La mia prima estate sull'isola di Kalamos assieme ai ricercatori dell'Istituto Tethys è tutt'ora impressa, indelebile, nella mia mente.
A Giugno l'olio liscio del mare, increspato solo a tratti da una leggera brezza tiepida, si presentava come una immensa piattaforma nella quale tracciare i nostri zigzaganti transetti, sempre alla ricerca dei delfini. Il sole appena sorto inaugurava la nostra giornata che in genere terminava in qualche tarda ora della notte. Ancora in un lieve stato di torpore bisognava controllare le batterie del GPS e dei registratori, svegliare i volontari, mettere su il caffè, fare i panini, assicurarsi che tutto il necessario venisse messo nel gavone, salire sull'Apecar e riuscire a farlo partire (cosa non facile) e "rotolare" giù dalla collina per essere in gommone per le 6.30.
I pescatori erano già in piedi da un po' e a vederci mezzi storditi ci salutavano con un affettuoso sorriso sotto i baffi. D'altra parte in Grecia ci si saluta sempre con calore e da quello che riuscivo a capire i ricercatori dell'Omada Gia Delfinia ("Il gruppo dei Delfini", in greco), dopo dieci anni di presenza sull'isola, erano ormai considerati parte integrante della piccola comunità. Nico, il settantenne sindaco di Episcopi, eletto per alzata di mani in taverna, si accingeva sempre a informarci sui suoi avvistamenti di delfini. A volte arrivava tutto eccitato: "Dodeca delfinia! Dodeca!"(dodici delfini, dodici!) e noi con le nostre 10 parole di Greco "Ma erano micro o megalo?" e lui "Né! Micro! Capito? Micrò!" Questo ci portava subito un grande senso di eccitazione perché ormai i delfini "piccoli", che sono poi i delfini comuni, a dispetto del loro nome stavano diventando sempre più rari.
Una volta partiti dal porticciolo di Kalamos ognuno prendeva la propria posizione. Marina, biologa dell'Istituto Tethys, al timone, i volontari seduti a prua, Stefano, l'altro ricercatore, e io in piedi sul sedile a scrutare il nostro "trancio" di mare: a ciascuno 90 gradi. Durante l'avvistamento la mente e gli occhi devono stare sempre all'erta. Bisogna guardare il mare senza perdervisi, stare attenti al particolare continuando a guardare l'insieme, e guardare l'insieme senza perdersi alcun particolare. Durante le ore che seguivano regnavano l'attesa e il silenzio, interrotto solo occasionalmente da Marina che annotava le nostre coordinate geografiche al registratore a ogni cambiamento di rotta o delle condizioni del mare.
Poteva durare ore, ma inevitabilmente arrivava il momento tanto atteso e qualcuno gridava: "Pinne!". In genere era Stefano, che non so come si trovava sempre sul lato giusto del gommone; oppure Marina, che nonostante fosse al timone, e quindi circa un metro più bassa di noi che eravamo in piedi sul sedile, ha gli occhi soprannominati "binocoli"; a volte ancora era un volontario di quelli che se ne stanno buoni buoni, e intanto con tutta la loro forza scrutano il mare.
"Pinne!": ed ecco che anch'io riesco a intravedere delle ombre scure che spuntano fra le onde. Una prima, poi una seconda.
" Sì, sono due"
"Un momento. No, guarda, altre tre laggiù!"
"Cinque!"
"Anche di là".
Marina riporta la posizione dell'avvistamento e dirige il gommone verso gli animali. Vado a recuperare la Nikon D100 dal gavone di poppa. Stefano coordina i volontari distribuendo i vari strumenti per la registrazione del comportamento. E intanto noi tutti teniamo gli occhi fissi su quei piccoli puntini neri che man mano che ci avviciniamo si trasformano in un gruppo di delfini, questa volta megalo: i tursiopi.
Inizio con il prendere un "blank", la foto che più in là caratterizzerà l'inizio dell'avvistamento. Scelgo la cimetta rossa di prua. Click. Poi inizio a fuochettare sul mare in attesa del momento in cui messa a fuoco e scatto dovranno coincidere con l'emersione del delfino, possibilmente ad angolo retto rispetto a noi in modo da cogliere perfettamente il profilo della pinna dorsale. Il nostro scopo è infatti quello di fotografare tutte le pinne del gruppo. Potremo quindi aggiornare i nostri cataloghi di foto-identificazione che ci dicono quali e quanti individui ci sono nell'area, studiarne le associazioni e soprattutto monitorare l'andamento della popolazione negli anni.
Attraverso l'obiettivo riesco già a vedere abbastanza da vicino il gruppetto verso il quale ci stiamo dirigendo. I tursiopi sembrano essere in viaggio. Sono disposti a V con un grosso individuo in testa. Sparpagliati a distanza di pochi metri ne conto una dozzina. Il loro nuoto sembra tranquillo ma si spostano velocemente. A tratti un individuo fa un'accelerata lasciandosi alle spalle una piccola scia bianca. Siamo davanti all'isola di Skorpio e i tursiopi sembrano dirigersi verso Kalamos. Marina dopo anni di ricerca ha ormai imparato ad avvicinarli con grande maestria, tenendo la velocità bassa e più o meno sempre costante, non tagliando mai la strada ai delfini e non standogli neanche alle calcagna. Faccio attenzione alle sue manovre, che prima o poi dovrò imparare anch'io.
Adesso siamo a un centinaio di metri da loro, paralleli alla loro rotta e navigando alla loro stessa velocità. Il nostro GPS misura 6 nodi (circa 10 km l'ora). Il gruppo compare e scompare quasi in sincrono rimanendo sott'acqua poco meno di un minuto. Questo rende facile seguirli e prevedere dove emergeranno. L'occhio destro sul mirino e quello sinistro aperto in modo da poter seguire anche il resto del gruppo, aspetto che la barca si avvicini. Impercettibilmente, Marina inizia a stringere la rotta. Il mare sembra un lago.
Siamo in silenzio e sentiamo i potenti soffi dei delfini quando escono in superficie a respirare. A cinquanta metri scatto qualche foto del gruppo. A quaranta inizio a distinguere i singoli individui. C'è Gobba con la sua bellissima pinna larga e arcuata, e Lara, una delle poche residenti della zona, e pure Dustin, con le sue caratteristiche tacchette. Ed ecco che sono vicina e perpendicolare. Ad uno ad uno irrompono attraverso la levigata superficie del mare. Il mio indice scatta in sintonia con il loro movimento e tutte le pinne, una dopo l'altra, vengono "immagazzinate" nella memoria della macchina digitale. Mi scordo di Marina che guida, di Stefano, dei volontari, del gommone. Ora davanti a me ci sono solo i delfini circondati da una massa d'acqua i cui margini confinano con il nulla.
I delfini ora hanno rallentato e si sono disposti in cerchio. A turno, in gruppetti di due o tre individui, arcuano il corpo in un'ultima respirazione e poi giù.
Passano ben quattro minuti prima che li rivediamo comparire. Nel frattempo noi siamo rimasti lì, a scrutare la superficie, completamente ignari dei loro movimenti sul fondo, a domandarci cosa stiano facendo, se e quando li rivedremo ricomparire. Ed ecco che poche decine di metri più in là rispuntano velocemente, uno dopo l'altro, fanno una serie di ventilazioni e poi giù di nuovo.
Mi accingo a indovinare dove usciranno ma ora è più difficile, i loro movimenti sono meno prevedibili e la loro comparsa in superficie sporadica. Stanno mangiando.
Questo comportamento dura almeno un'ora, con i tursiopi che si dividono e si riuniscono e ricompaiono ogni volta in un punto diverso. Marina opta per disegnare delle ampie volute circolari, a bassissima velocità, nella speranza che la fortuna ci regali ancora qualche istante per fotoidentificare tutti questi favolosi animali. Proprio mentre crediamo di averli persi il gruppo ricompare a pochi metri dal gommone. Inaspettatamente i loro scintillanti corpi schizzano fuori dall'acqua. Sono dei salti arcuati, a circa due metri di altezza dalla superficie del mare. Noi rimaniamo ammutoliti, quasi pietrificati davanti a tanta maestosa agilità. Con grande slancio e ritmo alterno i delfini sbucano dall'acqua compiendo stupendi salti acrobatici.
Poi si alza il vento. Siamo ormai ai confini del canale tra Kalamos e Kastos e i tursiopi prendono il largo verso altre isole più lontane. Le onde iniziano a frangere e le pinne dei delfini vi si confondono. Il mare si riappropria dei suoi gioielli e noi torniamo alla nostra base dopo una giornata degna di essere ricordata.
A casa riversiamo le foto sul computer di campo ed iniziamo la verifica del lavoro fatto in mare: la giornata è stata molto proficua e tutti gli individui presenti nel gruppo sono stati identificati. I ricercatori Tethys che portano avanti questo progetto di ricerca sui delfini costieri del Mar Ionio sono soddisfatti. Nel nostro bel "bottino" fotografico ci sono anche le immagini delle ultime acrobazie che i delfini ci hanno regalato.
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