Dalla partenza al traguardo, passando per i box dove concentrazione e tensione sono un tutt'uno. Una serie di scatti accompagna il lettore attraverso le emozioni che si vivono, stando dietro l'obiettivo, durante le gare ufficiali di motociclismo.
Che cos'è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione. Citare questa frase di “Amici Miei” non vuole essere presunzione da parte mia: credo però che fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione siano fondamentali anche nella fotografia. Un mondo in evoluzione, soprattutto grazie alla tecnologia, non può prescindere dai fattori emozionali: sono quelli che ti spingono da una parte all’altra del pianeta alla ricerca dell’immagine destinata a lasciare il segno nelle persone, a provocare un sorriso, a portare a una lacrima o, più semplicemente, a farti pensare per un solo istante.
Perché le moto? È una passione che parte da quando avevo 14 anni, con il mio primo Cimatti 50 regolarità, una marca che oggi può considerarsi d’epoca. Ho iniziato con le prime piccole elaborazioni in casa e poi a frequentare le piste di motocross vicino alla mia città, Parma. Niente di impegnativo. Era un modo per incontrare gli amici. E così fino ai 19 anni.
Ho continuato ad andare in moto, non più in pista però. Poi è arrivato il sacro fuoco della fotografia, anche se la prima reflex l'ho comprata a 18 anni.
Collaboravo con giornali sportivi, come “Momento sport”. Seguivo anche il calcio e il baseball, disciplina che dalle mie parti è sempre stata apprezzata. Poi un cambiamento totale: ho iniziato a fotografare per reportage, naturalistica e viaggi. Nel 2009 il rientro, in Superbike e in qualche gara della MotoGP, quindi la collaborazione con Sportal, un portale che, come me, punta molto sulla qualità e - tornando al punto di prima - sulle emozioni. Emozioni che vorrei condividere con tutti. Semplicemente emozioni.
La fine di un impegno. Vedere la bandiera a scacchi è come salire una scala ripida prima di intravvedere la fine. Trovi così forze nuove. Poi dipende da come ti piazzi. Il primo prova una gioia immensa, ma anche per gli ultimi è la fine di qualcosa. L'emozione per il fotografo è prendere la bandiera e la moto, cogliere l’attimo.
Alcuni piloti dimostrano gentilezza, come qui Sylvain Guintoli. È un lancio gentile, indirizzato con precisione, un ringraziamento per le persone che lavorano e soffrono insieme a te. E che non ti voltano le spalle quando il risultato non arriva. Qualche volta ti illudi che il lancio sia anche per te, per i tuoi scatti… e allora lo fai tuo attraverso le immagini.
Sono gli stessi visi ai box, in occasione di una bandiera rossa per un incidente. C'è preoccupazione, mani nei capelli. È un momento molto intimo. In questi momenti non è la tecnica che diventa importante, ma la capacità di vedere, inquadrare, scattare e trasmettere, il momento che stiamo vivendo.
Ero l'unico fotografo in quella curva. Non succedeva niente al Nurburgring. In pochi metri ci sono altre inquadrature, ci si poteva muovere a piedi e me ne sono andato. Un rumore, un motore che urla e poi tace. Mi volto e vedo la moto in alto che cade dove prima ero io. Le ambulanze erano già lì da prima e vedo che a un pilota, a terra, vengono praticate quelle azioni a cui non vorresti mai assistere, poi i teli bianchi si alzano. I piloti sono due. Uno era Rea, che riporterà la rottura del femore e del bacino, l’altro Camier che dopo un tempo lungo e silenzioso rivedo in piedi. Solo allora scatto, non prima! La foto non avrebbe avuto alcun significato, almeno sportivo. E non mi sono mai pentito di questo.
Lo scatto di una vittoria di un Mondiale è quello che si cerca sempre. L'arrivo di Max Biaggi a Magny-Cours è uno scatto quasi automatico: sai che arriva e che vincerà. Quando vedi che ce l'ha fatta, la felicità è anche tua, anche se non è il pilota che più ti è simpatico. Ma sai che è un campione.
La concentrazione ai box è sempre altissima. Guai a distrarsi. Tutto deve funzionare come un orologio. E tu devi cogliere i momenti, entrando in quel mondo, senza farti notare, senza creare intralcio.
I piloti al via fanno sempre gli stessi gesti: qualcuno sembra che preghi, altri sembra che parlino alla moto. C'era un giapponese che spargeva sale ai box. C'è chi sorride, chi fa un cenno al fotografo, tutti alla ricerca della concentrazione, in un mondo di rumori: tutti non vedono l’ora che si accendano le luci rosse ma soprattutto, che si spengano… Diamo il via alle danze !
Tre minuti. È questo il tempo per le “ombrelline”, messo a disposizioni di chi pilota non è per farsi da parte e lasciare spazio ai protagonisti: cronaca e bellezza sono importanti, ma mai quanto quei ragazzi che sfrecciano come indemoniati sui circuiti di tutto il pianeta.
A volte si percepisce come cambia lo sguardo prima che il pilota cali giù la visiera. Nella mia immaginazione c'è un altro mondo, dove la paura non prende il sopravvento. I piloti si sfidano ma non oltrepassano il limite. Qui non c’è la regola dei terzi, qui c’è tutto quello che fa da contorno, ma il punto di messa a fuoco sono gli occhi, al centro dell’inquadratura.
A Monza, l'immagine fantasma creata dal caldo, dalla distanza e dalla lunga focale che comprime i piani e gli strati d'aria. Poi una forte e voluta sovraesposizione. È il mio tentativo di raffigurare l'attesa della partenza, come la sente il pilota che non guarda soltanto avanti, ma “vede” già la prima curva, anche se distante.
In piega, il pilota guarda avanti, alla prossima curva, e pensa che poi ce ne sarà subito un’altra, oppure un rettilineo in cui prendere velocità, fino alla prossima curva.
Un inno alla gioia. Dopo la vittoria arriva il podio. C’è anche lo spumante o lo champagne. Quindi qualche ora di riposo, un aereo da prendere, e ancora un po’ di riposo: c’è già da pensare al prossimo appuntamento per confermarsi ai più alti livelli. Chi è arrivato dietro di te, lavorerà sodo per raggiungerti ed essere al tuo posto, la prossima volta.
La stanchezza a fine gara, la voglia di riposare un po’ dopo aver compiuto uno sforzo ai limiti dell’umano.
Succede poi qualcosa di particolare, in questo mondo freddo, distaccato e veloce: l’amicizia. Non è facile. I piloti sono uomini, ragazzi con il loro mondo, con le loro amicizie. Un fotografo, a volte è un intruso che cerca di carpire emozioni e stati d'animo, soprattutto ai box. Alcune volte però capita… e quando succede che in pista c'è l’amico pilota che a fine gara ti regala un saluto… allora puoi sorridere anche tu. Grazie Davide!
In sala stampa, a farla da padrone, sono la frenesia e la fretta di rivedere le fotografie, per scegliere le migliori e inviarle al giornale: velocità di esecuzione anche con la tastiera e la posta elettronica.
Ed è proprio in quei momenti che rivivi il tuo lavoro, ripensi agli attimi dello scatto. A volte sei soddisfatto, a volte vorresti poterlo rifare…
Ci sono momenti in cui ti ritrovi quasi a parlare con le tue macchine, con la Nikon D4 e la “vecchia” Nikon D3s, e con le loro ottiche. Sai che loro ti accompagnano ovunque, come il fidato AF-S Nikkor 400mm f/2.8D ED-IF. Capita che le accarezzi, le valuti, le guardi con amore. Poi alla fine della giornata le riponi nei loro contenitori, in attesa di una nuova emozionante esperienza. Grazie Nikon!