A cura di Giampaolo Zaniboni e dell'Associazione Speleologica Genga San Vittore (An),
con la collaborazione del Corpo Volontario Soccorso Civile di Bologna
È Settembre 2009 quando Irene e Simone, due amici dell'Associazione Speleologica Genga San Vittore (An), passano da Bologna.
«Stiamo preparando un progetto per fare un libro fotografico sul Buco Cattivo e ci serve un fotografo. Cosa ne pensi?»
Buco Cattivo. Mai nome fu così azzeccato. Già raggiungere l'ingresso è abbastanza impegnativo: occorre prima salire lungo un ripido ghiaione e poi affrontare tratti dove ci si issa utilizzando corde fisse. Ma è all'interno che si trova tutto il campionario di difficoltà che un sistema carsico può offrire: pozzi (per la verità non tanti e al massimo di 30 metri) meandri e strettoie. E quando finalmente la grotta si allarga in gallerie concrezionate sono l'acqua e il fango a farla da padroni. Si percorrono zone dove, se non si sta attenti, si può sprofondare nella melma fino alla coscia (le cosiddette trappole) per poi arrivare al lago, lungo un centinaio di metri, che si attraversa con l'acqua che ci arriva al petto. Dopo la situazione migliora e la grotta diventa più agevole, ma tutto quello che abbiamo superato ci attende nel ritorno verso l'uscita con “l'incubo” del meandro da percorrere in risalita.
La prima volta che ci sono stato (quasi vent'anni fa) mi sono detto: "Non porterò mai la macchina fotografica qui dentro". Ma come si sa nella vita non bisogna mai dire mai.
Rilievo della grotta eseguito dal Gruppo Speleologico Marchigiano (1978-87)
A questo punto occorre dare qualche informazione anche per i non “addetti ai lavori”.
Il Buco Cattivo è una delle grotte più interessanti del Parco Gola della Rossa e Frasassi (AN). Si trova nel monte Valmontagnana, lo stesso della famosa grotta turistica, e si sviluppa per circa 13 km. All'interno la temperatura è di 14°C e, può sembrare banale ricordarlo, c'è il buio assoluto. Naturalmente, dato le difficoltà, l'accesso è riservato ai soli speleologi.
Un lavoro di questo tipo presenta molte difficoltà organizzative sia dal punto di vista speleologico che dal punto di vista fotografico e si può affrontare in due modi:
-
montare un campo base e passare diverse giornate all'interno fotografando tutta la grotta. Cosa che consente di risparmiarsi diversi viaggi ma presuppone la presenza di molta gente che trasporta i materiali (cibo, sacchi a pelo, etc. etc. e che riporta fuori il tutto compreso i rifiuti prodotti.
-
oppure organizzare diverse uscite brevi, in pochi e con poco materiale al seguito, concentrandosi su singoli tratti.
Ognuno presenta dei pro e dei contro e noi abbiamo deciso per il secondo cercando ogni volta di fare tesoro delle esperienze precedenti.
Per quanto riguarda l'attrezzatura fotografica la scelta è stata praticamente obbligata: ormai ho destinato la “vecchia” Nikon D70 con zoom 18-70 ai “lavoro sporchi” e devo dire che se la cava ancora egregiamente. Per l'illuminazione ci siamo affidati a 5 faretti a led (4 grandangolari e uno di profondità), leggeri, resistenti e, cosa fondamentale, con una buona autonomia e a un paio di flash Nikon per le foto più dinamiche. Naturalmente occorre anche un buon treppiede. Considerando l'alta umidità e la presenza di acqua e fango l'ambiente non è certo ideale per l'attrezzatura fotografica. Inoltre data la difficoltà di progressione in molti punti diventano inevitabili gli urti delle sacche contro la roccia. Ritengo quindi che in questo caso non sia una esagerazione parlare di fotografia in ambiente estremo. Occorre perciò fare di tutto per proteggere al meglio la macchina fotografica sia durante il trasporto (contenitori rigidi ripieni di gommapiuma) che durante l'utilizzo (in genere rivestimento con nastro isolante e sacchetti di nylon).
L'inizio del sentiero che porta all'ingresso della grotta.
19 DICEMBRE 2009
Si parte. O meglio si prova a partire perché durante la notte scendono 20 centimetri di neve. Al mattino le strade sono impraticabili e ci ritroviamo solo in tre. Proviamo lo stesso a raggiungere l'ingresso ma in quelle condizioni il percorso è troppo pericoloso e desistiamo.
16 GENNAIO 2010
Questa volta il gruppo è numeroso e variegato. Siamo in nove di tre gruppi speleologici diversi: Irene, Simone e Daniele dell'A.S.G.SV. Io, Jelena, Lisa, Alessandro e Andrea del C.V.S.C. di Bologna e Francesca del Gruppo Speleologico Bolognese.
La salita del ghiaione nella prima parte del percorso.
Il programma è quello di testare i faretti a led, che non avevo mai usato, nella prima parte della grotta arrivando fino al salone Merloni. Tutto procede nel migliore dei modi e i risultati sono soddisfacenti. A differenza dei flash i faretti ti consentono di illuminare bene la grotta (in genere le luci che abbiamo sul casco sono insufficienti) e quindi di studiare meglio l'inquadratura e di valutare immediatamente l'effetto finale. È possibile inoltre utilizzarli “pennellando” le pareti. Anche la temperatura di colore risulta molto meno fredda di quel che temevo e l'unico inconveniente è il tempo di posa un po' lungo: 4-10 secondi con diaframma 8.
Panoramica della sala Topografica che si trova al di sotto del pozzo
Iniziamo così a pensare all'uscita successiva e decidiamo di andare direttamente nella parte finale della grotta. L'organizzazione per arrivare al fondo è più complessa soprattutto perché c'è il lago da attraversare. Se si trattasse di un giro normale si riuscirebbe a superare anche senza muta ma considerando che dobbiamo fermarci a fotografare è praticamente “proibito” bagnarsi. La temperatura non è rigida ma quando si è bagnati appena ci si ferma si inizia a “congelare” e la voglia di fotografare passa immediatamente. Quindi ci attrezziamo con le mute stagne e con bidoni stagni per il trasporto dell'attrezzatura.
7 MARZO 2010
Ci ritroviamo di nuovo in tre. Io, Simone e Daniele. Se da un lato c'è il vantaggio che in meno ci si muove più veloci dall'altro c'è il problema di tutto il materiale da trasportare: corde, tre bidoni stagni, mute, acqua, viveri e un po' di abbigliamento di ricambio. Dobbiamo quindi rinunciare al treppiede robusto ma pesante e optare per qualcosa di più trasportabile che però ci creerà qualche problema in ripresa.
Una istantanea all’uscita del lago
Lasciamo le macchine alle 8, alle 9 entriamo in grotta e andiamo di “corsa” diretti verso il fondo. Le uniche soste sono per mettersi e togliersi la muta e in quattro ore arriviamo alla galleria finale chiamata delle Meraviglie. E anche questo caso il nome è veramente azzeccato. L'ambiente è vasto e con concrezioni che lasciano senza fiato. Iniziamo a fotografare e ci troviamo a dover risolvere due problemi. Il primo è che in tre non è facile riuscire ad illuminare ambienti così grandi. Il secondo invece ce lo crea il fango. Nonostante si faccia attenzione tutto quello che si tocca si sporca, e questo succede anche ai sacchetti di nylon che proteggono i faretti. Il risultato è una leggera dominate “fango” in alcune foto. Problema per fortuna risolvibile con un po' di lavoro al PC.
Il ritorno lo facciamo ancora di corsa. Simone e Daniele decidono di passare il lago direttamente senza cambiarsi mentre io opto per la muta, poi rischio di perdere uno stivale cadendo nelle trappole e quando arrivo al meandro la fatica si fa sentire tutta in una volta. Probabilmente è colpa del fatto che durante la giornata ho mangiato solo un po' di cioccolata (anche se i più maligni parlano dell'età) ma la sacca pesa sempre di più e si incastra dappertutto e le strettoie sembrano diventate inaccessibili. Inizio a pensare che non metterò più piede li dentro ma mi conosco e so che questo pensiero durerà solo fino al ritorno alle macchine, che raggiungiamo esattamente dodici ore dopo che le avevamo lasciate.
PROGRAMMI FUTURI
In futuro speriamo di riuscire a dedicare alle riprese un fine settimana al mese. Abbiamo anche acquistato dalla Nimar di Correggio (RE) una custodia subacquea per poter fotografare con maggior tranquillità la zona del lago e se tutto va per il meglio pensiamo di riuscire a terminare il lavoro entro l'autunno. L'uscita del libro è prevista per il 2011 mentre a Novembre 2010 è in programma una mostra fotografica nell'ambito del Raduno Nazionale di Speleologia di Casola Valsenio (RA).
Un ringraziamento a:
- Regione Marche
- Parco Gola della Rossa e di Frasassi (An)
- Nital
- Nimar
- Viterbo Fotocine - Longiano (FC)
Fino ad ora hanno partecipato:
Irene Borra, Jelena Demidoveca, Lisa Gualandi, Francesca Torchi, Alessandro Botticelli, Simone Cerioni, Daniele Ferranti, Andrea Longo e Giampaolo Zaniboni.
INFO:
Simone Cerioni: crnsmn73@libero.it
Giampaolo Zaniboni: giampaolo.zaniboni@gmail.com
Tutte le foto sono state eseguite da Giampaolo Zaniboni
con Nikon D70 e zoom 18-70 f/3,5-4,5s
|
|