Nikon D810A: alla conquista degli osservatori ESO di Paranal e La Silla

A cura di: Alberto Ghizzi Panizza

Dopo essere già stato ospite in Cile con Nikon D810 e ricco corredo Nikkor presso gli osservatori ESO (acronimo di European Southern Observatories) di ALMA e Paranal in aprile, sono stato nuovamente invitato in questi fantastici luoghi anche in luglio. Questa volta il viaggio è stato organizzato con la presenza della luna nuova e quindi con la massima visibilità delle stelle e della Via Lattea, la qual cosa nel precedente viaggio non era stata possibile a causa della luna piena che con il suo splendore mi offuscava le stelle. Ancora una volta sono stato accompagnato dall'ex direttore nonché costruttore di Paranal, il professor Massimo Tarenghi, un’infaticabile guida, pilastro dell’astronomia ma anche grande appassionato di fotografia. Con me è venuto anche l'amico e compagno di svariati viaggi Luca Robuschi.

Per la nostra nuova visita in Cile abbiamo portato due esemplari di Nikon D810A, la variante ottimizzata per l'astrofotografia della ben nota Nikon D810. Una fotocamera di nicchia vista nelle potenzialità in astrofotografia ma con caratteristiche veramente sorprendenti visto che può essere impiegata come fotocamera specializzata nella ripresa anche di nebulose oltre che nella comune ripresa fotografica. Partito dall'Europa con il mio amico Luca Robuschi e arrivati in Cile dopo circa un giorno intero di viaggio siamo stati accolti nella maison di ESO a Santiago. Il direttore ci ha caldamente accolto in un ambiente raffinato in stile novecento. Dopo una breve visita alla capitale del Cile ci siamo subito trasferiti in uno degli osservatori più avanzati del mondo: Paranal.

Dopo ore e ore di viaggio in mezzo al nulla nel deserto dell’Atacama e dopo esser stati due giorni sotto l'acqua, evento rarissimo in questa zona del Cile, siamo arrivati a cerro Paranal a quota 2630m su cui veloci nuvole si infrangevano contro le torri degli osservatori. Una situazione quasi unica.

Le strutture sono state infatti costruite in queste remote zone del pianeta proprio per avere le migliori condizioni meteorologiche possibili. Nel mezzo del deserto dell'Atacama non piove praticamente mai ed il cielo è sempre limpido e terso. Questa però era la classica eccezione che conferma la regola. Il cielo nuvoloso non è certo apprezzato dagli astronomi, ma per noi fotografi è sempre molto meglio della piattezza di un cielo sereno.

Abbiamo quindi messo subito in funzione la nostra attrezzatura Nikon. Preparando due camere per riprese e fotografie accelerate in Time Lapse. Il cielo, dopo circa due ore di un susseguirsi di nuvole in rapido movimento, poco prima del tramonto si schiarisce. Per ottenere il meglio da queste incredibili scene, ho deciso di montare sui miei obiettivi grandangolari dei filtri ND graduati per salvare i bianchi delle nuvole e bilanciare meglio le zone scure del terreno. Per questo tipo di riprese ho deciso di utilizzare una Nikon D750 ed una delle due Nikon D810A. Il display orientabile assieme al controllo Wi-Fi di Nikon D750 sono infatti di grande aiuto nel comporre l’immagine nelle situazioni più scomode.

Dopo il primo spettacolare tramonto siamo scesi alla “Residencia”, fantascientifico hotel, location di svariati film hollywoodiani tra cui 007 Quantum of Solace. Restiamo qui per una breve pausa pranzo e un po' di relax. Giusto il tempo di disfare le valigie e poi di nuovo di corsa sotto gli osservatori pronti per ammirare la Via Lattea. Nonostante il cielo non fosse ancora nelle condizioni ottimali lo spettacolo è stato incredibile. Preso dall'entusiasmo ho cominciato a scattare con la nuovissima Nikon D810A, ottenendo fin da subito risultati sorprendenti. La via Lattea è risultata brillantissima e colorata come mai prima ero riuscito a riprendere. Dopo qualche ora trascorsa a fotografare siamo andati a letto soddisfatti. Per fotografare in questi siti è necessario richiedere permessi speciali dato che qualsiasi tipo di interferenza luminosa può rovinare gli studi degli scienziati all'interno degli osservatori. Conoscere i luoghi e saper dove mettere i piedi è indispensabile se non si vogliono fare danni alle attrezzature dai prezzi proibitivi. I costi di lavoro di queste avanzatissime macchine sono altissimi e non si può perdere neanche un minuto del tempo dedicato alle osservazioni.

Per questo viaggio siamo riusciti a rimanere per ben sei notti a Paranal. Prima di partire pensavo che fossero tante notti, mentre invece una volta sul posto, mi sono sembrate fin troppo poche. Le giornate sono state tutte intense e si fotografava quasi 20 ore al giorno.

Il giorno successivo siamo stati a fare visita al Cerro Armazones. Il luogo per conformazione è simile e non troppo distante da Paranal. Una montagna alta circa 3.000m in mezzo al deserto dell'Atacama. Questa montagna è stata destinata ad ospitare il prossimo telescopio ESO chiamato e EELT ossia European Extreme Large Telescope. Sarà il più grande telescopio mai costruito e avrà uno specchio secondario di 40m circa. Con questo incredibile strumento gli scienziati credono di poter riuscire a dare una risposta definitiva alla domanda se siamo soli nell'universo. Una scoperta equiparabile a quella delle Americhe.
Accompagnati dal direttore di questo nuovo osservatorio, siamo saliti sulla vetta della montagna dove sorgerà quest'immensa struttura. I lavori sono impressionanti. Uomini e super-macchine lavorano incessantemente. Con un fuoristrada siamo saliti lungo la strada che procede a spirale fin sulla cime. Giunti sullo spiazzo la visuale era spettacolare. Montagne in mezzo al deserto per 360°.

La montagna è stata tagliata di circa 18m della sua altezza per consentire di costruire uno spazio abbastanza grande ed uniforme adatto alle dimensioni di questo gigante. Da qua si può scorgere anche in lontananza l'altro osservatorio Paranal. È stato davvero una grande soddisfazione poter visitare il futuro gotha per gli studiosi di astronomia e della sapienza dell'umanità. Dopo questa affascinante esperienza ritorniamo alla Residencia. Nella notte seguente abbiamo messo a dura prova le qualità di resistenza delle Full-Frame di Nikon. Una volta programmate le due Nikon D810A per scattare in autonomia, le abbiamo lasciate a riprendere StarTrail e Time-Lapse tutta la notte. La mattina seguente siamo usciti per raccogliere le macchine e vedere i risultati ma…
L’inaspettata umidità e la rigida temperatura scesa di molti gradi sotto lo zero avevano completamente ricoperto di ghiaccio le nostre macchine ed ottiche ma loro, imperterrite e robuste, hanno portato a termine il lavoro fino ad esaurimento dell’energia della batteria!

Temendo il peggio abbiamo aspettato che le macchine si asciugassero perfettamente prima di rimetterle in moto anche se le batterie avevano incredibilmente resistito alle rigide temperature per quasi tutta la notte. Quando abbiamo trovato le macchine, erano ancora accese anche se non più in grado di scattare immagini per esaurita carica a moltissimi gradi sotto lo zero. La prima notte dedicata alle riprese della Via Lattea era parzialmente sciupata, ma le macchine fotografiche avevano dato ottima prova di resistenza e affidabilità. Abbiamo speso la notte successiva per provare ad installare una macchina fotografica ad un telescopio.

L’idea era di piazzarla sopra al telescopio per utilizzare il medesimo come inseguitore ad altissima precisione in modo da fotografare il cielo notturno con i tempi lunghi necessari all’astrofotografia, evitando il mosso classico degli inseguitori meno sofisticati.

Abbiamo quindi chiesto ai tecnici ESO di realizzare una montatura da attaccare al telescopio su cui ancorare le nostre camere. La loro efficienza è stata sorprendente. In un solo giorno avevamo costruito l'adattatore per la D810A. Abbiamo quindi passato la terza sera a preparare l'allestimento del telescopio. Il problema questa volta non è stato né il freddo né l’umidità, ma il vento. Le raffiche erano talmente forti che, penetrando dal tetto del telescopio, creavano turbolenze che facevano vibrare l’intera struttura. Abbiamo fatto tentativi tutta la notte ma purtroppo anche in questo caso i risultati sono stati deludenti. Tutte le immagini erano decisamente mosse. Il tempo non era proprio dalla nostra parte!

La mattina seguente abbiamo deciso di fare un giro per quello che viene chiamato lo Star-Track: un fantascientifico sentiero di qualche chilometro che scende dalle torri degli osservatori fino alla Residencia. Un percorso sul quale si viene proiettati su quello che sembra essere un pianeta alieno. Il terreno è molto simile alla superficie di Marte, tant’è che la Nasa lo ha utilizzato per sperimentare i suoi Rover. Un terreno rosso e ricoperto di pietre scende dalla montagna più alta fino a raggiungere l'hotel.

Il paesaggio è davvero mozzafiato, da un lato le torri degli osservatori svettano contro il cielo e dall'altro le montagne si tuffano in un mare di nuvole che ricopre l'oceano Pacifico. Ci sentiamo come dei pionieri in un remoto pianeta.

Il pranzo nella struttura è decisamente sopra le aspettative. Allestito come un self-service la mensa di Paranal è affidata ad ottimi cuochi che preparano cibi prelibati per scienziati ed ospiti. Ogni giorno il menù è vario e diverso, ma quello che più stupisce è la cura dei dettagli e la varietà di alimenti disponibili, perfino il caffè non è niente male, quasi all'italiana. Durante la giornata visitiamo l'interno dei vari osservatori facendo riprese di quelle che si possono considerare le attrezzature tecnologicamente più avanzate al mondo. Qui si parla di laser, ottiche calibrate al nanometro, linee di ritardo, ottiche interferometriche, e super-computer. Lavorare qui è il sogno di ogni astronomo. È proprio in questi luoghi che sono state fatte ricerche astronomiche importantissime come ad esempio la scoperta di un buco nero al centro della nostra galassia.

Non abbiamo fatto in tempo ad osservare i corridoi e le stanze piene di computer e di macchinari fantascientifici, che era già giunto il momento di fotografare il calar del sole. In questo luogo ogni tramonto è uno spettacolo. Il sole si tuffa in un mare di nuvole e sembra di assistere ad un'esplosione nucleare.

In questo posto non è difficile poter vedere quello che viene chiamato Green Flash. Ossia l'ultima parte di luce visibile del Sole che per ragioni ottiche crea un raggio verde della durata di qualche istante. E dopo un incredibile tramonto un altro fantastico spettacolo ebbe inizio.

Un' esplosione di stelle apparve nel cielo! Finalmente in quella notte la visibilità era buona. Montammo le nostre Ottiche Nikkor migliori e cominciammo a scattare dettagli e TimeLapse della Via Lattea. I colori che questa macchina restituisce sono davvero formidabili. La sensibilità della Nikon D810A è davvero notevole e la gamma dinamica riesce a catturare la luce delle stelle in maniera impeccabile. Osservando le immagini già dal display della fotocamera riusciamo a distinguere stelle di galassie lontanissime che ci fanno riflettere sull'insoluto mistero della Creazione. Guardando questi cieli e le immagini catturate dalle nostre fotocamere pensammo a quanto siamo piccoli rispetto l’universo. Inevitabilmente quando ci si trova immersi nel silenzio e si scruta un cielo stellato, i discorsi filosofici escono sempre e domande come: chi siamo? Da dove veniamo? Siamo soli? Risuonano nella nostra testa. Probabilmente saranno proprio questi osservatori che contribuiranno a dare le risposte che l'uomo si pone dall'inizio dei giorni.

Verso le quattro del mattino decidemmo di fare una piccola pausa nelle nostre camere. All'alba il cielo era totalmente blu e privo di nuvole, un blu quasi magico, la classica mattina di questi luoghi. La nostra giornata riprende con un reportage all'interno degli osservatori e delle strutture. Visitando le sale di controllo siamo riusciti a parlare con gli scienziati che prevedevano di attivare il laser della torre di osservazione denominata UT4. Il laser sarebbe stato attivato soltanto in base a buone condizioni atmosferiche, di umidità e di temperatura. Sperammo quindi di poter riprendere il laser anche dall’interno della torre. Questa è però una delle azioni più vietate in queste strutture, cioè rimanere all'interno della torri di osservazione durante le attività notturne.

Fortunatamente Nital ci ha supportato fornendoci adattatori EP-5b e alimentatori a rete EH-5b che consentono di collegare le Nikon con batteria EN-EL15 alla presa elettrica, per lavorare ininterrottamente senza dover sostituire le batterie in corso d’opera. Essendo però proibito restare all'interno della torre di osservazione dopo il tramonto, abbiamo dovuto programmare la fotocamera per riprendere in nostra assenza. La torre è veramente enorme e l'unico modo per riprendere tutta la struttura era stato piazzare un fisheye all'interno di essa. Tutta la torre si muove in più direzioni per seguire il soggetto puntato dallo scienziato, ruotando sia il pavimento sia la struttura esterna. Una delle procedure più emozionanti da seguire è proprio l'apertura dei telescopi al tramonto. Una sequenza automatica apre lentamente i portelloni del telescopio e ruota l'ottica stessa verso il cielo per iniziare le osservazioni. Una volta conclusa questa operazione tutti devono uscire, perché all'interno l'ambiente deve restare nel buio più assoluto. È quindi indispensabile impostare correttamente la macchina fotografica per riprendere l'accensione del laser che può essere visto all'interno del telescopio. Per fotografare la Via Lattea che si intravede attraverso l'apertura del tetto del telescopio, decisi di impostare una sensibilità elevata, intorno a 3.200 ISO. Impostai anche un intervallo di 30 secondi tra uno scatto e l'altro per poter realizzare sia Time-Laspe sia fotogrammi singoli. Volendo riprendere tutta la notte, inserii una capiente memoria Lexar da 128GB. Una volta preparata tutta l'attrezzatura fotografica, incrociammo le dita e uscimmo dalla torre.

Le occasioni per riprendere il laser erano infatti poche, poiché le condizioni atmosferiche non sempre ne consentono l'accensione. Inoltre pazziammo le rimanenti macchine in modo da scattare fotografie della via Lattea ambientata tra i vari telescopi. Dopo un paio di ore passate nella più completa oscurità, improvvisamente una luce: ecco il laser!

Questo raggio è stato ideato per misurare in tempo reale l'interferenza che crea l'atmosfera terrestre mentre gli scienziati riprendono e misurano i corpi celesti. Sotto gli specchi da 8,2m dei telescopi ci sono infatti circa 150 pistoncini che correggono 100 volte al secondo qualunque errore di allineamento ottico. Sembra di essere sul set di guerre stellari, come gigantesche astronavi i telescopi ruotano nel buio della notte aprendo e chiudendo i loro pannelli di aerazione. Su questi specchi deve infatti passare un flusso d'aria pari a 1m/s per ottimizzare la qualità delle osservazioni. Ogni torre inquadra un soggetto e lo insegue fino alla fine della sua ripresa.

Osservare questo raggio arancione che lentamente ruota nel cielo assieme alla torre, puntando al cuore stesso della Via Lattea è veramente sensazionale. Una notte magica ma purtroppo anche unica.

Date le condizioni climatiche avverse, il laser nei giorni successivi non sarebbe stato più acceso. L’ultima sera durante un bel tramonto, una scienziata responsabile della torre UT4 ci ha voluti conoscere. Vedendoci al lavoro con una Nikon D810A ha voluto provare la macchina, essendo lei stessa una nikonista. La professoressa dopo averne apprezzato le caratteristiche uniche dedicate all'astrofotografia, ci ha fatto questa simpatica domanda: “Ma avete fotografato la cometa?” E noi sorpresi di rimando: “Ma quale cometa?!??!”
“Sì” prosegue lei… “la cometa Panstarr… dovrebbe essere visibile in questi notti”.

Stupefatti e increduli aspettammo il calar della notte per andare alla ricerca di questa affascinante novità.
Questo è uno dei fatti che più mi ha lasciato perplesso: appena una cometa diventa visibile dalla Terra tutti i giornali e tutti i media ci subissano di informazioni, mente in questa occasione una cometa passava praticamente inosservata non solo dai media, ma anche da molti degli scienziati di Paranal che non ne erano neppure a conoscenza. La scienziata ci aveva consigliato di puntare le nostre Nikon D810A appena sotto la Luna, che in quella sera era giusto in congiunzione con Venere e Giove. Dopo una dozzina di tentativi con esposizioni di qualche secondo finalmente vedemmo comparire nei nostri display una bellissima cometa dalla doppia coda!

Trascorse 6 notti ci spostammo verso il prossimo osservatorio: La Silla.
Ci alzammo presto la mattina per affrontare il lungo viaggio che ci attendeva col fuoristrada. Salutammo tutti e restituimmo i badge di accesso alla reception. Scendere dalle montagne di Paranal ed arrivare alla costa è stato un altro spettacolo naturale. Le prime montagne che si affacciano sul mare sono ripide ed altissime. In questo modo le nubi dell'oceano rimangono bloccate contro di esse e non riescono a penetrare all'interno. In questo modo si sono generati i terreni desertici tra i più aridi del mondo su cui sono stati costruiti gli osservatori. Dopo ben 10 ore di macchina tutte affrontate dall’infaticabile prof. Tarenghi arrivammo all'ingresso della nostra seconda meta principale. Nel lungo viaggio durante il quale ho recuperato un po' di energia dormendo, abbiamo utilizzato l'unica pausa pranzo fotografando una simpatica scenetta dove leoni marini, pellicani e cani domestici si contendevano il pesce di scarto di un locale sulla costa.

Passati i controlli di accesso iniziò l'ultimo tratto di strada che ci portava ai telescopi. Una suggestiva strada che sale tra le dolci montagne di terra tra il marrone e l'arancione. Anche in questo caso le nuvole hanno coperto l'azzurro del cielo per gran parte del percorso. Arrivati alle residenze il prof. Tarenghi decise di andare diritti alla fine della strada per poter ammirare quello che qui è il più grande dei telescopi. Un 3.6 metri di ottica secondaria. Ma il miglior benvenuto ce l'ho dato il cielo. Un rossissimo tramonto ha reso il nostro arrivo in vetta indimenticabile.

Abbiamo trascorso qui gli ultimi giorni della nostra visita in Cile. L'osservatorio è il primo che ESO ha costruito in sud America e quindi i telescopi non sono così sofisticati come quelli di Paranal, ma sono tutt'ora utilizzati e continuano a fare scoperte importantissime come il primo esopianeta, ossia un pianeta dalle caratteristiche simili alla Terra. L'ambiente qui è più "umano" e ci si sente quasi come a casa propria. La prima sera conoscemmo subito una scienziata francese che ricercava proprio esopianeti al telescopio chiamato Svizzero.
Quindi dopo la classica serata dedicata a riprendere le stelle ci siamo diretti verso questo osservatorio. La gentilissima scienziata ci ha accolto nella sala controllo dove ascoltando musica in cuffia col suo iPod controllava uno schermo di un computer che verificava le variazioni di luce di una stella alla ricerca di un eventuale pianeta. La scienziata ci ha spiegato che queste ricerche durano spesso parecchi anni.

Orgogliosa del suo lavoro ci portò ad esplorare, rigorosamente al buio, per non interferire con le rilevazioni, il “suo” telescopio. Osservare questi macchinari puntati verso le stelle accompagnati dai suoni e dai soffi delle apparecchiature è qualcosa di magico.

Grazie al prof. Tarenghi e agli scienziati al lavoro la nostra meraviglia aumentava ogni volta che ci venivano date nozioni tecniche sul funzionamento di questi macchinari. Il più grande telescopio qui presente ha uno specchio secondario di 3,6m di diametro, una misura non impressionante se confrontata agli specchi da 8,2m di Paranal, ma dalla notevole grandezza della struttura esterna.

Solamente dopo l’introduzione dello NTT è stato possibile realizzare telescopi dalle dimensioni più ridotte. L’acronimo significa appunto New Technology Telescope, da molti battezzato invece come New Tarenghi Telescope. È stato infatti il “nostro” professore ad inventare e costruire questo rivoluzionario telescopio, più compatto rispetto a quelli realizzati in precedenza, grazie all’ottica attiva. Proprio come quelli di Paranal. Tutte le notti trascorse negli osservatori sono state utilizzate per scattare foto e timelapse sfruttando tutta l'attrezzatura a nostra disposizione, un vero arsenale di corpi Nikon Reflex e ottiche Nikkor.

Per le foto astronomiche la Nikon D810A ha davvero una marcia in più. Le riprese della Via Lattea e dei dettagli dello spazio profondo, catturano molti più colori ed inoltre si possono impostare tempi più lunghi di 30” direttamente “on-camera” fino ad un massimo di 5 minuti. Davvero comodo. Lo scatto elettronico elimina qualsiasi tipo di micromosso che potrebbe introdurre il movimento dello specchio e dell’otturatore durante la ripresa.

Nelle ultime tre notti il cielo non era nelle perfette condizioni di scatto essendoci alcune nuvole ed un seeing elevato. Il seeing è il valore che indica la qualità dell’aria dell’atmosfera che può essere più o meno turbolenta e degradare notevolmente la qualità delle riprese.
Uno dei nostri compiti era di testare la Nikon D810A con elementi dello spazio profondo. ESO ci ha quindi messo gentilmente a disposizione un telescopio per le nostre prove. Erano loro stessi molto interessati all’ultima nata di casa Nikon. Non è stata comunque un’impresa semplice modificare un telescopio a fotoni in un telescopio fotografico per reflex. Due ingegneri hanno lavorato giorno e notte per apportare le modifiche. Tutte le sere chiedevamo se il telescopio fosse pronto ma purtroppo c’era sempre qualche inghippo nel funzionamento. Le nostre speranze erano ormai vane e solo l’ultima sera gli ingegneri si sono presentati a cena dicendoci che finalmente era tutto pronto. L’entusiasmo era esploso nuovamente. Unico problema, il seeing. Veramente molto elevato in quella notte.
Finito in fretta di mangiare ci siamo recati al telescopio modificato per collegare la macchina. Questo telescopio è uno dei primi costruiti a La Silla e poterne liberamente usufruire per le nostre prove è stato veramente un onore ed un piacere. Dopo aver rimosso i sensori a fotoni e collegata la Nikon D810A abbiamo verificato e settato nuovamente l’allineamento del telescopio.

Primo soggetto: Saturno.
Mi sono avvicinato alla Nikon D810A e ho accenso il liveview… “Che meraviglia” abbiamo esclamato tutti! Il pianeta con i suoi anelli era perfettamente al centro del display. Il pianeta, bellissimo e stupefacente, appariva sullo schermo come in una danza delicata. L’effetto era appunto dovuto al seeing dell’atmosfera. Presi dall’emozione ma consapevoli del poco tempo a disposizione abbiamo cominciato la ricerca dei soggetti. Ci siamo quindi spostati sulla Luna realizzando dei filmati che sembrava quelli realizzati durante l’allunaggio. Dopo soggetti semplici come questi e verificato che tutto funzionasse ci siamo spinti nello spazio più profondo. Tra le migliaia di oggetti ci siamo affidati alla guida del professore che ci suggeriva quelli fotografabili nelle condizioni di stagione e ad un tale livello di ingrandimento. Per questo motivo, alcuni soggetti interessantissimi come ad esempio la galassia di Andromeda, uno dei favoriti per gli astro-fotografi, era troppo vicina per essere ripresa. Ci siamo sposatati quindi sul primo soggetto lontano. Una nebulosa planetaria.

Abbiamo impostato le coordinate e inserito come tempo di scatto 3 minuti di esposizione. Abbiamo fatto partire lo scatto elettronico ed atteso con ansia. 3 lunghissimi minuti… Click… l’esposizione era terminata…

Premuto play sulla macchina, ecco comparire sullo schermo un bellissimo cerchio di due colori blu e viola. L’esposizione però era stata troppo breve e gli ISO troppo bassi. La nebulosa non era ancora molto leggibile. Abbiamo quindi alzato gli ISO a 3.200 e messo un tempo di scatto di 5”. Finalmente la nebulosa con queste impostazioni era perfetta. Eravamo tutti entusiasti per il risultato.
Confrontate alle migliori foto astronomiche quelle che abbiamo realizzato in questa notte non sono altrettanto nitide. Il problema principale sono stati il seeing ed il poco tempo a disposizione. Un’ottima fotografia astronomica è una complessa unione di decine e a volte centinaia di immagini elaborate digitalmente tramite un software che riduce il seeing ed il rumore. Per fare una foto perfetta serve generalmente un’intera notte per un singolo soggetto. In più vengono scattati quelli che sono chiamati dark-frame e flat-field. Ossia immagini che servono al software per rimuovere il rumore creato dal sensore della fotocamera e la vignettatura impressa dall’ottica. Gli astronomi che erano con noi sono rimasti stupefatti dalla qualità già molto alta ottenibile con un singolo scatto.

Dopo aver trascorso tutta la notte a riprendere galassie, nebulose ed ammassi stellari siamo tornati felici nelle nostre camere per dormire un poco prima di intraprendere il lungo viaggio di ritorno a casa. Questo viaggio è stato per me di grande crescita, sia fotografica che interiore. Non ero infatti un esperto di astrofotografia. Ero stato invitato da ESO per fare un reportage ai telescopi, ma quale occa

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