Rimbaud, naturalmente, è lui, poeta perduto ai confini della Dancalia, a descrivere, in una rara lettera a casa, la sensazione che ti coglie alla gola quando metti piede, per la prima volta, in questo terribile deserto di sale e di lava. I dromedari della sua carovana stavano calpestando la banchisa bianchissima, laggiù nella piana del sale, e lui non riuscì più a dimenticare quella solitudine abbacinante che poteva rassomigliare solo al ‘presunto orrore dei paesaggi lunari’.
Ludovico Nesbitt non era un poeta ma un ingegnere inglese: nel 1928 attraversò, primo uomo bianco, tutta la Dancalia interna. Dall’Etiopia verso il mar Rosso. Ne uscì vivo e scrisse: ‘I dancali sono pronti ad ammazzare ogni estraneo in cui si imbattono’. Brutta fama per questi pastori-guerrieri: e a leggere i racconti dei viaggiatori di qualsiasi epoca, se la portano dietro da sempre.
I dancali, oggi, sono più conosciuti come afar e, seppur ruvidi, accolgono con gioia i viaggiatori nelle loro “burra”. Un vecchio mi spiegò che la parola, nella sua lingua dalle radici cuscitiche orientali, voleva dire ‘libero’. Un piccolo sultano, all’estremo sud dell’Eritrea, mi disse che stava per ‘errabondi’. Nessun antropologo mi ha confermato queste versioni, ma credo di più al vecchio. La libertà assoluta (e orgogliosa fino a una fierezza bellicosa) è la sola dimensione possibile fra queste desolazioni. Come altro vivere in terre aride fino allo sfinimento? Come altro vivere, se non disperatamente liberi, qui dove le temperature sfiorano i cinquanta gradi, l’ombra è un miraggio, l’acqua un miracolo e i dromedari sono tutto nella vita.
Si va in Dancalia, uno fra i luoghi ‘peggiori’ al mondo, proprio per questo. Per la solitudine senza rimedio e per la fatica infinita, per il caldo insopportabile e per il nulla attorno a noi. Se non studiate i vulcani e non siete antropologi dell’estremo, non vi è nessun altra ragione. Ma è una ragione sufficiente. Si va in Dancalia per i paesaggi stremati di lava e per le distese, simili a una banchisa artica, di sale. Il bianco ghiaccio (in un luogo da temperature che scalano ogni grado celsius possibile) e il nero cupo delle eruzioni sono i suoi colori. Questa è una terra inospitale, arroventata, abrasiva, tagliente come i ciottoli della sua lava che scivolano, in colate pietrificate, fino al mar Rosso, come i suoi vulcani che ne disegnano la frontiera verso gli altopiani etiopici, come il suo magma che ribolle senza esplodere sotto le suole delle vostre scarpe, come il sale che si rapprende e si trasforma in sculture opera di artisti extraterrestri...