Due porte segrete presenti nella tomba di Tutankhamon, potrebbero immettere nella camera sepolcrale della regina egizia Nefertiti. È questa l'ipotesi formulata dall'egittologo inglese Nicholas Reeves della University of California. Il regista Brando Quilici ha ripreso e fotografato con la Nikon D810, in esclusiva per National Geographic Channel, le prime fasi di studio condotte sul posto dal team di esperti che sta analizzando il caso
Lo scorso agosto, la tomba di Tutankhamon è balzata nuovamente alle cronache. Scoperta nella Valle dei Re il 4 novembre 1922, dall'archeologo ed egittologo londinese Howard Carter, custodisce da più di tre millenni le spoglie del “faraone bambino”, dodicesimo sovrano della XVIII dinastia, morto a meno di vent'anni. Oggi, a quasi un secolo di distanza, pare voglia svelare uno dei suoi più grandi segreti. Studi condotti dell'egittologo britannico Nicholas Reeves della University of Arizona, che ha analizzato per oltre un anno le scansioni tridimensionali ad alta definizione della camera sepolcrale, hanno evidenziato la presenza probabile di due porte nascoste, rispettivamente nei muri a ovest e a nord della stessa. Queste, secondo lo studioso inglese, condurrebbero in due ulteriori camere di sepoltura, tomba delle regina più famosa dell'antico Egitto, la leggendaria Nefertiti, prima moglie del faraone Akhenaton il quale, insieme alla sua seconda sposa, la principessa straniera Kiya, avrebbe poi generato Tutankhamon.
Il fatto non è passato inosservato ai più attivi documentaristi del momento, tanto meno a Brando Quilici che, messosi immediatamente in contatto con il ministro delle antichità egizie Mamdouh Eldamaty, ha raggiunto la Valle dei Re, a Luxor, per documentare in tempo reale e in esclusiva per National Geographic, le operazioni condotte dentro la tomba di Tutankhamon da un team di esperti capeggiati da Reeves e dallo stesso Eldamaty. La scelta del mezzo con il quale documentare l'evento, sia dal punto di vista video, sia da quello fotografico, è ricaduta sulla reflex Nikon D810 a cui Quilici ha abbinato l'obiettivo AF-S Nikkor 14-24mm f/2.8G ED, il recente AF-S Nikkor 24-70mm f/2.8E ED VR e l'AF-S Micro-Nikkor 105mm f/2.8G IF-ED VR utilizzato per fotografare a distanza ravvicinata le muffe presenti sulle pareti e sugli affreschi sepolcrali. Lo abbiamo raggiunto nel suo studio romano e ci siamo fatti raccontare come si è trovato nella seconda esperienza con la D810 (la prima vissuta attivamente con Nikon D800 nelle riprese video del film “Il mio amico Nanuk”), al termine di una missione così importante cui ne seguiranno, nei prossimi mesi, diverse altre.
Ecco cosa ci ha detto.
B.Q. Ho subito pensato che la Nikon D810 sarebbe stata perfetta in quel contesto. Con una reflex “così piccola” e performante avrei infatti avuto una marcia in più. Grazie alla sua compattezza, avrei goduto di massima libertà di movimento, in particolare durante le fasi del lavoro svolte nel punto di osservazione più affollato dai media internazionali, cioè da quella specie di balcone che sovrasta la tomba di Tutankhamon permettendo di osservarla dall'alto. Inoltre, con una macchina che non scalda e non produce calore come la Nikon D810, avrei potuto avvicinarmi agli affreschi dipinti sulle pareti della camera sepolcrale senza rischiare di danneggiarli. Questo secondo aspetto è stato per me fondamentale: lo stile documentaristico americano, in particolare quello voluto da National Geographic, è del tipo “on the moment”. I loro documentari cioè, ritraggono gli studiosi che osservano, studiano, analizzano e sudano in tempo reale, quando sono a diretto contatto con l'oggetto del loro interesse.
Ciò impone al documentarista di avvicinarsi alla scena il più possibile, di cogliere le espressioni del volto, le smorfie, i più piccoli gesti. Tutto questo però senza interferire con i loro movimenti. Occorre essere, secondo l'espressione usata in National Geographic, una "fly on the wall" ovvero “una mosca sul muro” che ascolti tutto ciò che viene detto, che osservi cosa accade, ma senza essere notata. Il mio compito era quello di documentare i momenti in cui Nicholas Reeves, dopo aver esposto agli altri scienziati presenti, i punti della sua scoperta, avrebbe dimostrato o meno la fondatezza della sua teoria. Per il momento la sua è un'ipotesi fondata su osservazioni compiute prima in studio, poi dentro la tomba del celebre faraone. Se confermata dai fatti, si tradurrebbe in una scoperta di portata straordinaria. La tomba di Nefertiti infatti, da sempre oggetto di ricerca e studio, non è stata ancora rinvenuta.
Puoi immaginare quindi l'attenzione che si deve avere in una situazione del genere e la velocità con cui tutto avviene.
Avevo cercato di immaginare cosa sarebbe accaduto: sarebbero andati direttamente alla parete nord della camera mortuaria e cercato delle conferme alla teoria esaminando il muro con l'affresco. Probabilmente nel giro di pochi minuti avrebbero capito se la teoria trovava conferma o meno, e i primi sorrisi sarebbero apparsi sulle loro facce. Le difficoltà principali di ripresa, sarebbero state la luce quasi assente e l'impossibilità di usare un cavalletto o un monopiede, non permessi nella tomba più famosa e fragile del mondo. Da qui la necessità di disporre di una macchina da presa di uso immediato, di qualità ad elevata risoluzione anche ad alti valori ISO e facile da spostare e maneggiare. Ho potuto infatti posizionarmi accanto a Reeves e a Eldamaty senza disturbarli. Le preoccupazioni in quel momento erano due: la prima creativa, la seconda di natura tecnica. La creativa era data dal fatto che tra le loro facce e il muro che esaminavano c'erano pochi centimetri e quindi avrei rischiato di riprendere restando alle loro spalle.
Lo straordinario AF-S Nikkor 14-24mm f/2.8G ED mi ha consentito di “infilarmi” tra l'affresco e i ricercatori in uno spazio limitatissimo, riuscendo a catturare insieme le loro espressioni e l'affresco davanti ai loro occhi. L'obiettivo, inoltre, ha una luminosità straordinaria e non distorce. Ha catturato anche la luce dorata riflessa dall'affresco e incidente sulle facce degli studiosi. La difficoltà tecnica mi preoccupava di più. Sapevo che durante l'azione non avrei avuto il tempo di rivedere le foto e assicurarmi che non fossero mosse. Precedentemente, nel 2005, con la Nikon D4, sempre dentro la tomba di Tutankhamon, avevo utilizzato il monopiede con tempi di posa compresi tra 1/30s e 1/15s, ma questa volta dovevo scattare a mano libera. La D810, grazie alla qualità del suo sensore CMOS e alla possibilità di sfruttare valori ISO molto alti in abbinamento a tempi di esposizione rapidi, mi ha salvato. Una funzione molto utile di automatismo ISO consente inoltre di fissare un tempo minimo di otturazione lasciando alla macchina il compito di scegliere il più adeguato valore ISO. Ho addirittura impostato il tempo di posa su 1/250s certo che in quel modo gli scatti sarebbero stati nitidi. Ho quindi scattato fotografie non mosse, in condizioni di luce decisamente molto critiche.
Quando le linee nel muro intraviste da Nicholas, sono state individuate anche sul posto - era il momento clou della missione - ho scattato circa una ventina di fotografie nei formati JPG e NEF, come richiesto da National Geographic, puntando l'obiettivo sui ricercatori che emozionati e sudati osservavano la parete, riflettevano, cercavano di coglierne i dettagli più minuti nella roccia sotto l'affresco che segnalava la presenza di qualcosa di diverso dal resto della parete. Speravo che almeno un paio di quelle immagini colte al volo fossero venute bene. Solo alla fine della sequenza, una volta usciti dalla tomba, ho riguardato gli scatti e con grande stupore e gioia mi sono reso conto che tutti erano tecnicamente perfetti e adeguati alla pubblicazione. Nei concitati minuti della ricerca, ho apprezzato moltissimo anche il sistema AF della Nikon D810 che malgrado la scarsa illuminazione, non ha fallito neanche una volta. Fuoco, nitidezza ed esposizione sono stati sempre eccellenti e bilanciati. Merito anche dell'obiettivo AF-S Nikkor 14-24mm f/2.8G ED, luminoso al punto da catturare anche la poca luce riflessa dal sarcofago d'oro del faraone protetto dal vetro sul quale i ricercatori avevano posato i loro appunti. Un altro preoccupante aspetto di quella giornata sarebbe stato il passaggio velocissimo dagli scatti fotografici alle riprese video, in modo da documentare anche in film il momento della scoperta. Tutto doveva avvenire senza perdere un attimo. Non c'era tempo e modo di preparare l'inquadratura segnando i fuochi precisi o di assegnare il compito a un assistente, quindi ho deciso di affidarmi al totale automatismo della macchina. Anche da questo punto di vista, la Nikon D810 offre l’automatismo ISO che permette di mantenere fissi tempo di otturazione e diaframma desiderati nel video per ottenere cambi di esposizione dolci anche passando da inquadrature luminose a scure. I risultati sono stati ottimi: i filmati hanno la stessa luminosità e gli stessi colori ricchi di riflessi dorati delle fotografie. Considera che ho lavorato senza utilizzare alcuna luce aggiuntiva, ma sfruttando soltanto la “fievole” e fredda luce messa a disposizione dal Getty Conservation Institute di Los Angeles.
Abbiamo poi chiesto a Brando Quilici come l'egittologo Nicholas Reeves, il ministro delle antichità egizie Mamdouh Eldamaty e tutto il loro team, intendono procedere, visto che le prime osservazioni sul posto avvalorano l'ipotesi dell'esistenza di una seconda tomba, appartenente presumibilmente alla regina Nefertiti, accanto a quella di Tutankhamon.
B.Q. Confermo che quanto osservato dentro la tomba avvalora l'ipotesi formulata da Reeves. Una linea sul soffitto della stanza che contiene il sarcofago di Tutankhamon sembra suggerire che la stessa fosse originariamente un corridoio. Inoltre, si notano differenze fra i materiali osservati lungo il suo perimetro e quelli delle due parti di muro che coprirebbero le porte nascoste. Il muro di cinta è coperto da un intonaco liscio, quello nei punti sospetti è più ruvido. Se sarà appurata l'esistenza dei due passaggi segreti, non saranno comunque effettuate analisi che possano danneggiare lo stato attuale degli affreschi. Sarà usata la massima cautela. Si procederà con altre scansioni e con foto termiche in grado di rilevare le differenze di temperatura fra i vari punti della parete sepolcrale. Se l'esistenza di una seconda camera funeraria, che oggi si ritiene possa appartenere alla regina Nefertiti, sarà dimostrata, allora si vaglieranno i metodi migliori per accedervi. Auguro di cuore a Nicholas Reeves, uno dei più accreditati egittologi al mondo, oltre che massimo esperto della vita di Tutankhamon e della sua tomba, di vedere realizzato il suo sogno. Intanto io continuo a fare pratica con la mia Nikon D810, preparandomi per la prossima avventura nella Valle dei Re prevista per fine novembre.