nella nostra mente.
Antiche mura che parlano di remote storie di colonizzatori, maestosi palazzi mostrano sfarzosi aulii tempi di gloria.
Mille immagini e mille emozioni si accavallano l'un l'altra facendo crescere in me l'irrefrenabile desiderio di carpire ogni singolo attimo di questo viaggio.

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Sicuramente arduo è il compito di attuare una selezione di ciò che si vuole rappresentare, qui le situazioni si sprecano; ma è altresì necessario concentrarsi su cosa e come rappresentare.
Avevo già ben chiare le due risposte: Cosa?: la gente e il paesaggio; come?: attraverso immagini dinamiche, che puntano alla composizione formale e alla valorizzazione dei colori.
Scatto dopo scatto, la mia ricerca iniziava a prender forma; le rughe dei volti degli anziani, i colorati turbanti, gli sguardi delle donne e dei bambini. Ogni scatto era come fosse una nota sul pentagramma che una dopo l'altra davano origine ad una melodia sempre più completa e armonica.

Nel corso degli anni, ho imparato ad osservare i soggetti davanti a me, inserendoli già all'interno di una inquadratura. Estrapolare un soggetto dal contesto generale, senza ausilio della fotocamera, ma per il solo mezzo della mente, velocizza di gran lunga la ricerca dei soggetti. Solo con un lungo allenamento, vi accorgerete che vi viene spontaneo, anche osservando le consuete azioni quotidiane, vi scoprirete intenti ad inquadrare ed a tagliare qualsiasi cosa stiate vivendo, da guardare le pubblicità in TV a osservare i palazzi attorno al proprio ufficio.
Altro parametro fondamentale è quello di isolare il soggetto da tutto ciò che è "in di più", linee parassite, sfondi poco contrastati, o soggetti non appartenenti al contesto. Non dimenticate il punto di vista, giocate con esso, non riprendete tutto ad 1,70 m d'altezza (ovvero l'altezza dei vostri occhi), abbassatevi per accentuare la prospettiva, alzate il vostro punto di ripresa per avere una inconsueta inquadratura oppure giocate con le diagonalità delle linee principali e, là dove è possibile, estrapolate il soggetto per mezzo della profondità di campo. Uscite dagli schemi, decentrate i soggetti, bilanciate i pesi delle masse e, ancora più importante,la valenza delle masse colorate.

L'aspetto tecnico fotografico ormai lo affido alla mia compagna di viaggio, la mia Digitale reflex Nikon, che per mezzo del suo sofisticatissimo esposimetro e il suo affidabile autofocus non ha sbagliato una esposizione e una messa a fuoco.

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Ma adesso diamo spazio alle calde emozioni, alle poliedriche immagini di questo magnifico viaggio in una terra priva di risposte ai nostri perché, dove tutto è in movimento ma senza meta; dove tutto è già deciso e non si sa da chi.
Concludo, dicendo che nella vita non si smette mai di imparare, e non è mai troppo tardi per applicarsi, creare nuove passioni, nuovi hobbies; questo ci fa sentire sempre attivi, giovani dentro.

Adesso lasciamo spazio alla forza delle immagini, lasciamoci trasportare da esse in questo magnifico viaggio, diamo voce alle nostre passioni, perché solo tramite esse riusciremo ad assaporare le fantastiche realtà che ogni nuovo viaggio ci fa conoscere.

Maurizio Bachis [bachis.m@libero.it]

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Un ringraziamento speciale a mia moglie Sara, per il suo spirito di adattamento dimostrato durante questi nostri avventurosi viaggi, per il suo sorriso e per saper rendere speciale ogni giorno della mia vita. [Maurizio Bachis]
 

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