L'AQUILA, 7 APRILE. Cronaca di un pomeriggio come tanti.
Sono un Vigile del Fuoco, ho sempre sognato di vestire l'uniforme e posso dire di essere un uomo fortunato ad essere riuscito a realizzare il mio sogno. In tutti questi difficili momenti tutti quelli che come noi, con l'uniforme o senza, si sono prodigati sono sempre stati etichettati come Angeli, ma poche volte si è potuto vedere quanto gli Angeli debbano scendere in situazioni da incubo per poter fare ciò che devono. Questa volta ho deciso di documentare, nelle pause degli scavi, un pomeriggio come tanti in quei drammatici giorni, pochi scatti rubati nei rari momenti in cui si poteva tirare il fiato.
Non ci saranno nomi, luoghi, solo le immagini per raccontare di coloro che hanno lottato e sofferto, uniti nella fatica. Siamo partiti per l'Aquila il mattino stesso della notizia ed il primo giorno di lavoro ci fu assegnato il recupero di una famiglia, sepolta sotto le macerie della propria casa.
Dopo pochi istanti i colleghi cui dovevamo dare il cambio, estraggono un corpo. Intanto che i preparativi fervono, basta guardarsi intorno per scorgere i resti di una passata normalità.
Inizia il lavoro, scavare con le mani al momento è l'unico modo per cercare di liberare la salma.
Quello che si poteva fare si è fatto, resta solo da sperare che una catena sia sufficiente ad evitare il crollo dei resti dei solai su coloro impegnati nelle operazioni di scavo.
Ogni tanto il ferro ostacola le operazioni ed il buco dove siamo costretti a lavorare si illumina di scintille arancioni. Appena si volge lo sguardo altrove si scorgono immagini surreali, personale stanco che si concede qualche istante di pausa, uniformi sporche e sguardi provati. Altre salme vengono recuperate nei pressi, il bilancio aumenta.
Le ore passano e la luce rossa del tramonto tinge le macerie, la situazione si è rivelata molto più complessa del previsto, i poveri resti sono intrappolati in mezzo a due travi in cemento armato, lo scavo è diventato sempre più profondo, i rischi aumentano, ormai si lavora con un collega pronto a tirarci fuori al volo al minimo movimento del mucchio di macerie sopra di noi.
Arriva il buio, con rinnovato slancio riprendono gli scavi. A tarda notte, il "lavoro" è terminato.
Entriamo nel Duomo per una rapida visita, e le ferite appaiono subito in tutta la loro gravità e passiamo lungo i portici... vuoti... Proseguiamo e troviamo una squadra di colleghi al lavoro sul porticato, debbono erigere una struttura per evitare ulteriori danni in caso di nuove scosse. Un bel vicolo attira l'attenzione, entriamo... anche lui spicca per l'assenza di vita. I danni sono visibili ovunque, gioco con le prospettive. La vista è attirata da un lavoro splendido fatti dai colleghi di Trento su un edificio. Proseguiamo lungo il percorso, la vista si riempie con nuove immagini: strutture in legno, vere opere d'arte, stabilizzano gli edifici e consentono al contempo il passaggio a veicoli e pedoni Un cartello in una piazzetta ci ricorda che nessuno è stato lasciato indietro ... e che la popolazione ci è vicina.
Passiamo su un ponte, e le immagini della città sono di fronte a noi, un albergo ha bisogno di manutenzione... Passiamo davanti alla casa dello studente, la rimozione delle macerie ha creato una visione surreale...
L'ultima tappa, il Forte Spagnolo.
Ogni opera riporta sulle travi la firma di coloro che hanno faticato per erigerla, a futura memoria di chi sarà chiamato a perfezionare i lavori e rimuoverle una volta terminate le ristrutturazioni. |
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