Cagayan Island, le Filippine che non ti aspetti

A cura di: Alberto d'Este

Trovare Cagayan Island sulla cartina geografica è stata un’impresa. Le Filippine sono un arcipelago vastissimo che comprende oltre 7000 isole, estendendosi dallo stretto di Luzon a nord fino al Mare di Sulu a sud. Intricato e lussureggiante, è bagnato a ovest dal Mar Cinese Meridionale e a est dal Mar delle Filippine e dal Mare di Celebes. Una meta diversa rispetto a quelle di cui abitualmente si legge sulle riviste: penso a Moal Boal nell’Isola di Cebu, piuttosto che a Puerto Galera nell’Isola di Mindoro, affascinanti per la loro diversità e biodiversità.
Ma Cagayan Island è al di fuori di ogni circuito turistico tanto che l’esperienza di cui vi racconterò si può vivere solamente tre mesi l’anno, da marzo a maggio. Questo “safati boat” è organizzato dall’Easy Diving Beach & Resort di Sipalay, piccola cittadina a sud di Negros.
Lo chiamo safari perché la il termine “crociera” potrebbe ingannare chi legge. Questa non è una crociera, una di quelle a cui siamo abituati: barche che assomigliano a panfili, Jacuzzi, cabine con tutti i confort, televisione al plasma, video, musica e così via. No, no, nulla di tutto questo!

Il safari boat a Cagayan Island è un’avventura di sei giorni su una barca di pescatori il cui unico confort è un piccolo rifugio ricavato sul “ponte” della barca stessa; una botola, un giaciglio (seppur amorevolmente rifatto ogni giorno da Mary, la nostra assistente per l’intera l’avventura) composto da lenzuolo e cuscino posti su un materassino cerato. Direi quasi di astenersi a chi non ama il mare e le immersioni con tutto sé stesso, facendo forza nelle più profonde e vere convinzioni di subacqueo!
È un salto nel passato, un sapore di avventura vera, senza se e senza ma, una esperienza senza eguali dove si sta a contatto con una natura incontaminata che ti affascina e ti stupisce di giorno in giorno e un mare dai colori e dalle sfumature che mutano col mutare della luce.

Dividere tutto ciò con altre persone (massimo otto), talvolta sconosciute, ma che hanno nel cuore e negli occhi la stessa passione per il mare, è un’esperienza senza eguali che difficilmente si prova nella vita e io ho avuto la fortuna di condividerla con due cari amici e altri quattro compagni di viaggio.

Si parte il 21 aprile a mezzogiorno da Milano Malpensa, destinazione Doha. Si procede per Manila con la Qatar Airways. Poi, un volo interno con la Cebupacificair fino a Bacolod dove ci attende il transfert che ci accompagna al Sipalay Easy Diving and Beach & Resort, una gradevolissima struttura coloniale che si affaccia su di una spiaggia bianca e una laguna cristallina dalle mille sfumature del turchese. Gestito da svizzeri tedeschi, questo Resort ci riserva delle piacevoli sorprese. Abbarbicato sulla collina che dà sul mare e immerso nella natura selvaggia della piccola cittadina di Sipalay, si compone di 22 bungalow che si affacciano sulla splendida laguna il cui corpo centrale è occupato dal ristorante.

Qui, sulla spiaggia, si passa la maggior parte del tardo pomeriggio e della sera, al ritorno dalle immersioni, assaporando una birra e godendosi tramonti di rara bellezza. La cucina è ricercata, i piatti serviti con estremo gusto sia per la composizione sia per la bontà delle pietanze. Stupisce la ricercatezza del cibo, il cui menù è quasi sempre “alla carta”; una ricercatezza non fine a sé stessa e che risulta piacevole sia per gli occhi sia per il palato. La bontà del cibo è accompagnata dalla cordialità dello staff del ristorante, sempre pronto a soddisfare ogni richiesta dell’ospite e col sorriso sulle labbra che riterrei offensivo definire di convenienza. Si giunge a tarda notte, verso l'una. Ci accoglie Chistian, uno dei gestori che con precisione tipicamente svizzera pianifica il giorno successivo. Questi, dopo un meritato riposo, un bagno di mare e di sole, ci porterà al Check Dive del pomeriggio, prima dell’imbarco, dopo cena, sul “Goya” l’imbarcazione che ci condurrà nell’avventura alla scoperta delle Isole di Cagayan.

Un po’ “rintronati” dal fuso e dal lungo viaggio, verso tarda mattinata iniziamo i preparativi per la nostra avventura: mute, gav, maschere, pinne, torce e tutto quello che serve per le immersioni vengono stivate nella cesta, così come le macchine fotografiche, mentre le due magliette e lo stretto necessario per la vita di bordo va sulle classiche “Beach Bag” a prova di umidità ed acqua. Il Check Dive lo facciamo in uno dei 49 punti di immersione che lo staff del Sipaly Dive Beach & Resort ha selezionato per gli ospiti e che si trovano tutti a poca distanza dal Resort, facilmente raggiungibili con le imbarcazioni adibite al Diving.

Come prima immersione – fronte Resort – abbiamo esplorato una serie di concrezioni coralline che si ergevano da un fondale di sabbia bianca, ricche di specie di reef, alcionari colorati e caratterizzati da una stazione di pulizia di gamberetti, così premurosi da “pulire” anche la bocca del subacqueo più temerario. Una comunità di gamberi porcellana, due pesci foglia, una nuvola di Glass Fish e coloratissimi coralli ci accompagnano in questo “battesimo” del mare. Dopo una cena luculliana e un buon bicchiere di Chardonnay Californiano ci imbarchiamo sulla “Goya” l'avventura ha inizio.

La barca è lunga 23 metri, larga 4,5, ed ha i classici bilancieri del trimarano che le danno stabilità marina. È dotata di quattro giacigli e un bagno in comune con una piccola doccia di acqua dolce. In tutto 600 litri da centellinare nei sei giorni che passeremo in mezzo al mare. Sul retro c’è la cucina e la zona per la ricarica delle bombole, sopra un Sun Top e una zona coperta dove, in caso di pioggia, ci si rifugia e si mangia.
La zona prodiera è caratterizzata dal grande tavolo con due panche dove si vive la maggior parte della giornata, al riparo dal sole accecante. Questa è anche la zona della vestizione e pertanto dell’attrezzatura subacquea. Tutto qui, senza fronzoli, una barca da subacquei veri, di quelli che sanno vivere e accontentarsi di servizi minimi e che grazie alla passione per il mare passano su ogni cosa, anche all’inospitalità che a prima vista ti pervade osservando la “Goya”.
Un particolare apprezzamento va allo staff della barca: l’attrezzatura è sempre pronta e controllata, essendo costantemente monitorata da quattro ragazzi attentissimi alla quantità d’aria nelle bombole. Questi ci aiutan nella vestizione e nelle operazioni di spoglio del dopo immersione. Sempre gentili e con un perenne sorriso sulle labbra. Da questo punto di vista, la “Goya” non ha nulla da invidiare a nessuno.

Si parte alle nove e trenta della sera e ci attendono circa otto ore di navigazione verso ovest: destinazione Cagayan Island. L’eccitazione è grande. Si percepisce di partecipare a un viaggio che non ha eguali, veramente speciale. Si approfitta per conoscere i compagni di avventura: Vera, Philipp, Norberto e Patrik, tutti tedeschi, persone squisite.
La gente che incontri quando viaggi ha il fascino della scoperta. Immagini che dietro ogni volto si nascondano storie ed esperienze interessanti. Personalmente gioco con la mente cercando di scoprire i loro segreti, cosa fanno nella vita, le loro manie. Ritengo sia lo stesso per loro nei miei confronti. Nora: bibliotecaria; suo marito Philipp: fa parte di un gruppo di salvataggio in mare; Norberto: fa il ballerino di salsa e merengue ed è costantemente in allenamento, anche durante il safari!

Il più giovane, Patrik, si è preso un anno sabbatico e da otto mesi girovaga in lungo e in largo per le Filippine. Aggiungiamoci infine un notaio, un commercialista e un medico. Pensate a cosa accomuni un gruppo di persone così variegate e troverete lo spirito che le porta in un posto così lontano a condividere l’angusto spazio di una barca per sei giorni, senza il benché minimo screzio.
Comincia così con l’attraversata di circa 140 km a ovest, sul tratto di mare aperto di Sipalay in direzione Palawan, la nostra avventura in un punto delle Filippine lontano da qualsiasi inquinamento turistico. In altri termini, nelle Filippine che non ti aspetti.

La vita di bordo è scandita dal ritmo delle immersioni. Ci si sveglia con il sorgere del sole, si fa una “pre-colazione” verso le sei e mezza, una sciacquata sul bordo della barca e alle sette il primo tuffo, alle undici il secondo, alle quattordici e trenta il terzo e, per chi ha ancora voglia come me, alle diciotto e trenta la notturna. La prima alba del primo giorno di safari è un ricordo che resterà nel mio cuore. I toni del rosso tra le nuvole all’orizzonte, l’odore del mare misto a quello del caffè, la natura incontaminata tutta intorno, i colori rarefatti dei primo mattino e il mare che ti culla. Sarò un “romanticone” ma per me certi momenti non hanno prezzo e li porto con me come indelebili ricordi. La sera, dopo un paio di birre e uno scambio di racconti, ci si accomoda nel giaciglio per la notte. Il clima è talmente mite e per nulla umido anche durante la notte che c’è chi, come Patrik e Norberto, preferisce dormire sotto una coperta di stelle. È incredibile cosa si possa vedere senza l’inquinamento delle luci in mezzo al mare: tutto è più vicino e il manto stellato è talmente definito che sembra di poterlo toccare con la mano.

I punti di immersione sono praticamente infiniti e molto spesso i loro nomi sono presi dalla sigla del GPS che li contraddistingue. Morfologicamente questo gruppo di piccole isole – tra le quali alcune abitate da pescatori – assomigliano molto alle concrezioni vulcaniche della Micronesia che si ergono dal mare come degli enormi funghi coperti di lussureggiante vegetazione. Altri invece assomigliano molto ad atolli maldiviani con la laguna cristallina che avvolge bianchissime spiagge e dove spuntano qua e là alcune palme da cocco. A differenza di questi paradisi, quello che colpisce qui è che il tempo sembra essersi fermato. I pochi pescatori che incontriamo sembrano in simbiosi con le loro piccole imbarcazioni e pescano seguendo le tradizioni senza “modernismi” con il bolentino. I movimenti ritmici delle braccia che affondano e ritirano la lenza ricordano la sinuosità di una danza tribale. Il primo giorno se ne va così, tra tre immersioni in tre punti diversi: Sunken Garden, BoomBog nr. 1 e Bon Vouage. Questi siti sono accomunati da una ricchissima varietà di gorgonie, alcune dalle dimensioni esagerate, dal corallo molle, dagli alcionari, dalla presenza di squali pinna nera e da una notevole varietà di pesci di reef. La temperatura dell’acqua non scende mai sotto i 28 gradi per immersioni in tutto relax. Solamente in una occasione abbiamo trovato una temperatura leggermente inferiore. Una muta da 3mm ed eventualmente un sottomutino, consentono di immergersi in sicurezza e in completo confort su tutti i siti di immersioni, sia durante il safari sia durante la permanenza in resort.
A differenza delle altre zone delle Filippine, qui vi è presenza di pelagici, anche grandi. Personalmente ho sempre visto le Filippine come la “patria” delle macro, mentre in queste zone è facile avvistare grandi pelagici, come squali martello di grandi taglie. La zona è molto ricca anche di aquile di mare e gli avvistamenti sono quasi garantiti. Le immersioni sono abbastanza difficoltose se non altro per la lunga permanenza sul fondo, generalmente tra i 22 e i 28 metri. Queste costringono, sovente, a soste di sicurezza non proprio brevi.

Il secondo giorno ci attendono quattro immersioni: la C4, C10, C12 e una notturna. Questo safari si è caratterizzato per una strana congiuntura tra luna e maree. In effetti abbiamo trovato spesso una “morta” d’acqua e si sa che, quando la corrente non c’è, i grandi avvistamenti sono scarsi. Queste tre immersioni regalano una grande ricchezza di colori, data dalla varietà di gorgonie (sempre di dimensioni esagerate), di alcionari e di gigantesche spugne a botte. La vita è discreta in vicinanza del reef. Una moltitudine di specie ci accompagna a ogni tuffo. Anche la notturna è gradevolissima: un enorme nudibranchio sul rosso ci accoglie e tra gli anfratti una varietà di gamberetti notturni, tra cui il marmoratus, i calamari a caccia e altre forme di vita notturna.

Il giorno a seguire, come prima immersione si scende a Calusa Ray, una parete ricchissima di alcionari multicolori, gorgonie giganti e molto pesce di reef. Ci si aspettava di avvistare qualche pelagico ma inutilmente. Un paio di aquile di mare ci accompagnano per tutta la risalita e tenendosi a debita distanza. Tutto questo per la mancanza di corrente. Intervalliamo la mattinata con la C32, una bellissima e coloratissima parete. La guida ci consiglia di ripetere l’immersione a Calusa Ray: un banco di carangidi ci accoglie sul primo gradino a 28 metri, scendiamo verso i 38, dove la corrente è ancora più forte. Tra me, Cristhian e l’angolo di corrente ci saranno una decina di metri. A fatica ci teniamo sugli anfratti e, come di incanto, possenti ci vendono incontro due squali martello di notevole stazza. Riesco a girare la macchina e faccio uno scatto. La profondità e l’obiettivo non sono certo i migliori per una bella riuscita ma la testimonianza c’è. A Cagayan ci sono i martelli e questo è certo! Il resto dell’immersione è un trionfo di colori e la notturna che ne segue è il giusto sigillo a una giornata da ricordare.

I giorni passano così, tra un tuffo e l’altro, tra un avvistamento e l’atro. Voglio segnalarvi un punto di immersione in particolare: Gorgonia Point. È una parete di enormi gorgonie che da 22 metri e lungo la dorsale verso il mare aperto, si infittiscono e seguono una specie di tunnel sommerso, ricco di anfratti e spaccature. Molti nudibranchi e una atmosfera particolare fanno di questa immersione una delle mie preferite. In questa zona è facile incontrare anche mante e grossi napoleoni. Un banco di platax, alcuni grandi tonni, barracuda e una tartaruga fanno degna cornice a questa bellissima immersione.

L’ultimo giorno lo passiamo tra Shark Cave e la C36. Sono le ultime immersioni di questa bella avventura a Cagayan Island sulla via del rientro. La “Grotta degli Squali” si trova a circa 55 metri dopo un pianoro che scende gradatamente verso i 40 metri. La caverna avvolta da coralli molli è caratterizzata dagli squali che appoggiati sul fondo sfruttano la leggera corrente per riposarsi sulla sabbia. È impegnativa non solo per la profondità, ma soprattutto per la morfologia e per la presenza di una fastidiosa corrente. Però gli squali ci sono e si vedono, anche se avvicinarli vuol dire scendere di altri 5/10 metri, idea non “salutare”. In risalita avvistiamo un gruppetto di quattro aquile di mare che sinuose ci vengono incontro per tuffarsi nuovamente verso il fondale. Inutile rincorrerle, è il loro ambiente e la facilità con la quale volano nell’acqua ci confonde e ci fa credere che la distanza che ci divide sia colmabile con facilità, nulla di più sbagliato. Un numeroso banco di pappagalli giganti sul pianoro che sgranocchiano i coralli, ci fanno trascorrere la sosta di sicurezza e qualche minuto di decompressione in completo relax, ammirandoli nella loro particolare bellezza.

Questi sei giorni sono trascorsi in un lampo. La fatica lascia spazio all’emozione di ammirare il passaggio di un banco di balene pilota che a prua della barca ci sfilano veloci. Ci attendono altri tre giorni di riposo al Resort e altre quattro immersioni che si riveleranno di un bello incredibile, ricche di incontri con specie assolutamente tra le più ricercate in tutti i mari del mondo: il gamberetto arlecchino (Harlequin Shrimp), il pegasus e l’ippocampo pigmeo. Durante la navigazione del rientro le immagini di questa avventura riecheggiano nella mente, gli incontri subacquei si rivivono con piacere, così come le serate trascorse insieme ai compagni di avventura assaporando il pesce acquistato dai locali pescatori. È stata una bella avventura, certamente non adatta a tutti, ma il paradiso di coloro che apprezzano la genuinità delle emozioni e dei momenti che solo un’esperienza così vera può dare.



 

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