Una procedura semplice ma efficace per ottenere
stampe di alta qualità
 

Premessa
Quando si dispone di una immagine digitalizzata si deve ricordare che essa può essere "migliorata" con interventi di fotoritocco.
Con il termine di foto digitalizzata si intende sia quella scattata con una macchina digitale sia quella ripresa da una fotocamera tradizionale (fotogramma negativo o diapositiva), poi trasformata in digitale tramite uno scanner.
La fotografia, portata sul monitor del computer, potrà essere "lavorata" e corretta a piacimento intervenendo con i programmi di fotoritocco disponibili.
Prima di intervenire con questi software si consiglia sempre di duplicare l'immagine da elaborare per conservare sempre un file originale in modo da avere sempre a disposizione la "base di partenza" (anche per verificare se le correzioni apportate sono adeguate).
E' indispensabile anche, prima del loro utilizzo, aver calibrato correttamente il monitor del proprio computer per avere una corrispondenza dei colori il più fedele possibile, anche se non sarà mai perfettamente identico il risultato di stampa, per ovvie ragioni.

La risoluzione
Nella fotografia digitale l'immagine è costituita da un insieme di pixel, anziché essere impressionata su una pellicola come avveniva nella fotografia tradizionale.
Il pixel è l'unità minima gestibile dal computer sul monitor e ciò equivale, grosso modo, a quello che la grana è per la pellicola chimica.
A seconda del numero di pixel che il monitor o il CCD della fotocamera digitale
possono gestire, la qualità dell'immagine risultante varia in modo proporzionale: questo vuole dire che, se nello stesso spazio (il monitor o il CCD) trovano posto più pixel, la loro dimensione sarà minore, rendendoli quindi meno visibili ad occhio nudo.
Il termine risoluzione indica appunto il numero di punti che il nostro monitor o la nostra fotocamera, riescono a gestire.
Lo stesso vale per scanner e stampanti, con la sola differenza che questi strumenti lavorano riferendo il numero di punti ad un'unità di spazio, in genere il pollice anglosassone: dpi (dots per inch) e ppi (points/pixels per inch) sono le misure della risoluzione di stampanti e scanner più utilizzate.
Avendo la possibilità di scegliere la risoluzione con cui fotografare o acquisire le immagini, è meglio optare per quella più elevata, onde evitare di dover inserire punti non reali al fine di incrementare le dimensioni di file immagine troppo piccoli.

L'interpolazione
Se scattiamo una fotografia con una fotocamera digitale, ma anche se scansioniamo un originale chimico, avremo la possibilità di stampare tale fotografia alla risoluzione di stampa (dpi) preferita, ottenendo dalla stampante un'immagine di grandezza proporzionale alle sue dimensioni in pixel ed alla risoluzione di stampa scelta.
Supponiamo di avere un'immagine di 1000x1500 pixel; stampandola ad una risoluzione di 300dpi avremo una dimensione in stampa di 3,4x5 pollici, equivalenti a 8,4x12,7cm.
E se volessimo stampare la stessa immagine, nelle medesime dimensioni finali e con una risoluzione maggiore (il problema è identico se volessimo mantenere invariata la risoluzione ed aumentare le dimensioni di stampa)?
Per fare questo dobbiamo far stare in un pollice più punti. Non potendo rifare la fotografia (o rifare la scansione) dobbiamo aggiungere dei punti a completare gli spazi vuoti dell'immagine di risoluzione maggiore. Il problema è che questi punti non sono presenti nella scena reale, ma vengono ricostruiti dall'elaboratore tramite un processo di 'interpolazione' dei pixel.
Esso in pratica prende due pixel vicini e ne inserisce uno nel mezzo, un pixel "fantasma", facendo in modo che il nuovo pixel assuma un colore intermedio, o comunque coerente con i due vicini.
Tuttavia l'interpolazione non aggiunge nuova informazione all'insieme di punti, ma crea solamente una specie di sfumatura tra pixel prossimi. Per questo motivo c'è una fondamentale differenza tra risoluzione effettiva e interpolata e quando si acquista un dispositivo di acquisizione, sia esso una fotocamera o uno scanner, occorre controllare la risoluzione effettiva.
Tornando all'esempio di prima, la presenza di pixel 'fantasma' non si verifica, al contrario, nel passaggio a risoluzioni inferiori, o a dimensioni di stampa più piccole.
Questo avviene poiché, dovendo in tale caso ridurre il numero di punti dell'immagine, tutti i pixel risultanti dalla riduzione di dimensioni saranno ancora pixel che erano presenti nell'immagine originale, in numero minore, ma comunque originali.
In conclusione è sempre meglio disporre di un numero di punti maggiore fin dal principio per poi ridurli in caso di eccesso, che non trovarsi a doverne inventare di nuovi per mancanza di informazione. Pertanto la risoluzione migliore a cui effettuare le nostre riprese con una fotocamera, soprattutto se non abbiamo ancora deciso l'utilizzo delle nostre immagini, è senza dubbio quella denominata, non a caso, Best oppure Better o High Quality, Migliore, ExtraFine, etc.
Peccato però che la memoria di una fotocamera non è illimitata e, oltretutto, costa cara: il fotografo digitale dovrà quindi scegliere il compromesso più adatto per le sue esigenze.

La stampa
La parte più emozionante della fotografia digitale è senza dubbio la stampa, in quanto si materializza su carta, davanti ai nostri occhi, la foto scattata, permettendoci di farla vedere ad amici, parenti, regalarla, venderla o anche solo per vedere il suo aspetto rispetto a come si presenta attraverso ad un monitor.
Per chi non dispone di un computer ed una buona stampante a getto d'inchiostro, o altri sistemi di stampa, è chiaro che si dovrà rivolgere ai laboratori specializzati con il supporto di memoria (Compact Flash Card o altri sistemi) e chiedere la stampa delle foto nel formato desiderato.
Per chi invece dispone di attrezzature hardware (computer e periferiche) e software (programmi di fotoritocco) il bello della fotografia digitale inizia solo dopo aver scaricato le immagini dentro al proprio supporto informatico.
E' importante tenere presente che la risoluzione dell'immagine e la risoluzione della stampante sono due cose ben diverse tra loro.
La risoluzione di un'immagine digitale (numero di pixel di cui è composta) è un parametro importante, da non sottovalutare, ma la risoluzione della stampa (stampante o laboratorio che sia) è quella che fa la differenza.
Mi spiego meglio... Se si prova a stampare un file da 6 milioni di pixel su una stampante da 720 dpi si ottiene la stessa bassa qualità di un file da 2 milioni di pixel, perché più di tanto quella stampante non potrà dare.
Le attrezzature di stampa dei laboratori, ovviamente attrezzati per il digitale, hanno una risoluzione talmente elevata da consentire un'ottima stampa persino con immagini che, per quella dimensione, hanno solo più 72 dpi di risoluzione, e senza far percepire i pixel di cui è composta.
Benché da un file 2048x1536 JPG (3 milioni di pixel) si possano ottenere delle stampe sino al formato di cm. 50x70, quando si ha l'intenzione di stampare in questi grandi formati, le buona regola è di scattare in TIFF (o RAW per quelli che possono) per essere sicuri di non perdere informazioni dovute alla compressione JPG che, seppur minime, compromettono comunque la qualità.
E poi è doveroso aprire una parentesi sullo spazio colore...
Lo "spazio colore" di un'immagine digitale, è la gamma dei colori che si vuole apprezzare in stampa (a monitor le differenze non si possono percepire correttamente), e pertanto è uno dei parametri importanti per ottenere un buon risultato.
Di solito, le compatte digitali adottano sRGB come spazio colore di acquisizione, e quelle più sofisticate permettono persino la possibilità di scelta nelle impostazioni da assegnare prima dello scatto.
Con appositi programmi di foto ritocco è possibile convertire lo spazio colore in altre tipologie, se si vogliono ottenere determinati cromatismi in stampa.
Per esempio, lo spazio colore denominato "Adobe RGB 1998" è il più indicato per l'incarnato, mentre RGB o sRGB è più adatto alla rappresentazione di colori forti di soggetti molto colorati. Senza dimenticare che, la scelta dello spazio colore da adottare per la stampa, è sempre soggettivo.
Ho sempre sostenuto che la fotografia digitale, per certi aspetti, è molto più complicata, e di difficile comprensione rispetto alla pellicola. Mentre con la pellicola a colori (per quella in b/n è ancora diverso), dopo lo scatto si portava tutto in laboratorio e finiva li, sperando che la persona addetta alla stampa ci mettesse del suo, con la fotografia digitale invece lo scatto è solo l'inizio di un processo che non ha mai fine, proprio per le infinite "variabili" che si possono assegnare all'immagine acquisita prima di procedere con la stampa.
Pertanto i risultati sono in funzione della nostra abilità ad apportare le regolazioni che riteniamo opportune, perché non dobbiamo illuderci che il file portato in laboratorio così com'è, venga corretto (a nostro piacimento) da chi stampa. E' anche importante segnalare al laboratorio lo spazio colore adottato.
E con la stampa domestica... tutto si complica, dal momento che entra in gioco anche la carta utilizzata, la risoluzione, i parametri assegnati nei software di fotoritocco, nonché saper calibrare correttamente il proprio monitor.

Le correzioni
Dopo aver calibrato correttamente il monitor (senza questa regolazione non si può ottenere una corrispondenza adeguata dei colori), per realizzare una buona stampa con Photoshop, sono indispensabili certe impostazioni, relative allo SPAZIO COLORE di lavoro, per ottenere la massima fedeltà dei colori anche in stampa, senza dimenticare che il risultato è anche vincolato al tipo di carta utilizzata.
Ogni carta fotografica ha le sue caratteristiche di luminosità, opacità, e resa cromatica (riproduzione colori), pertanto ci si deve limitare ad usare (dopo tante prove) quella che si preferisce come risultato finale, trovando l'automatismo giusto tra quello che si vede attraverso il monitor a quello che risulta in stampa.
Va detto comunque che, le regolazioni devono sempre essere fatte per gradi, e con qualche prova di stampa, per capire meglio il dosaggio di esse sul file che vogliamo stampare.
Inoltre, le correzioni, non devono mai essere eccessive al fine di non alterare vistosamente i colori ed i contrasti, salvo volerlo fare per qualche effetto desiderato.
Il raggiungimento di un risultato ottimale, proprio a causa delle infinite variabili (file originale, correzioni, carta utilizzata, tipo di stampante, ecc.) richiederà comunque un elevato impegno a capire bene il legame tra il monitor ed il risultato della stampa, perché la corrispondenza esatta non potrà mai esserci a causa del differente supporto e resa dei colori. Qualsiasi monitor, sebbene a milioni di colori, non sarà mai in grado di riprodurre tutte le tonalità di cui è composta l'immagine, che abbiamo scattato con una macchina fotografica digitale, o acquisita con uno scanner, rispetto a quello che risulterà in stampa.
Quello che segue è un esempio di procedura efficace per ottenere delle buone stampe "fatte in casa", con le regolazioni (che restano sempre soggettive) basilari per ottenere un risultato che rispecchi le proprie aspettative. Le immagini rappresentano l'attrezzatura ed il software utilizzato (computer eMac con stampante Epson Stylus Photo 950) che, in linea di massima, è riconducibile ad altri sistemi.

Esempio di procedura di correzione
Ogni spazio colore adottato è in grado di rappresentare una certa gamma di tonalità, per cui la scelta va anche fatta in base al soggetto che si vuole stampare.
Personalmente, passando a spiegarvi la mia procedura di stampa, lo spazio colore che preferisco è "Adobe RGB 1998" che consente una più ampia gamma di colore rispetto a tutti gli altri, e rende molto bene con l'incarnato (ritratti, persone, ecc...).
L'opzione "Togli saturazione a colori monitor" è vincolata al tipo di monitor impiegato. Pertanto è indispensabile eseguire alcune prove di stampa per capire se abilitarla oppure no.
Da questa immagine si può capire come impostare la relativa finestra alla quale si accede dal menù IMPOSTAZIONI COLORE.

Dopo aver impostato con i parametri indicati, apri l'immagine desiderata facendo attenzione di  specificare l'apertura con "CONVERTI I COLORI..." per fare in modo di disporre di quella gamma.
La maggior parte delle compatte digitali adotta lo spazio colore sRGB (per questo viene chiesta la conversione), ed alcune offrono persino la possibilità di scelta dello spazio colore già in fase di scatto.

Si passa quindi a preparare l'immagine per la stampa.

In questo esempio, essendo un fiore il soggetto principale, preferisco utilizzare lo spazio colore incorporato nello scatto originale.
1) Apro l'immagine scattata dalla Coolpix utilizzando il suo spazio colore sRGB;
2) Con il menù CURVE regolo, se necessario, la sovra o sotto esposizione spostando il grafico dal centro;
3) Confermo la correzione (si richiude la finestra di dialogo);
4) Riapro lo stesso controllo per regolare il contrasto spostando il grafico, come si può osservare nell'illustrazione che segue:

5) Confermo la correzione apportata. Se poi voglio ottenere ancora più nitidezza, applico una maschera di contrasto;
6) Menù FILTRO - CONTRASTA - MASCHERA DI CONTRASTO impostata con un fattore dal 50 al 100%, con un raggio che varia da 1,0 ad 1,5 pixel, e da 2 a 4 livelli:

7) A questo punto si deve dimensionare l'immagine per le nostre necessità di stampa, impostando i parametri nella relativa finestra di dialogo, assegnando le dimensioni di larghezza ed altezza (basta impostare un solo parametro di questi per ottenere automaticamente l'altro), avendo cura di disabilitare "RICAMPIONA IMMAGINE" per evitare l'adattamento per interpolazione:

Dopo queste impostazioni, si può procedere con la stampa, e nella relativa finestra di dialogo imposto la gestione colore (sRGB) per lo spazio di stampa da utilizzare (come sorgente), oltre a posizionare l'immagine nella posizione voluta sulla carta, previa impostazione del formato di pagina.

Occorre fare attenzione allo spazio colore del documento ed a quello della stampa, che deve essere lo stesso per mantenere corrette le impostazioni al driver della stampante.
Nella finestra che si aprirà successivamente (stampa) occorrerà solo più indicare il tipo di carta utilizzato per la stampa, e la quantità di copie da stampare della stessa immagine.
Con le precedenti versione di Photoshop ci sono lievi differenze nelle finestre di dialogo e non esiste l'anteprima di stampa, ma il concetto è lo stesso.

Conclusioni
Le procedure, le tecniche, ed i metodi di elaborazione di un'immagine per la stampa sono infiniti. Quella appena spiegata ritengo sia la base di lavoro per trovare la propria personalizzazione, sperimentando e confrontando i risultati ottenuti dalle varie prove.
Questo perchè alla base di partenza resta un immagine digitale che può essere acquisita nei più svariati modi (scanner, macchina fotografica digitale) e con parametri che ne condizioneranno il risultato.
Il metodo spiegato è efficace anche per stampe da far realizzare ad un laboratorio specializzato, con il quale si raggiungerà la massima qualità ottenibile.
Tutto questo, resta in ogni modo condizionato dalle attrezzature hardware disponibili, e soprattutto dal monitor utilizzato (unitamente alla sua più corretta calibrazione), oltre che dai propri gusti.
L'esperienza personale, farà il resto.

di Mauro Minetti

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