Il mio viaggio ha inizio ai confini del mondo, alla scoperta della parte più australe dell'Argentina: La Patagonia. Regione battuta dai forti venti e caratterizzata dalle enormi distese steppiche, è una terra in cui i 4 elementi si fondono tra loro regalando dei panorami unici, che tolgono il respiro.
Arrivo ad El Calafate, delizioso capoluogo della provincia patagonica di Santa Cruz, per rimanere a bocca aperta davanti alla maestosità del Ghiacciaio Perito Moreno – dichiarato patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. È di fronte a questa cattedrale di ghiaccio che si estende per 250km2 per 30 km di lunghezza, dove la luce si riflette e colora le superfici con sfumature che vanno dal bianco al blu intenso, che sento un brivido lungo la schiena, un'emozione forte e inaspettata.
A colpirmi non è solo l'impatto visivo con questo gigante, ma anche il forte frastuono delle lastre di ghiaccio che d'improvviso si staccano dalla superficie del ghiacciaio per poi tuffarsi nelle acque gelide del Lago Argentino.
Proseguo il mio viaggio nell'area di El Calafate, percorro un lungo tratto di steppa patagonica passando per la famosa Ruta 40, e tra un arbusto spinoso e un frutto di Calafate (gustoso frutto che da il nome alla città), riesco a scorgere Guanacos, struzzi e anche qualche rapace che dopo una rapida apparizione si dileguano nelle enormi distese steppiche.
Passo lungo le sponde del Lago Viedma e del Lago Argentino, mi fermo più volte per ammirare il panorama selvaggio e surreale che mi fa pensare a un quadro di Dalì. Faccio tappa al Monte Buenos Aires ed al Monte degli elefanti –chiamato così per la particolare forma delle rocce- prima di arrivare ad una storica Estancia patagonica, dove tra un tè e una lunga passeggiata mi mostrano come vengono tosate le pecore e come si prepara il famoso Asado patagonico.
È il mio ultimo giorno a El Calafate, il vento soffia fortissimo ma la giornata è stupenda, si parte a cavallo con i Gauchos locali che, dopo una tranquilla passeggiata lungo Bahia Redonda, mi guidano fino alla “Cueva de las manos” – caverna delle mani - anch'essa dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, famosa per i disegni lasciati sulla roccia che rappresentano mani e che risalgono ad un popolo vissuto circa 9.300 anni fa. Il posto è isolato, si trova un pochino fuori dalla città e vi si arriva seguendo strade sterrate e dissestate, ma lo spettacolo al quale ci si trova davanti una volta arrivati a destinazione è veramente bellissimo.
Il viaggio prosegue verso la fine del mondo, dall'aereo lo spettacolo è mozzafiato, sembra quasi di volare a pochi metri dalle altissime vette dove la natura incontaminata mostra tutta la sua bellezza in un exploit di colori che vanno dal verde, al giallo, passando per le tonalità del marrone, arancio e rosso.
La mia visita nella così detta Tierra del Fuego, inizia con un giro nella città di Ushuaia, lungo il canale di Beagle, passando per il monumento ai caduti per la liberazione delle isole Malvine occupate dagli inglesi. Il freddo è pungente e se non fosse per il porto, la città mi ricorderebbe molto quei paesi di montagna, con costruzioni in legno e cioccolaterie.
Qui è un continuo alternarsi di paesaggi diversi; le Ande da questa parte sono divise da ampie vallate con laghi, fiumi, paludi e foreste ricche di vegetazione. Parto alla volta del Parco Nazionale della Tierra del Fuego per andare a prendere il famoso trenino de Fin del Mundo, ma nel tragitto mi perdo tra Tolhuin un paesino caratteristico e pittoresco, e la bellezza del Lago Escondido.
Finalmente arrivo alla stazione de Fin del Mundo dove mi aspetta un treno d'epoca, quello che negli anni '30 era il Treno dei Prigionieri e che percorreva un tracciato di 25km, ora ne percorre gli ultimi 7 km in un itinerario che dura 50''. Durante il percorso si passa per la cascata della Macarena (dove il treno fa la sua prima sosta), lungo le sponde del fiume Pipo e attraverso il cimitero degli alberi. Qui sembra di essere entrati in un altro mondo, non mi stupirei di vedere una creatura delle fiabe aggirarsi tra i cavalli selvatici che si trastullano fra un rivo e una vallata ed il manto innevato che illuminato dal sole risplende di mille colori.
Arrivata alla stazione Parco –ultima stazione- proseguo all'interno del parco arrivando come destinazione finale a Bahia Lapataia, punto in cui termina la ruta panamericana, Ruta 3, che partendo dall'Alaska in 17.848 km attraversa tutto il continente per terminare qui. Sarà la suggestione, sarà il fatto che il paesaggio di fronte ti costringe a terminare li la tua gita, ma è proprio in questo luogo che si ha davvero l'impressione di essere arrivati ai confini del mondo.