Un viaggio fotografico ed umanitario che ti cambia e ti tocca nel profondo arricchendoti, ma allo stesso tempo capace di rivelarti limiti e fragilità interiore.
“Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”, affermava il premio Nobel per la letteratura John Steinbeck.
La fotografia è da sempre, per me, un potente mezzo di espressione e comunicazione delle emozioni, uno strumento insuperabilmente efficace per fermare nel tempo, immortalandoli, momenti unici e irripetibili.
Amo osservare i particolari e guardare attentamente il mondo intorno a me, cercando di coglierne gli aspetti che maggiormente mi suscitano emozioni.
Da tempo nutrivo il desiderio di accostarmi a una realtà che fosse radicalmente diversa dal contesto in cui sono nata e cresciuta, per una crescita personale, per allargare i miei orizzonti di pensiero, per indagare in profondità, attraverso l'osservazione diretta, luoghi, persone e situazioni, alla ricerca di ciò che rende l'uomo, in teoria “uguale” a sé stesso sempre e ovunque, così profondamente “diverso” in luoghi e condizioni differenti.
Questo interesse mi ha spinto ad avvicinarmi all'Etiopia, uno degli stati più poveri dell'Africa, con una realtà profondamente diversa da quella dei paesi industrializzati ed economicamente sviluppati del nord del mondo, caratterizzati dal benessere.
Nelle società evolute si ha un’idea molto vaga, quella divulgata dai mass media, della miseria e dell'assoluta carenza di tutto, tipiche della maggior parte dei paesi africani.
Ho avuto un’occasione unica: poter fare questo viaggio all'interno di un gruppo di persone eccezionali, iscritte all'associazione di volontariato “CUAMM - Medici con l' Africa”, la prima organizzazione italiana che si attiva per la promozione e la tutela della popolazione africana.
In questo contesto ho avuto anche l'opportunità di venire a contatto con uno degli aspetti più duri e problematici di questo paese: la malattia.
Ogni realtà è composta da immagini, suoni, sapori, odori, sensazioni tattili, e ci tocca tanto più profondamente, quanto più intense sono queste percezioni sensoriali. Inoltre ogni realtà appare differente a seconda del punto di vista da cui la si osserva, ed essendo questo un viaggio di tipo umanitario e solidale, i miei occhi e- il mio obiettivo fotografico hanno avuto la possibilità di catturare momenti indimenticabili, carichi di emozioni intensissime che mi hanno toccato nel profondo del cuore.
Credo che solo da una prospettiva simile, per quanto difficoltosa, sia possibile comprendere pienamente l'umanità e il coraggio di questa gente, nata in una indigenza totale, ma che considera normale, e alla quale si è adattata e non rassegnata.
Grazie alla mia inseparabile e insuperabile Nikon D800 con ottica AF-S Nikkor 24-120mm F/4G ED VR, nelle situazioni più svariate ho soffermato la mia attenzione sul modo di vivere della popolazione etiope, scattando da un lato fotografie di reportage negli ospedali, nelle scuole, nelle missioni, nelle città e nelle campagne, dall'altro fotografie di ritratto, quasi per catturare lo sguardo delle persone.
Credo infatti che il dettaglio possa trasmettere moltissimo a livello emotivo. Nonostante le condizioni di squallore in cui le persone di questo paese vivono, ho percepito nei loro occhi un senso di gioia e speranza.
Ogni mio scatto è fatto su base istintiva, in ognuno c’è il mio cuore e il tentativo di comunicare allo spettatore l'emozione da me provata.
Al tempo stesso ogni immagine è ponderata, in quanto ho sempre prestato un'attenzione particolare alla tecnica e all’estetica, convinta che esse siano una componente essenziale, insieme al sentimento, per realizzare delle belle fotografie.
Questo è stato il mio viaggio: un'esperienza che mi ha toccato nel profondo, scosso e in qualche modo cambiato, rivelandomi inaspettatamente tutta la mia capacità di empatia e al tempo stesso tutta la mia fragilità e i miei limiti, cioè riuscendo a fare emergere in superficie l’Africa che era dentro di me.