Accostare, sovrapporre, amalgamare due scatti (di cui uno sempre di un muro) è per me un progetto di ricerca iniziato da anni e ancora oggi in divenire.
Un processo di contaminazione iniziato in pellicola, tra gli anni Settanta e Ottanta, quando usavo la Nikon F per effettuare gli scatti e uno “zoom slide duplicator” per sovrapporli. Molta dell’abilità, allora, consisteva, oltre che nello scattare buone fotografie, nel trovare i punti luce ideali, che non coprissero oppure oscurassero parti delle due diapositive, durante la ripresa. Il resto poi era tutta operazione di stampa presso laboratori professionali. Ma questa è oramai preistoria…
Dopo è arrivato Photoshop e poi la mia prima piccola digitale (una Nikon COOLPIX 5000). Da quel momento tutto si è trasformato: semplificato e al tempo stesso centuplicato.
La possibilità di lavorare gli scatti su miriadi di livelli ha aperto le porte a giochi di luce, di sfumature, di piccoli e impercettibili spostamenti, impraticabili fino ad allora.
I risultati si sono fatti via via più soddisfacenti. Amici e conoscenti hanno iniziato a prendere in considerazione il mio lavoro e, attraverso un passaparola, sono approdata alla mia prima mostra (nel 2003) al cinema Anteo di Milano.
Nel frattempo passavo a un computer più potente e a una nuova digitale, la Nikon D50, che però ho abbandonato in poco tempo optando per la Nikon D200. Una vera meraviglia, un salto di qualità nel mondo digitale. Con lei ho iniziato a usare il formato Raw e ho fatto molta strada, inaugurando due mostre per me molto importanti: una su Berlino (2007) e una su New York (2008). In tempi più recenti (fine 2008) sono passata alla Nikon D300, leggera, veloce, ottima compagna di avventure e di altre mostre fino ad oggi. Penso che non l’abbandonerò mai, neanche quando con buone probabilità passerò alla D700.
Ma in tutto questo breve racconto di tecniche, tecnologie e perfezionamenti, il mio obiettivo non è cambiato, è rimasto quello che perseguivo dagli anni Ottanta. Come allora continuo a cercare di amalgamare due scatti: un volto, uno scorcio di città, con un particolare di un muro. Le due immagini, lavorate insieme, hanno in comune la stessa località (esempio: Milano con Milano, Napoli con Napoli, Berlino con Berlino, ecc…).
Perché ho scelto questo tema o campo di ricerca nel mondo dell’immagine non lo so di preciso. Forse per le tante simbologie del muro (confine, protezione, appoggio, divisione), forse perché il muro è esterno ma anche interno a noi, forse perché è il “grande foglio bianco” su cui vorrebbero scrivere o disegnare i bambini, forse perché è un megafono visivo, una rete di messaggi d’amore, di proteste, di utopie, o forse perché vorrebbe essere superato per vedere che cosa c’è oltre. O forse, più semplicemente, perché sono cresciuta nell’era del Muro di Berlino, fino al suo crollo, e sulle note di The Wall dei Pink Floyd.
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