Esiste il mal d'Africa?

A cura di: Carlo Macinai

Persone, animali, paesaggi
di Carlo Macinai

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Il piccolo "Himba"

Ma chi me lo ha fatto fare di tornarci? Era già andata bene quando avevo trent'anni e, per motivi di lavoro, avevo vissuto due anni nel nord della Nigeria dove la luce elettrica, l'acqua corrente, il telefono non erano che… bei ricordi.
Ora a 55 anni inoltrati stavo per ritornarvi e, per di più, in vacanza.
Mentre il 747 della South African ronzava piano, cercavo nella mia mente i motivi che ci avevano spinto (anche mia moglie era, come 25 anni fa, della partita africana) a scegliere l'Africa australe come meta del nostro viaggio: il mal d'Africa. In Nigeria avevamo rischiato tutte le malattie tropicali ma proprio il mal d'Africa no: non l'avrebbe contratto neanche il più ipocondriaco dei viaggiatori.

Continuavano ad affollarsi nella mente racconti di colleghi che avevano vissuto nella vera Africa nera o che vi avevano solamente viaggiato da… all inclusive. La prospettiva di passare tre settimane dall'altra parte del mondo, "smazzarmi" 6.000 Km in macchina, dormire in tenda e pure al freddo, visto che è inverno e ci spingeremo fino all'estremo sud, mi innervosiva.

Almeno sarei tornato con delle belle foto! Mentalmente ricapitolavo l'attrezzatura che, con qualche difficoltà, avevo incastrato nella bagagliera sopra la mia testa: D70, 18-70, 80-200 (monoghiera per i pignoli!) e Sigma 500. Ogni "pezzo" inserito in una busta stagna, ogni busta inserita a sua volta in un imballo autocostruito saldando un foglio di plastica "con le bolle" con la colla a caldo…. riguardo la vescica sul dito indice e maledico la colla a caldo. Comunque sono soddisfatto, quello che potevo fare per proteggere l'attrezzatura l'ho fatto. Nel bagaglio ho pennello di martora, alcool isopropilico e il più gigante dei clisteri in commercio comprato poche ore prima della partenza con un certo imbarazzo… quanti anni ha il paziente? Mi aveva domandato la dottoressa in farmacia… come potevo dirle che avevo la D70 da due settimane e che "il presidio sanitario" era per lei?



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Namib dall'aereo nei pressi di Swakopmund

Ormai è andata! Dopo un rapido cambio di aereo a Joannesburg atterriamo a Windhoek: siamo in Namibia!
L'aeroporto è piccolo ma moderno ed efficiente, i nostri bagagli ci sono tutti, perfino il sacco pesantissimo con le tende è arrivato senza danni.
Si affollano nella mente i ricordi degli arrivi in Nigeria: L'aeroporto di lamiera ondulata, la confusione, le attese snervanti, il controllo dei bagagli nella confusione degli effetti personali degli altri che si mischiano ai tuoi…. qui è tutto così diverso.
Prendiamo possesso dei nostri fuoristrada Nissan nuovi di fabbrica: il nostro contachilometri segna 65. Primi attimi di panico nel familiarizzarci nella guida a destra. Decidiamo di fare esercizio e continuiamo a girare nel parcheggio dell'aeroporto provando parcheggi, retromarce, inversioni… mentre una folla di persone si sbraccia per indicarci l'uscita! La forza delle abitudini: ancora dopo una settimana azionavo il tergicristallo ogni volta che avrei dovuto segnalare una svolta!

Il viaggio ha comportato in pratica il periplo della Namibia dalla capitale verso Nord (parco Etosha) poi costeggiando il fiume Kunene ai confini con l'Angola, la zona degli Himba fino a scendere al mare (Skeleton Cost) poi la discesa sud sulla costa quasi ai confini col Sud Africa e l'ingresso nel deserto del Namib per quanto è consentito percorrere, poi la risalita nella Capitale. In tutto poco più di 6.000 Km di cui circa 500 su asfalto ed il resto su piste.
A viaggio finito posso confermare che il "mal d'Africa" esiste ed è… molto contagioso tanto che stiamo pensando ad un altro viaggio nell'Africa centrale.

Veniamo ai temi fotografici. A me piace essenzialmente fotografare persone e la Namibia è sicuramente una meta sbagliata visto che ha il record di una delle più basse densità di popolazione per Km2... 2 abitanti! Però, al Nord, a cercarli ci sono gli Himba che, malgrado la generale modernità del Paese, vivono la loro vita di pastori nomadi senza subire la minima attrazione dalla civiltà, il loro incontro è una delle emozioni più autentiche dell'intero viaggio.

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Ragazza Himba con i tipici capelli acconciati in treccine… di fango e l'ocra spalmata sul corpo

Sono solo circa 3000 e ancora pascolano le loro mandrie percorrendo l'arido territorio semidesertico che il fiume Kunene separa dall'Angola.

Splendide in questa zona le cascate Epupa che, esageratamente, sono spacciate fra le più belle del mondo.

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Epupa Falls dalla "riva" namibiana l'altra riva è già Angola

Animali: Etosha ne è una vera miniera. Grande come il Piemonte anche nei momenti di grande affollamento garantisce sensazioni di vera "scoperta" e non è difficile essere i soli "in caccia fotografica" sull'intero orizzonte.

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Gruppo di elefanti a Etosha

Altra bellissima avventura umana e fotografica con gli animali è il "giro" in barca della baia di Walvis Bay: foche, delfini, cormorani, pellicani tutto a pochi metri e con la massima comodità : ostriche e champagne … per pranzo!
Per chi ama le foche a Cape Cross ne vive una colonia di oltre 50.000 capi anche qui si fotografa a pochi metri: separati da un muretto alto pochi centimetri da un girone dantesco dove cuccioli perdono la madre, madri perdono i cuccioli, maschi litigano per la supremazia e sciacalli girano per scegliere la cena, il tutto in mezzo a centinaia di gabbiani.
Il "profumo" persistente che si percepisce a miglia di distanza impone che la visita sia fatta immediatamente a ridosso di... una bella doccia!

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"Pruriti"

Venendo ai paesaggi l'appassionato di questo tema sarà in Paradiso: il deserto del Namib, la Skeleton Coast, le montagne dello Spitzkoppe sacre ai boscimani, i graffiti rupestri di Twyfelfontein, la città mineraria "fantasma" di Kolmanskop e le architetture bavaresi di Luderitz, praticamente un fiordo norvegese con le palme.
Ogni luogo così differente dall'altro e sempre unico.

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Namib – Alba a Soussousvlei

Guidare è splendido, si guida per ore senza incrociare nessuno.
La polvere che viene sollevata si posa molto, troppo lentamente; quando si incrocia un veicolo si guida nella polvere per chilometri! E' una buona idea, se si hanno attrezzature "delicate", essere sempre i… primi della colonna!

Inutile dire che l'attrezzatura fotografica ha sempre fatto il suo dovere, che le precauzioni tanto studiate prima di partire sono state abbandonate per garantire immediatezza di uso: D70 sempre in giro per l'auto in mezzo alle polveri più fini! Cambi di ottica in mezzo a tempeste di vento e sabbia e ricovero notturno in una borsa che conteneva più silicio in granelli che… in lenti!
Malgrado questo trattamento ai limiti dell'incoscienza il sensore è tornato a casa con pochissimi bruscoli prontamente rimossi col mitico clistere… che non era mai uscito dal suo contenitore!
Foto scattate circa 3.100, uso prevalente dello zoom 80-200 e, in seconda battuta dell'ottimo 18-70, praticamente inusato il 500.

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Namibia – Heat dust & dream è il titolo di uno dei più famosi libri fotografici sul Paese
 

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