La storia dell'Everglades, regione paludosa della porzione meridionale dello stato della Florida, qui raccontata per parole e immagini, è uno dei più significativi esempi di gestione ambientale scellerata, operata dall'uomo esclusivamente per interessi di natura economica.
Attendo con impazienza che i primi raggi di sole illuminino la Shark Valley, nella sezione nord dell'Everglades. Cerco di intravedere qualche uccello nell'oscurità, di percepire qualche rumore che mi indichi la loro presenza. È sempre con un misto di trepidazione e angoscia che torno in Florida. Trepidazione per lo spettacolo cui spero di assistere ancora una volta, angoscia per il timore che lo spettacolo non ci sia, che gli attori abbiano abbandonato per sempre il palcoscenico. Qualche ibis bianco comincia ad alzarsi in volo. Si intravede la sagoma del grande airone azzurro, il "Great Blue" come lo chiamano da queste parti. Mi rilasso un pochino e mi siedo sull'argine del canale a godermi lo spettacolo del sole nascente che illumina una garzetta appollaiata su un ramo.
Mi domando cosa ci sia di tanto affascinante in questo posto. Non ci sono panorami spettacolari nell'Everglades. Niente vulcani, niente montagne. Il picco più ambizioso è alto sette metri sul livello del mare e un cartello annuncia il passo "Rock Reef".
Altezza sul livello del mare: un metro. Ma è al tempo stesso un paesaggio delicato e fragile, da godere palmo a palmo piuttosto che con una visione d'insieme.
È un ecosistema unico al mondo che, pur nel dissesto attuale, ospita oltre 350 specie animali, 68 delle quali a rischio di estinzione, 45 specie di mammiferi, 10 specie marine, 50 specie di rettili e poi naturalmente gli uccelli, i veri padroni del parco.
Fino al 1930 gli uccelli nidificanti nel parco erano milioni. Oltre 300.000 trampolieri (soprattutto ibis bianchi) imbiancavano le mangrovie a perdita d'occhio. Centinaia di alligatori e coccodrilli vivevano fianco a fianco. Oggi questi numeri sono scesi di oltre il 90%. Quaranta anni fa gli esemplari di tantalo americano (l'unica specie di cicogna nativa del Nord America) nidificanti nel parco ammontavano a 2.500. Nel 1990 il numero era sceso a 375.
Oggi l'Everglades, questo incredibile capolavoro della natura, ha raggiunto il limite massimo di assorbimento dell'impatto umano. Per oltre un secolo abbiamo utilizzato questo prezioso ecosistema per i nostri scopi, drenandolo e sottomettendolo con canalizzazioni, dighe, argini, bacini artificiali, campi da golf, strade e case. L'ambiente è stato ridisegnato e stravolto da una rete di strutture il cui scopo dichiarato era quello di imbrigliare, annullare e ridurre alla ragione il flusso naturale dell'acqua piovana, consentendo così lo sviluppo economico della Florida meridionale.
A partire dalla fine dell'800, il desiderio sempre crescente di terre per l'agricoltura e l'urbanizzazione portò in meno di 50 anni alla distruzione di oltre metà dell'Everglades.
Completamente insensibili alle conseguenze delle nostre azioni, abbiamo messo in moto un gigantesco ingranaggio che avrebbe per sempre alterato l'ambiente naturale e le nostre stesse vite. Solo oggi cominciamo a intuire la natura irreparabile di quanto è stato fatto. Una cosa è certa: l'umanità ha bisogno dell'Everglades. Le sue paludi sono alla base di una piramide che alimenta un ecosistema complesso da cui dipendiamo noi stessi. Come risultato di questa aumentata sensibilità è stato avviato in Florida il più ambizioso progetto di recupero ambientale mai concepito. Il "Comprehensive Everglades Restoration Plan (CERP)" che dovrebbe parzialmente recuperare l'Everglades e garantire al tempo stesso lo sviluppo della Florida meridionale. Si tratta di un immenso progetto la cui realizzazione richiederà 40 anni e costerà oltre 10 miliardi di dollari.
È possibile annullare i danni fatti in un secolo di abusi? È possibile restituire il suo stato naturale a un ambiente alla cui porta vivono milioni di persone? È possibile liberare un lago imprigionato? O un fiume incatenato? Secondo Joe Podgor, attivista e per lungo tempo direttore dell'associazione Amici del Parco, «l'Everglades è un test. Se lo superiamo possiamo tenere il pianeta».
L'Everglades comincia con una nuvola. Non ci sono montagne qui, a mandare la propria acqua verso il mare. È la terra stessa che genera l'acqua che le dà vita.
Prima dei drenaggi e delle canalizzazioni, un immenso strato d'acqua, profondo solo pochi centimetri, copriva quasi interamente la Florida meridionale per centinaia e centinaia di chilometri, scorrendo pigramente verso sud. L'acqua caduta nel nord della Florida confluiva nel lungo e tortuoso fiume Kissimmee, che nascendo a sud dell'attuale città di Orlando, si gettava nel lago Okeechobee, 150 km più a sud. Da qui l'acqua proseguiva ancora verso sud fino a gettarsi nel golfo del Messico. La maggior parte di quest'acqua, in realtà, non raggiungeva il mare: veniva assorbita dal terreno e dalle piante che la restituivano in forma di nuvole da cui cadeva nuovamente.
Senza barriere naturali né artificiali, l'acqua poteva fluire da lago a lago, tracimare dai fiumi e disperdersi in una immensa pianura alluvionale. Oggi nessuno ricorda come fosse l'Everglades prima dei drenaggi della fine dell'800 ma è presumibile si trattasse di un immenso mosaico di paludi e canali, sempre pronti a tracimare. Questa enorme distesa d'acqua, nè fiume né palude, si allargava e restringeva secondo il ritmo delle stagioni, alimentando un'incredibile varietà di specie animali e vegetali.
Per comprendere l'Everglades, bisogna comprenderne il clima che lo plasma e modella. Tradizionalmente il clima della Florida meridionale viene descritto come tropicale, con due stagioni: una secca, da maggio a novembre, e una umida, da dicembre ad aprile.
Durante la stagione secca, pesci, tartarughe, rane e crostacei si concentrano in pozze sempre più piccole in compagnia di alligatori, lontre e legioni di uccelli trampolieri.
Durante la stagione delle piogge gli animali si disperdono nell'immenso strato d'acqua che copre la terra da costa a costa. Ma questa simmetria si verifica, in media, solo la metà delle volte. Una stagione secca prolungata porta spesso un periodo di siccità che può durare un anno o più, e che inaridisce l'Everglades creando le premesse per violenti incendi.
Oppure una prolungata stagione umida crea un innalzamento delle acque che penalizza i trampolieri che non possono più nutrirsi. Le forze che governano la Florida meridionale sono in realtà capricciose e incostanti, e proprio questa natura temperamentale contribuisce a ridefinire continuamente l'ambiente, eliminando le specie più deboli e costringendo le altre a un continuo adattamento.
Le oscillazioni del clima portano il nibbio ed il tantalo a trovarsi agli opposti dell'arco meteorologico: la stagione umida e le prolungate inondazioni favoriscono il nibbio che si nutre principalmente di lumache, mentre la stagione secca e le prolungate siccità favoriscono il tantalo che si nutre del pesce concentrato nelle poche pozze rimaste.
Solo una palude capricciosa come l'Everglades poteva sostenere due specie così divergenti dal punto di vista delle preferenze ambientali. Questa vasta gamma di comportamenti e le oscillazioni del flusso delle acque, sono alla base dell'incredibile biodiversità dell'Everglades. L'acqua dell'Everglades ha bisogno di fluttuare per poter sostenere un ecosistema variegato.
Eventi periodici e catastrofici come uragani e incendi hanno l'effetto di resettare il parco, rilasciando nutrienti nel terreno e ristabilendo l'equilibrio naturale. Non c'è forza al mondo più devastante di un uragano: un enorme motore che si nutre del calore dell'oceano. Un uragano può raggiungere i 1.000 Km di diametro e orchestrare oltre un milione di chilometri cubi di atmosfera, modificando il paesaggio con la forza di una esplosione nucleare.
Tutto questo potere è tuttavia una forza indispensabile in natura, che contribuisce a dissipare l'eccesso di energia accumulata nelle zone tropicali in seguito al riscaldamento, e a ristabilire un corretto rapporto di temperatura tra gli oceani e la terraferma. Se convertita in elettricità, la quantità di energia dissipata da un uragano in un solo giorno potrebbe alimentare gli interi Stati Uniti per tre anni. La Florida meridionale ha convissuto per millenni con questo straordinario potere dirompente, utilizzandolo in chiave produttiva piuttosto che distruttiva. Oggi, tuttavia, metà dell'Everglades è stato convertito in terreno coltivabile ed edificabile e l'acqua alluvionale ha a disposizione un'area limitata su cui drenare. L'effetto degli uragani è quindi diventato devastante, sia per l'ambiente che per la popolazione.
I prolungati periodi di siccità, che interrompono talvolta il ritmo naturale delle stagioni, favoriscono gli incendi, che purificano la flora, eliminano le specie invasive e rigenerano il terreno. Nel corso del secolo scorso tuttavia, il progressivo abbassamento del livello delle acque ha portato a un parallelo incremento degli incendi, che bruciano più caldi e più a lungo di prima dei drenaggi.
Dopo una forte siccità e l'arrivo di un fronte freddo che distrusse la quasi totalità della vegetazione minore, quasi tutto l'Everglades andò in fumo negli incendi del 1943. Un anno e mezzo più tardi una nuova siccità portò nuovi incendi di tale portata che il "Miami Herald" proclamava: "Solo un atto di Dio può fermare le fiamme". Eventi che qualche decina d'anni prima sarebbero stati agevolmente ammortizzati dall'ambiente, che anzi ne avrebbe tratto beneficio, erano in pochi anni diventati devastanti per il progressivo drenaggio che aveva esacerbato gli effetti della stagione secca e dei fisiologici periodi di siccità.
Un ecosistema sano è resistente: si rigenera in seguito a eventi catastrofici e ritorna più sano di prima. Oggi, tuttavia, l'Everglades soffre dell'equivalente ambientale dell'AIDS: il suo potere di recupero e resistenza agli eventi ambientali è annullato.
I problemi per l'Everglades iniziarono alla fine del 1800, quando i coloni scoprirono il potenziale economico della Florida. Tuttavia, prima che la penisola potesse essere sfruttata adeguatamente per l'agricoltura e l'urbanizzazione, doveva essere eliminato il fastidioso strato di acqua che la ricopriva per buona parte dell'anno. Un ambizioso ingegnere, Hamilton Disston, pensò di avere il piano perfetto: eliminare il problema alla radice deviando la sorgente principale delle acque, il fiume Kissimmee.
L'ecologia della Florida meridionale si basava sul flusso naturale delle acque che, dalla Florida settentrionale, scendevano lentamente verso sud seguendo il tortuoso corso del fiume Kissimmee, che si gettava nel lago Okeechobee.
Dal lago una serie di canali naturali portava l'acqua in tutto l'Everglades. In mancanza di barriere naturali, nella stagione umida l'acqua era libera di tracimare dal letto del fiume e dal bacino del lago inondando le pianure circostanti. Eliminando il fiume Kissimmee e sostituendolo con un canale artificiale, Disston pensò di risolvere tutti i problemi: l'imbrigliamento del fiume avrebbe eliminato il fastidioso problema delle esondazioni. Inoltre, l'acqua sarebbe confluita direttamente nel lago Okeechobee, da cui una serie di canali artificiali la avrebbero trasportata direttamente verso il mare, a est e a ovest del lago. In questo modo, si sarebbe eliminato anche l'afflusso di acque nell'Everglades, drenandolo. In un colpo solo l'intero Everglades e l'area a nord del lago Okeechobee sarebbero state drenate, esponendo migliaia di ettari di terra fertile da vendere.
Disston, complice una tecnologia non ancora all'altezza, riuscì solo parzialmente nel suo intento. Ci pensarono i posteri a completare il suo progetto. Le dighe e le canalizzazioni create da Disston avevano già profondamente alterato l'ecosistema della Florida meridionale, rendendolo più fragile al cospetto delle calamità naturali come uragani e incendi quando, nel 1920, una serie di uragani causarono un innalzamento delle acque che portò all'esondazione della maggior parte dei corsi d'acqua, con ingenti danni per la popolazione.
Nel 1928 un altro uragano, ancora più violento dei precedenti, colpì West Palm Beach. Oltre 6.000 persone vivevano sulle coste del lago Okeechobee, i cui argini erano stati rinforzati e le acque imbrigliate da dighe e canali. La straordinaria forza delle acque, che non avevano più uno sfogo naturale, ruppe le dighe e piombò sulla popolazione con la forza di uno tsunami. Oltre 3.000 persone persero la vita in un solo giorno.
Il presidente Herbert Hoover dichiarò guerra all'acqua: «L'acqua è il nemico pubblico numero uno». Con il supporto del 98% dei cittadini, altri canali e dighe vennero costruiti per imbrigliare e contenere il “mostro”.
Il colpo finale venne inflitto dopo la Seconda Guerra Mondiale dal Genio Militare Americano (U.S. Army Corps of Engineers), che completò definitivamente il progetto di Disston. Nel 1947 piogge torrenziali rovesciarono quasi tre metri d'acqua sulla Florida meridionale, inondando la gran parte dei centri abitati che rimasero sott'acqua per oltre sei mesi. Migliaia di persone furono evacuate. Sotto la spinta della rabbia popolare, il Congresso incaricò il Genio Militare di fare qualsiasi cosa necessaria per regolare le acque, impedendo per sempre il ripetersi di tali eventi. Forte delle nuove tecnologie e dell'economia del dopoguerra, il Genio Militare eseguì il piano di Disston su vasta scala: il fiume Kissimmee venne completamente eliminato e sostituito da un canale artificiale lungo 90 km e profondo 9 m. La Florida meridionale venne imbrigliata in 3.000 km di canali, 200 dighe e stazioni di controllo delle acque, 16 stazioni di pompaggio. Vennero creati immensi argini e una moltitudine di canali per portare l'acqua dal lago Okeechobee direttamente al mare, evitando che finisse nell'Everglades.
Quello che né Disston né i geni del Genio Militare avevano previsto era l'effetto sull'ambiente della canalizzazione del fiume. Prima della costruzione del canale l'acqua era libera di esondare e, drenata dal terreno, veniva lentamente ripulita delle sostanze inquinanti, in particolare il fosforo usato massicciamente come fertilizzante. Avendo eliminato il letto del fiume e negato all'acqua il tempo per rigenerarsi, l'inquinamento del lago Okeechobee aumentò esponenzialmente. Dal lago, i canali artificiali iniziarono a versare acqua inquinata direttamente nel mare, annientando la barriera corallina e l'ecosistema marino. Il ritmo naturale delle esondazioni e il lento scorrere dell'acqua che consentiva all'ambiente di smaltire l'inquinamento prodotto da fabbriche e piantagioni era stato eliminato. Al suo posto, un'autostrada di canali portava ora le sostanze inquinanti direttamente al mare.
L'Everglades, già parzialmente drenato, vide aumentare esponenzialmente il livello di inquinamento delle sue acque. Il fosforo non drenato favorì la crescita di specie di piante invasive, ostruendo i canali naturali, impedendo a uccelli e alligatori di nidificare, favorendo la crescita di alghe che utilizzano gran parte dell'ossigeno dell'acqua, bloccano la luce solare e annientano in questo modo la vita, riducendo la palude a una immensa "dead zone". Tutto ciò avrebbe richiesto agli studiosi di tutto il mondo decine di anni per comprendere a fondo il disastro ambientale che questo approccio aveva causato. Quando il canale fu finalmente completato, nel 1971, la comunità internazionale era unanime nel ritenere che non avrebbe mai dovuto essere costruito.
Con la costruzione delle dighe e dei canali, centinaia di ettari di palude vennero trasformati in terreni agricoli. Quella che una volta era una vasta pianura alluvionale, sulle sponde del lago Okeechobee, è oggi dominata da coltivazioni di canna da zucchero a perdita d'occhio.
Ufficialmente denominata "Everglades Agricultural Area", questa immensa distesa è nota semplicemente come "Big Sugar".
L'aggettivo "big" denota non tanto la dimensione delle piantagioni quanto la potenza economica e politica dell'impero. E questo impero si chiama Flo-Sun, la multinazionale fondata dagli esuli cubani Alfy e Pepe Fanjul. A partire dal 1962, con l'imposizione dell'embargo a Cuba, il governo degli Stati Uniti fece l'impossibile per favorire i Fanjul e la lobby dei coltivatori. Il governo si assunse tutti i costi per mantenere la Everglades Agricultural Area irrigata nella stagione secca e sgombra dall'acqua nella stagione umida. I prezzi della canna da zucchero vennero controllati direttamente dal governo e mantenuti stabilmente intorno ai 22 centesimi la libbra, mentre nel resto del mondo il prezzo oscillava intorno agli 8 centesimi la libbra. Milioni di dollari l'anno vennero versati alla Flo-Sun sotto forma di sussidi e sgravi fiscali. Ma le agevolazioni non finirono qui: le facilitazioni per l'acquisto di terre da destinare alla coltivazione di canna da zucchero furono tali che diventò di dominio comune il fatto che quando i produttori decidevano di espandersi, spingevano semplicemente indietro la recinzione. Ai produttori di canna da zucchero furono garantiti per decenni prestiti agevolati, sconti e agevolazioni di tutti i tipi, senza che nessun controllo venisse esercitato sulla loro attività e nulla venisse chiesto in cambio. Con questa mole di aiuti non sorprende che la Flo-Sun divenne rapidamente un colosso in grado di influenzare le scelte del governo.
Il problema della coltivazione dello zucchero è che è totalmente fuori fase rispetto alla natura dell'Everglades. Infatti, a detta di molti studiosi, "piantare canna da zucchero in Florida è come sperare di far crescere banane in Minnesota". Il suolo dell'Everglades è estremamente povero di nutrienti. Il falasco, una pianta simile al giunco, ha colonizzato le paludi della Florida sin da tempo immemorabile proprio grazie al fatto che il basso livello di fosforo nel terreno ha impedito per secoli a tutte le altre piante di germogliare.
Al contrario, la canna da zucchero ha bisogno di un terreno ricchissimo di fosforo. In assenza di qualsiasi parametro da rispettare, gli agricoltori avviarono dunque in modo estensivo l'uso del fosforo come fertilizzante. La canalizzazione delle acque fece il resto, impedendo al terreno di purificare l'acqua e trasportando il fosforo direttamente al lago Okeechobee e di qui al mare. In breve tempo la concentrazione di fosforo nell'Everglades passò da 5-7 parti per miliardo a oltre 500 parti per miliardo. L'inquinamento che ne risultò annientò totalmente il parco, le pianure e i mari circostanti causando un disastro ambientale di immani proporzioni. Per questi motivi la lobby della canna da zucchero viene spesso indicata come responsabile del declino del parco.
In tutta onestà, tuttavia, non è possibile indicare un unico responsabile. La richiesta di terre per l'agricoltura, l'aumento esponenziale della popolazione della Florida meridionale, con conseguente domanda di terreni edificabili e acqua potabile, la convinzione che fosse dovere dell'uomo imbrigliare l'acqua e ridurla alla ragione, sono tutte forze che contribuirono al dissesto.
Dopo decenni di abuso, è stato avviato alla fine degli anni 90 il più ambizioso progetto di recupero ambientale della storia dell'umanità. Il CERP (Comprehensive Everglades Restoration Plan) è un immenso progetto, costituito da oltre 60 sottoprogetti, che dovrebbe richiedere 40 anni per il suo completamento e costare complessivamente oltre 10 miliardi di dollari. Gli obiettivi sono, almeno in teoria, chiari: rimediare al danno causato dai drenaggi e dalle canalizzazione, ripulire l'acqua dal fosforo in eccesso, ristabilire il corso originario del fiume Kissimmee, ristabilire la connessione tra Everglades settentrionale (a nord del lago Okeechobee) e meridionale e consentire nuovamente all'acqua piovana di scorrere naturalmente.
Allo stesso tempo il piano dovrebbe salvaguardare lo sviluppo della Florida consentendo di immagazzinare acqua pulita per le necessità della popolazione in costante espansione. Il processo di recupero, tuttavia, non è altrettanto chiaro. Tanto per cominciare nessun ritorno al passato è possibile, quindi non ha senso parlare di vero e proprio ripristino dell"Everglades.
Metà dell'Everglades originario è persa irreparabilmente. Quei terreni sono oggi abitati e coltivati da quasi 20 milioni di persone e non c'è modo di restituirli alla natura. Inoltre, anche se si riuscisse a ristabilire l'equilibrio idrogeologico originario, l'acqua che scorre in Florida oggi è talmente inquinata che non potrebbe essere immessa nell'Everglades, pena la definitiva distruzione del parco.
L'Everglades originario non avrebbe mai potuto gestire la massa di fertilizzanti immessi oggi nell'ambiente. È quindi necessario creare un mix opportuno (e nuovo) di piante per riuscire a dissolvere il fosforo in eccesso. Naturalmente, trattandosi di specie non originariamente previste nell'ecosistema, nessuno sa come l'ambiente risponderà a questi cambiamenti. Una ulteriore complicazione è che nessuno ha conoscenza diretta di come fosse l'Everglades prima dei drenaggi della fine dell'800.
I primi dati certi risalgono alla metà degli anni 30, quando l'ecosistema era già fortemente compromesso. Per dirla con John Ogden, ecologista del Florida Water Management District, «non conosciamo affatto l'ecosistema che stiamo cercando di ricostruire. Il progetto è basato solo sulle nostre previsioni su come pensiamo che l'ambiente risponderà». Occorre anche ricordare che in Florida l'unica acqua proviene dal terreno per evaporazione. Per ristabilire un equilibrio delle acque in qualche modo simile a quello originario è necessario un immenso bacino acquifero. L'Everglades originale consisteva di centinaia e centinaia di ettari di terra inondati per gran parte dell'anno. Evidentemente non è possibile ricreare oggi questa situazione, a meno di espellere dalla Florida i suoi milioni di abitanti.
Gli scienziati del CERP stanno dunque pensando di ovviare al problema creando delle cisterne sotterranee in cui immagazzinare l'acqua piovana per poi rilasciarla nell'Everglades in modo controllato. Il piano potrebbe anche funzionare, ma è evidente che non si può in alcun modo parlare di ripristino di un ecosistema originario. Si tratta, nella migliore delle ipotesi, di un nuovo ambiente creato appositamente con un mix di tecnologia, combinando processi meccanici (pompe, cisterne, canali) e processi biologici (mix adeguati di piante per dissolvere il fosforo) con l'obiettivo di favorire lo sviluppo della vita e proteggere allo stesso tempo la ricchezza della Florida.
La popolazione della Florida continua ad aumentare, mentre scriviamo queste righe, di 1.000 persone al giorno. Quando questo articolo sarà in stampa 30.000 persone in più abiteranno le sponde dell'Everglades. La Florida è solo il ventiduesimo stato per estensione ma il quarto per popolazione. Nessun governo, per quanto avveduto dal punto di vista ambientale, ha intenzione di porre un freno a questo sviluppo. O di porre un freno ai coltivatori di canna da zucchero. Oppure allo sviluppo industriale. In queste condizioni è lecito nutrire qualche dubbio sul risultato finale. In ogni caso il progetto è in marcia, e ha ottenuto qualche buon risultato: un terzo del bacino originario del fiume Kissimmee è stato ricreato, sbarrando opportunamente il canale ideato da Disston e convincendo l'acqua a scorrere secondo il percorso naturale. Gli scienziati hanno verificato che il livello di fosforo nell'acqua deviata secondo il corso originario del fiume è sceso significativamente, e l'ambiente ha cominciato a rifiorire.
Marjory Stoneman Douglas, scrittrice e ambientalista che dedicò la sua vita alla protezione dell'Everglades, scrisse: «Ci deve essere sviluppo. Ma dobbiamo chiederci che tipo di sviluppo vogliamo e che prezzo siamo disposti a pagare. Vogliamo distruggere tutto quello che c'è di bello nel mondo e contaminare l'aria che respiriamo e l'acqua che beviamo?».
Dal momento che la società ha accettato di misurare il proprio successo in base alla crescita economica, deve anche riconoscere i costi di questo successo in termini di salute pubblica e perdita di preziosi ecosistemi. Sarà necessario molto più che un programma governativo per rimediare al danno. Sarà necessario che ciascun individuo accetti il proprio ruolo e sia determinato a fare ciò che è meglio non per sé stessi, ma per i propri figli e nipoti. Prima del 1900 nell'Everglades fluiva una tale quantità d'acqua che raramente si asciugava completamente. Oggi l'Everglades è secco due anni su tre. Tra il 1930 e il 1960 centinaia di migliaia di ibis bianchi nidificavano tra le mangrovie. Oggi gli uccelli se ne sono andati. Quanto vale l'Everglades? Quanto vale un ibis? La bellezza ha un prezzo? Come scrisse Aldo Leopold, padre dell'ambientalismo americano, «perché non fare a meno anche delle stelle? E dei tramonti?».