La giusta dose di precisione e particolari tecniche compositive, permettono di vestire modelle con “abiti liquidi”, fatti di sabbia, fumo o luce.
Il progetto Elemental Dress ritrae ed esprime diverse tipologie di abiti fatti di sabbia, acqua, fumo e luce, avvolgenti il corpo di alcune modelle. Lo spunto nasce ammirando gli scatti di Jaroslav Wieczorkiewicz, fotografo che per primo ha ideato e realizzato i cosiddetti “abiti liquidi”.
Di questi abbiamo voluto creare una nostra versione, cercando una tecnica lavorativa del tutto personale.
Siamo partiti dalla consapevolezza che un abito liquido, fatto di sabbia o fumo, lo si ritrae seguendo una regola di base, ovvero utilizzando tempi di scatto molto veloci in modo da congelare il movimento degli elementi, in caduta libera, che lo compongono.
Occorre inoltre una notevole profondità di campo per evitare che una parte degli stessi finisca fuori fuoco. Per queste ragioni è necessaria una fonte di luce adeguata.
Non potendo utilizzare le classiche impostazioni di scatto da studio, abbiamo intrapreso due strade: la prima prevedeva di usare pannelli con 600 led che ci avrebbero consentito di eseguire lunghe raffiche di scatti; la seconda di utilizzare flash da studio in hi-sincro che avrebbero fermato il movimento con tempi di posa intorno a 1/1.000 s.
Entrambe le tecniche hanno una base comune: prima di tutto viene realizzata una foto del soggetto con la posa voluta. Ottenuto questo primo scatto, si effettua una serie di lanci del materiale designato al fine di creare l’abito. È ovviamente importante che il soggetto mantenga la propria posizione il più simile possibile alla posa iniziale.
A seconda del tipo di lancio, si possono creare parti di abito più o meno aderenti al corpo, quindi le maniche oppure, con lanci più ampi, le gonne.
L’abito viene composto per parti, con diverse serie di scatti. La modella sarà quindi “vestita” poco alla volta, non potendo coprire l’intero corpo e non potendo nemmeno dare la forma desiderata e complessa con un unico lancio di vernice o di qualsiasi altro elemento.
La differenza tra le due tecniche consiste nelle luci utilizzate: utilizzando delle luci continue si possono realizzare raffiche di scatti di cui si scelgono i migliori; utilizzando invece i flash da studio, bisogna lavorare su una serie di scatti singoli che ritraggono ogni singolo lancio del liquido.
Al termine degli scatti, si effettua la selezione delle foto migliori dal punto di vista della posizione del materiale lanciato. Si scelgono cioè quelle che meglio rappresentano la forma dell’abito desiderata. Selezionate queste immagini, si riprende il primo scatto con il soggetto in posa e lo si utilizza come base su cui posizionare alcune parti degli scatti ottenuti durante il lancio del liquido.
Realizzando opportune mascherature, mantenendo quindi porzioni delle foto in cui è stato lanciato il materiale e successivamente uniformando queste parti, si realizza un intero abito.
Sia esso liquido, di sabbia o fumo, il processo è sempre lo stesso.
Per quanto riguarda gli abiti di luce, il procedimento che abbiamo seguito è stato leggermente diverso. Come negli scatti precedenti, si realizza una prima foto della modella in posa.
Successivamente, la modella esce dal set e utilizzando dei tempi di posa lunghi, si realizzano dei light-painting in cui si “disegnano” nell’aria le forme degli abiti. A questo punto si “sovrappongono” queste immagini allo scatto iniziale contenente la modella.